19 aprile 2024
Aggiornato 14:00
La frode mette a rischio l'Europa

Scandalo Volkswagen, ecco cosa rischia l'economia italiana

Sono diverse le ragioni per cui il caso Volkswagen può essere pericoloso anche per la nostra economia. Ecco perché non siamo immuni dallo scandalo della casa di Wolfsburg

ROMA – Lo scandalo Volkswagen avrà pesanti ripercussioni per l'economia tedesca, ma le conseguenze della frode potrebbero colpire duramente anche l'Europa e l'Italia in particolare. Perciò, prima di sghignazzare goliardicamente alle spalle della Germania, vale la pena riflettere sulle ripercussioni che il caso Vw potrà avere sul nostro portafoglio.

La Germania è scesa dall'Olimpo
Tra gli italiani e i tedeschi, inutile negarlo, non c'è grande simpatia. E con l'esplosione dello scandalo Volkswagen, che mette improvvisamente in ginocchio il numero uno europeo dell'auto e lo espone alla pubblica gogna, qualcuno ha certo riso sotto i baffi. Quando un dio dell'Olimpo scende tra i comuni mortali perché viene beffato dalla sorte fa sempre un certo effetto - tanto più se è responsabile delle sue sventure –, e in tal caso provare un senso di ilare soddisfazione è per la natura umana una reazione quasi fisiologica. Se il dio dell'Olimpo in questione, poi, è la Germania e la paladina del rigore e dell'efficienza è stata beccata a violare le leggi internazionali con una frode degna di Arsenio Lupin, ecco che oltre al sorriso ci scappa anche lo sberleffo. Tuttavia, lo scandalo che ha segnato per sempre l'immagine del marchio automobilistico più importante d'Europa rischia di causare ripercussioni negative in tutta l'economia continentale e colpire anche gli interessi dei nostri connazionali.

Le ripercussioni sulle borse europee
Sono diverse le ragioni per cui il caso Volkswagen può essere pericoloso anche per la nostra economia, ma partiamo dalla finanza: il titolo del gruppo, dopo un avvio negativo fino al -8%, questa mattina ha cercato di risollevare la testa impennandosi con un +4 %. Il rimbalzo odierno, però, è solo legato all'appetibilità raggiunta dai valori del titolo, perché negli ultimi due giorni la compagnia tedesca ha bruciato oltre 25 miliardi di euro di capitalizzazione di mercato e le sue azioni hanno perso oltre il 35%. Non si tratta perciò di un collasso temporaneo e rapidamente digeribile sulle borse internazionali, perché a essere in gioco è la posizione dominante sul mercato del gruppo Volkswagen (tra l'altro fortemente dipendente dalle vendite diesel) e gli azionisti sono comprensibilmente spaventati. Tra questi, naturalmente, ci sono molti investitori europei che hanno già perso parecchio denaro a seguito del tracollo del titolo azionario. Inoltre, l'effetto virale dell'accaduto ha già contagiato tutte le altre borse europee, che ieri hanno chiuso gli scambi in profondo rosso: il paniere continentale Stoxx 600 ha perso il 3,11% con Milano a -3,34%, Parigi a -3,44% e Francoforte a -3,66%.

Rischia l'intero settore automobilistico continentale
Le ripercussioni non si fermano evidentemente ai mercati finanziari: lo scandalo ha assestato un duro colpo a tutto il comparto auto. Basti pensare che a Piazza Affari le azioni di Fiat Chrysler Automobiles e della controllante Exor sono state sospese dalle contrattazioni per eccesso di ribasso. E non si tratta solo di titoli, parliamo anche di domanda aggregata continentale: solo pochi mesi fa l’Europa brindava alla crescita del mercato dell’auto, che ad agosto - un mese tradizionalmente debole – aveva messo a segno un balzo dell’11,5%, con quasi 782 mila immatricolazioni. Numeri che riportavano il settore delle quattro ruote verso i livelli del 2007, prima della crisi economica e che venivano interpretati come un segnale di ripresa, oltre a confermare il settore come volano importante per l'economia europea. Lo scandalo Volkswagen rischia di compromettere i risultati faticosamente raggiunti. Ma c'è anche dell'altro, e questa volta è l'Italia a essere direttamente interessata.

Gli effetti collaterali sull'economia italiana
La Volkswagen Aktiengesellschaft è un gruppo industriale tedesco che comprende ben altri dodici marchi da sette diversi paesi europei: tra i più famosi val la pena di citare Audi, SEAT, Skoda Auto, Bentley, Bugatti, Lamborghini, Porsche e Ducati. E qui sta il nodo dolente, per l'economia italiana, perché tra Audi e l'Italia esiste un consolidato «matrimonio d'amore» dopo che la prima ha inglobato Lamborghini, Italdesign e Ducati. Non siamo affatto immuni, perciò, dagli effetti collaterali dello scandalo. Solo sei mesi fa Rupert Stadler (il numero uno di Audi) aveva annunciato investimenti pari a 900 milioni di euro nei marchi italiani fino al 2018 (si ricordi che, solo nel 2014, Audi aveva speso in Italia per acquisti di componentistica e materiali circa 850 milioni di euro: una cifra che sale a 1,4 miliardi considerando l’intero gruppo Volkswagen). In tutto si tratta di ben 4 mila dipendenti ai quali si aggiungono oltre 3 mila persone impiegate nella rete di distribuzione: posti di lavoro a dir poco preziosi per i tempi di crisi che stiamo attraversando. Ecco, allora, che dovremmo fare attenzione a ridere delle disgrazie altrui, perché le economie nazionali, in Europa, sono molto più interdipendenti e connesse di quanto potremmo inizialmente immaginare e l'effetto domino è sempre dietro l'angolo. Dovrebbe ricordarselo anche Bernard Sapin, il ministro francese delle finanze che ha chiesto a gran voce l'apertura di un'inchiesta europea sulla casa di Wolfsburg. Sacrosanta, per carità. Ma siamo sicuri che la Reanult e il governo francese, che in questo momento stanno probabilmente facendo i salti di gioia, non abbiamo nulla da temere?