29 marzo 2024
Aggiornato 12:30
Formula 1 | Intervista esclusiva per il Diario Motori

I campioni secondo Mazzola: «Vettel impulsivo, Schumacher pilota di uomini, Rossi si diverte»

Ai nostri microfoni lo storico responsabile della squadra test Ferrari nell'era Schumi, che nel suo ultimo libro «Avanti tutta» spiega come si tirano fuori le prestazioni dalle macchine e dalle persone: «Questi atleti, quando sono in macchina, capiscono davvero cos'è la felicità, l'essenza umana»

ROMALuigi Mazzola, il tuo libro «Avanti tutta» racchiude le tue due anime. Tu smonti il pregiudizio dell'ingegnere freddo e calcolatore: dopo aver lavorato per estrarre le prestazioni dalle monoposto, ora fai lo stesso con la macchina cervello.
Come ingegnere non ero così male, fin quando l'azienda mi ha dato in mano la gestione delle persone: lì ho iniziato a studiare come tirare fuori il massimo da me stesso e dagli altri. Avevo come esempi Ross (Brawn, all'epoca direttore tecnico Ferrari, ndr), il leader più bravo che abbia mai conosciuto. E personaggi particolari come i piloti: da Michael Schumacher ad Alain Prost, ma anche Valentino Rossi stesso. Loro hanno un'attitudine verso la performance e la relazione.

Un'attitudine che, per Michael Schumacher, ma più recentemente anche per Max Biaggi o Carl Fogarty, si è trasformata in una condanna: dopo una carriera ai loro livelli, poi sono incappati in incidenti apparentemente banali.
Loro hanno capito cos'è la felicità, l'essenza umana. Hanno capito quanto vivere il presente possa dare loro benessere. Un pilota in macchina rischia la vita, ma si diverte: non è un essere umano conscio, ma vive in un'altra dimensione, in cui non c'è ansia, giudizio, senso di colpa, ma solo gioia. Gli ingegneri di macchina lo sanno: questi personaggi, quando sono alla guida, non parlano né reagiscono alla stessa maniera di quando è fuori.

C'è chi, poi, reagisce in maniera eccessiva, come accaduto recentemente a Sebastian Vettel. È un limite non saper gestire la pressione con lucidità?
Quella è stata impulsività. Gestire l'emozione non vuol dire controllarla o reprimerla, ma utilizzarla. Lui non è riuscito a convertire quella rabbia, che è un'energia gratis che il tuo rivale ti dà con il suo comportamento, che lui ha ritenuto scorretto. Anche Michael era impulsivo in pista, ma poi è cresciuto ed ha imparato a sfruttare l'energia, la rabbia.

Uno che sembra nutrirsi di questo agonismo è Valentino Rossi: è questo il segreto della sua longevità sportiva?
Penso proprio di sì. In lui ho notato la capacità di divertirsi, di vedere il suo lavoro importante anche come un gioco. Si notava dal suo atteggiamento, in macchina e fuori. Il divertimento associato a una passione porta ad essere longevi. Ma si scontra con un'altra caratteristica: da giovani si è incoscienti, cioè si è capaci di uscire dalla coscienza per entrare nel presente. Più si invecchia, meno ci si riesce, perché si usa sempre più il pensiero che ti ostacola nella prestazione. Questa è la situazione di Valentino, come fu nel caso di Michael quando tornò a correre.

Questa passione la vedi anche nei piloti di F1 di oggi che sembrano dei robot?
Questa è la più grossa differenza tra i piloti di oggi e di ieri, dalla fine degli anni '80 agli anni '90. Loro avevano fame, voglia, desiderio. Ne avevano fatto una ragione di vita. Oggi vedi un Rosberg che si ritira dopo aver vinto il Mondiale: perfetto, se non hai più il valore della sfida, del metterti in gioco, perché hai visto la difficoltà e il sacrificio. Ma non potevamo immaginarci Senna o Schumacher fare qualcosa del genere. Chi assomiglia ai piloti di una volta? Alonso, che è un mastino, o Verstappen, che mi piace molto.

Piace molto anche a Marchionne...
È alla luce del sole: il ragazzo non è male...

E il pilota più grande che tu abbia mai conosciuto?
Ci sono diversi aspetti da mettere sul piatto. Io cominciai a fare l'ingegnere di pista nel 1990 con Prost: ero inesperto, ma lui si dimostrò una persona squisita, capendo le mie difficoltà e sfidandomi a dare il 100% come faceva lui, e questo mi fece crescere. Per me rimane un pilota che sapeva il fatto suo, sapeva come mettere a posto la macchina e raramente sbagliava un assetto. Con Senna mi piaceva dialogare e avrei adorato lavorare con lui: rimane uno dei migliori. Con Michael ho vissuto dieci anni meravigliosi, dal primo all'ultimo test, e lui era veramente un grande. Tutti se lo ricordano come una persona distaccata, teutonica: in realtà la sua più grande qualità era la capacità di guida delle persone attraverso l'emozione. Tutti questi campioni sanno guidare la macchina, ma lui faceva la differenza perché sapeva guidare anche gli uomini verso un risultato. Non a caso Ross lo volle in Mercedes, anche se era fermo da tre anni.

E infatti poi la Mercedes è diventata quella che è diventata.
Infatti...