26 aprile 2024
Aggiornato 07:30
Calcio | Milan

Crisi Milan: tutte le colpe della triade rossonera

La squadra continua a perdere colpi e anche dal punto di vista societario emergono crepe che attestano un momento di confusione generale a dir poco preoccupante. Servirebbe un uomo forte in grado di rimettere ordine tra via Aldo Rossi e Milanello. Ma una figura del genere al Milan ancora non c’è.

Fassone, Mirabelli e Montella, tutti colpevoli
Fassone, Mirabelli e Montella, tutti colpevoli Foto: ANSA

MILANO - Le qualità di un manager, però, in qualsiasi campo ci si muova, si vedono nella gestione dei momenti di crisi. E da questo punto di vista il neo ad e il direttore dell’area tecnica di casa Milan stanno lasciando alquanto a desiderare. È toccato inizialmente a Marco Fassone, con quell’uscita poco felice al termine di Sampdoria-Milan, che ha di fatto inchiodato pubblicamente Montella alle proprie responsabilità, con il doppio effetto nefasto di delegittimarlo davanti agli occhi dei calciatori e concedere a questi ultimi un alibi di non colpevolezza che adesso i rossoneri, chissà quanto inconsciamente, stanno utilizzando per sfoderare prestazioni inguardabili.

Scontro frontale
Ieri sera invece è toccato a Massimiliano Mirabelli, alla vigilia di Milan-Aek Atene, con quel messaggio di avviso tutt’altro che subliminale che ha gelato l’ambiente: una lettera degli otto giorni da strappare solo in caso di duplice vittoria nei prossimi due impegni in campionato contro Genoa e Chievo in trasferta, e poi appunto sabato prossimo nel big match contro i campioni d’Italia della Juventus. Altro esempio di cosa non dovrebbe fare un dirigente esperto di una squadra di calcio, soprattutto alla vigilia di un match delicato che avrebbe potuto consegnare ai rossoneri la qualificazione anticipata al turno successivo di Europa League.

I fischi dei tifosi
Il risultato è che l’ennesima prestazione sconfortante dei ragazzi di Montella, usciti alla fine tra i fischi di un San Siro tornato ad essere desolatamente vuoto (ieri contro i greci appena 17.000 tifosi milanisti paganti a fronte degli oltre 65.000 della prima uscita stagionale contro il Craiova), ha certificato uno stato di crisi che sembra di difficile risoluzione. Il Milan è apparso ancora una volta imprigionato nelle proprie paure e nelle proprie insicurezze tattiche ancor prima che tecniche. Innegabile che, a parte le esternazioni discutibili della dirigenza, molto sia da imputare alle cervellotiche decisioni di Vincenzo Montella, ostinato nel voler cambiare modulo e passare alla difesa a 3, salvo poi cercare tutti i vari aggiustamenti del caso.

Tutti fuori ruolo
Pensate ad esempio al lavoro che hanno dovuto svolgere contro l’Aek Atene i vari Calabria e Rodriguez, sulla carta due terzini, impiegati invece rispettivamente uno come esterno alto, l’altro come centrale di difesa, salvo poi scalare in situazioni di possesso palla agli avversari e ricomporre la tanto agognata difesa a 4. Senza dimenticare la scelta autolesionistica di mettere insieme in campo i tre uomini di fantasia del Milan, Suso, Bonaventura e Calhanoglu, ma tutti fuori ruolo, con lo spagnolo sempre più spaesato, mentre Jack e il turco si pestavano i piedi intasando pure le linee di penetrazione di Rodriguez che ogni tanto provava a salire.

Mosca cieca
La sensazione sempre più evidente è che Montella stia giocando a mosca cieca, proceda bendato e a tentoni alla ricerca di una soluzione che naturalmente non si trova. Il risultato è che le esibizioni del Milan sono diventate uno sconcertante concentrato di lanci lunghi più o meno a casaccio, possesso palla lento e inutile alla ricerca di un’illuminazione che non arriva, e la consapevolezza che questi ragazzi scendano in campo senza uno straccio di spartito o di idea di gioco. 

La soluzione
Difficile trovare soluzioni accettabili in questo contesto: la più auspicabile e che Montella torni al modulo più caro ai rossoneri, quel 4-3-3 con cui a inizio stagione (e l’anno scorso) sono arrivati i risultati più incoraggianti. Ma potrebbe non bastare visto il livello di scoramento che, per ammissione dello stesso allenatore rossonero, ormai ha contagiato tutti a Milanello. Non resta che sperare in un miracolo: un po’ pochino per una società che in estate ha investito 230 milioni per costruire una squadra di vertice e che adesso si trova a fare i conti con i primi inquietanti segnali della crisi.