29 aprile 2024
Aggiornato 06:30
MotoGP

Il giornalista Saronni al Diario Motori: «Perché il rinnovo di Valentino Rossi è un rischio»

La tesi controcorrente che ha esposto in un articolo su Libero: «Il tempo non si può fermare. E Peter Pan è un personaggio meraviglioso, ma con dei limiti»

ROMAAndrea Saronni, giornalista di TgCom24, ci ha colpito il tuo articolo controcorrente su Libero, in cui mettevi in luce il potenziale rischio del rinnovo di Valentino Rossi: quello che tra tre anni i limiti fisici dell'età si inizino a far sentire e quindi subisca un calo di prestazioni, sul finire di una carriera così sfolgorante. Una prima risposta te l'ha data domenica con il podio...
Non avevo dubbi. Innanzitutto perché, puntualizzo, sono come tutti un grandissimo ammiratore di Valentino Rossi. Per me è, non solo è stato, uno dei più grandi campioni in assoluto nella storia dello sport italiano. Detto questo, la mia teoria, oltre che da un possibile calo del rendimento, che in effetti in questo primo GP non abbiamo visto, era ispirata da una logica: che, forte di un presente da protagonista, Vale chiuda ulteriormente gli occhi sul futuro. Il suo pensiero è: finché ci sono, mi batto e riesco ad essere competitivo, o quantomeno a evitare figuracce, e soprattutto a fare l'unica cosa che voglio fare nella vita, ovvero correre in moto, io lo faccio. Questo rischia di essere pericoloso per lui stesso, per il suo futuro di uomo: perché, ovviamente, è impossibile fermare il tempo. Quindi mi chiedevo se non fosse il caso di limitarsi a completare questo contratto, riuscendo ad essere sicuramente Valentino Rossi, come ha dimostrato in Qatar.

E poi ritirarsi al culmine della carriera?
E, soprattutto, affrontando la realtà, che per lui comunque può essere dorata. Può rimanere in sella a una moto, in altre categorie, oppure correre nelle quattro ruote, e occuparsi della Academy. Volendo, ha tanto da fare rimanendo comunque sotto i riflettori. Che non saranno più luminosi come prima, questo è scontato per un campione della sua grandezza, ma può comunque rimanere Valentino Rossi. Mi colpisce questo rinvio continuo dell'addio, del ritiro, dell'entrata in una fase nuova della vita. Non vorrei mai vederlo attorcigliato su se stesso come ho visto fare recentemente a Totti e oggi a Buffon. Sarebbe veramente un peccato perché ritengo Valentino, oltre che un fuoriclasse, un uomo di un'intelligenza straordinaria e di una finezza mentale non comune. Spero davvero che non commetta questo errore.

Hai parlato di Totti, che fra l'altro è molto amico di Valentino tanto da averlo omaggiato con il casco dell'ultimo GP del Mugello. Totti stesso, nel giorno del suo ritiro, ammise di aver paura di quello che lo avrebbe aspettato. E Valentino ha dato una risposta simile: «Non voglio ritirarmi e poi, un domani, avere il rammarico che avrei potuto continuare ancora per un po'». C'è anche questa componente psicologica?
Bravissimo. Valentino è stato molto onesto a dirlo, come lo fu Totti. Però per questi grandi campioni bisogna fare un salto di qualità. Loro sanno benissimo di essere dei fuoriclasse, speciali, di avere avuto in dono un talento e una classe superiore perfino agli altri campioni. È chiaro che anche un Valentino Rossi 45enne potrebbe tranquillamente valere un medio pilota 25enne e stare lì nel gruppo. Il punto è sapere che loro non sono dei piloti o dei calciatori, ma sono dei numeri uno. Faccio l'esempio di un altro totem del calcio come Dino Zoff: lui, che si ritirò comunque tardi, a 41 anni, smise dicendo «Io so di poter essere ancora un buon portiere, ma a me che sono stato il migliore questo non basta». Questo, secondo me, è il paradigma di ragionamento perfetto per chi è fuoriclasse. Valentino lotta ancora per il Mondiale, e mi auguro che lo faccia anche quest'anno. Ma se poi nel 2019 dovessimo vederlo semplicemente nel gruppone per strappare un piazzamento ogni tanto, come fece un altro numero uno come Schumacher al suo ritorno, non sporcherebbe il mito, ma di certo metterebbe malinconia. Non vorrei mai vederlo.

Schumacher è uno degli esempi che Valentino ha citato, insieme a Troy Bayliss che è appena rientrato nel campionato australiano. Quello che hanno in comune è non riuscire a immaginare una loro vita dopo.
Esatto. Nell'articolo che ho scritto ho citato il libro «Grazie Valentino», del grande Giorgio Terruzzi, scritto dopo il Mondiale di tre anni fa scippato a Valentino, che meriterebbe ad honorem il decimo titolo della carriera. Terruzzi, conoscendo bene i piloti, ricorda che chi ha vissuto, tra l'altro vincendo, per tanti anni a 300 all'ora, ha un'ulteriore difficoltà a passare non dico a zero, ma anche solo a 100. Ed è vero che invecchiano il corpo e i riflessi, ma non la testa: per questo per loro è difficile ammettere che questa non è solo una questione di professione, di soldi, di riflettori, ma anche di metabolismo. Ma secondo me una persona dell'intelligenza di Rossi deve trovare la formula magica per sposare la sua voglia con la realtà. Peter Pan è un personaggio meraviglioso, ma entro certi limiti.

L'hai citata: questa ossessione del decimo titolo, secondo te, quanto incide?
Tanto. Sicuramente Valentino, essendo un numero uno, vorrebbe chiudere in maniera degna. E, francamente, non posso pensare ad un altro modo che non sia arrivare alla doppia cifra nei titoli mondiali. Credo che questa non sia stata la molla principale, ma comunque abbia contato in questo rinnovo. Ovviamente è sempre più difficile, con ogni anno che passa, non solo per la sua carta d'identità, ma anche perché è un momento storico in cui la Yamaha sembra ancora la terza forza nel duello tra le case, dietro a Ducati e Honda. Anche il fatto di non essere sulla moto vincente, quindi, potrebbe allontanarlo da questo obiettivo. Che, ripeto, secondo me sarebbe giusto: in quel famoso Mondiale degli spagnoli subì un danno grosso e per lui vincere il decimo prendendosi la rivincita su quei due, ancora presenti entrambi in pista, sarebbe il top del top. Io personalmente faccio un grande tifo, ma resta un obiettivo difficile.