20 aprile 2024
Aggiornato 02:00
I colpevoli di ieri, oggi verranno assolti

Per il falso in bilancio non è "la volta buona"

Nella nuova formulazione del reato di falso in bilancio, sono stati eliminati tutti i riferimenti alle voci oggetto di valutazione. E questa scelta del legislatore rischia di creare non pochi problemi nella lotta alla corruzione...

ROMA – Doveva essere un giro di vite, e invece la nuova normativa sul falso in bilancio - contenuta nel ddl anticorruzione - non ci soddisfa pienamente. Secondo Tommaso di Tanno, Professore di Diritto Tributario presso l’Università di Siena, si doveva fare di più, e meglio. Ecco perché.

Cosa è stato fatto
Il primo risultato concreto della riforma consiste nell’aver eliminato le soglie. Prima, secondo il Codice Civile, il reato di falso in bilancio non era punibile se inferiore al 5% dell’esercizio e all’1% dell’utile netto: perciò, ai furbetti bastava rispettare queste soglie per non incorrere in nessun tipo di sanzione. Ora non è più così: le soglie non ci sono e i furbetti non le possono sfruttare a loro vantaggio. Inoltre, ora è previsto il carcere da uno a cinque anni «per gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, previste dalla legge, consapevolmente espongono fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società.»

Cosa NON è stato fatto
Tuttavia, nella nuova formulazione del reato di falso in bilancio, sono stati eliminati tutti i riferimenti alle voci oggetto di valutazione, che sono quelle che compongono un bilancio. E questa scelta del legislatore rischia di creare non pochi problemi nella lotta alla corruzione. Infatti, proprio in virtù del nuovo testo approvato, la Corte di Cassazione ha sentenziato di recente che se le alterazioni di un bilancio derivano da valutazioni errate, allora il documento – nonostante risulti «alterato» – non dà luogo né a reato né, quindi, a nessun tipo di sanzione. La versione precedente del testo legislativo, invece, indicava come reato la «falsa rappresentazione di fatti materiali» e conteneva la specifica «ancorché oggetto di valutazione»: questo inciso, ora rimosso, faceva la differenza. Il paradosso – assai triste– è che quanto prima era considerato reato oggi non lo è più.

Non è la volta buona
E, dato che al reo si applica la legge più favorevole, il colpevole di ieri oggi sarà assolto perché il «fatto» non viene più disciplinato come reato. A sottolinearlo è Tommaso di Tanno, professore di Diritto Tributario, nell’articolo che ha pubblicato ieri su lavoce.info: «se si eliminano i riferimenti alle voci oggetto di valutazione, il falso in bilancio finisce in soffitta». Per questa ragione, in molti credono che il patto del Nazareno non sia affatto morto e sepolto, ma che il ddl anticorruzione, in realtà, celi un accordo tra il premier e il Cavaliere, che avrebbe tratto non poco vantaggio dall’approvazione della nuova normativa (insieme a tanti altri, naturalmente). Senza spingerci così lontano, nei luoghi impervi e sconosciuti della teoria del complotto fine a se stessa, sembra però doveroso sottolineare che questa nuova normativa somiglia tanto a un bel gioco di prestigio. Speravamo in un giro di vite, e d’altronde come tale il ddl anticorruzione ci era stato propagandato dal governo Renzi, ma dubitiamo – purtroppo - che questa possa essere «la volta buona».