20 aprile 2024
Aggiornato 09:00
L'Italia ha il record delle cooperative: 30% di quelle esistenti nella Ue

In Europa coop sì, ma meno privilegi

I recenti scandali hanno messo le cooperative italiane sul banco degli imputati. Eppure, l'Italia detiene ben il 30% delle coop europee. In tutto, sono 300.000 le imprese cooperative nell'Ue, e impiegano 4,8 milioni di persone detenendo fette di mercato importanti. Le legislazioni sono varie, ma l'Italia è tra i Paesi che prevedono più facilitazioni, e non solo fiscali.

ROMA – I recenti scandali, da Mafia Capitale in avanti, hanno messo le cooperative sul banco degli imputati. Di certo, i fatti di cronaca hanno scoperchiato un sistema di malaffare diffuso, in cui gli obiettivi e le principali finalità mutualistiche sono state sacrificate in nome del business, e per di più condotto in modo illecito. Il sistema pare a tal punto compromesso da spingere a chiedersi se non sia necessaria una sua totale revisione. Ma come funzionano le cooperative negli altri Paesi europei? E quanto incidono sull’economia dell’Unione?

COOPERATIVE EUROPEE HANNO QUOTE DI MERCATO IMPORTANTISecondo il rapporto dell’Istituto Tagliacarne, nell'Ue esistono approssimativamente 300.000 imprese cooperative con 83,5 milioni di soci, che impiegano 4,8 milioni di addetti. Nel 1996, il 35% delle cooperative si collocava nel settore primario, il 20% nel settore secondario e il 45% nel settore terziario. L'importanza delle cooperative per l'occupazione varia dal 4,58% della Spagna e dal 4,48% della Finlandia, fino allo 0,57% della Grecia e allo 0,66% del Regno Unito. Non solo: la quota di mercato delle cooperative nell'attività economica è cresciuta durante il ventesimo secolo negli Stati membri dell'Unione. Nella maggior parte dei Paesi europei, le cooperative detengono quote sostanziali di mercato in settori importanti, specialmente primario e terziario. Per esempio, nel 1996 la quota di mercato delle cooperative nel settore agricolo era dell'83% in Olanda, del 79% in Finlandia e del 55% in Italia. Nel settore terziario, invece, le cooperative avevano raggiunto oltre il 50% del mercato del risparmio in Francia, il 35% in Finlandia, il 31% in Austria e il 21% in Germania.

NUOVE LEGISLAZIONI EUROPEE MENO RESTRITTIVE - Le cooperative sono espressamente riconosciute nell’Unione Europea come tipo di «società», ai sensi del Trattato di Roma (articolo 48). Negli ultimi vent’anni, nella maggior parte degli Stati membri sono state introdotte significative innovazioni nei regolamenti e nelle normative che disciplinano le cooperative, nel tentativo di ridurre le restrizioni vigenti. Queste riforme sono state ispirate, soprattutto, alla necessità di rendere possibile alle cooperative la partecipazione ai mercati finanziari. In particolare, gli interventi legislativi più recenti sono andati nella direzione di ridurre il numero minimo di contraenti, di concedere più di un voto a socio, di ridurre i vincoli sul commercio con i non soci, di consentire l’emissione di obbligazioni rappresentanti capitale di rischio o di debito, e addirittura di trasformare la cooperativa in società per azioni. Interventi, insomma, volti a ridurre le restrizioni e aumentare la possibilità di azione.

IN TUTTA EUROPA, VANTAGGI FISCALI E REQUISITI DA RISPETTARE - Del resto, in dieci Stati membri, tra cui l’Italia, le cooperative godono di alcuni vantaggi legislativi, soprattutto di carattere fiscale. Riguardo l'allocazione dei profitti dell'anno finanziario, la prassi cooperativa standard prevede la rimunerazione dei soci sulla base delle loro operazioni con la cooperativa. In ragione della natura di società di persone e non di capitali, le riserve non dovrebbero essere distribuite ai soci in caso di scioglimento. In molti casi viene adottato il principio della «distribuzione disinteressata», secondo il quale le riserve nette ed i conferimenti dovrebbero essere distribuiti, in caso di scioglimento, ad un'altra organizzazione con finalità simili. I Paesi in cui una specifica normativa disciplina l'accumulo delle riserve (e la distribuzione di riserve in liquidazione) sono generalmente quelli in cui le cooperative hanno uno status molto diverso da quello degli altri soggetti economici. Possiamo distinguere due tipi di legislazione in cui la creazione di riserve è obbligatoria: in Francia, Italia, Spagna, Portogallo, Finlandia e Svezia, il principio è enunciato in provvedimenti legislativi e regolamentari ed è applicato perciò piuttosto rigidamente; in Belgio, Germania, Olanda e Danimarca, la legge stabilisce se le riserve possono essere distribuite o meno, ma lascia agli articoli dello statuto, ai soci o ai loro rappresentanti, la disciplina della distribuzione delle riserve in caso di scioglimento o recesso di un socio. In otto Paesi, dove sono state adottate recentemente leggi sulle cooperative (Francia, Italia, Spagna, Belgio, Portogallo, Danimarca, Finlandia e Svezia), sono stati ammessi investimenti all'interno della cooperativa da parte di parti terze non soci. Più della metà degli Stati membri prevede la possibilità per le cooperative di convertirsi in società di lucro senza perdere, però, il loro status di società di persone. Inoltre, in alcuni Stati membri sussistono restrizioni per quanto concerne i settori economici nei quali le cooperative possono operare. D’altra parte, il raggiungimento di una posizione comune di legislazione tra gli Stati dell’Unione sulla bozza dello Statuto della Cooperativa Europea è stato reso particolarmente complicato dalla varietà delle regolamentazioni nazionali sulle cooperative, ma potrebbe assicurare una maggiore omogeneità e trasparenza in materia.

IL 30% DELLE COOPERATIVE UE È ITALIANO - Il 2012 è stato dichiarato dall’ONU l’Anno internazionale delle Cooperative, e ha riconosciuto che il modello cooperativo d’impresa è un fattore importante per lo sviluppo economico e sociale. Un modello che, però, almeno in Italia, è evidentemente soggetto anche a molte degenerazioni. Il che rischia di compromettere il ruolo importante che proprio il Belpaese detiene in proposito nello scenario europeo: è italiano, infatti, almeno 30% delle cooperative totali UE (dato 1996) e il 9,12% in termini di persone che vi operano. Una ricchezza per l’economia patria e comunitaria, insomma; ricchezza su cui, però, dopo i recenti fatti di cronaca, è calata un’ombra difficile da ignorare.