Scorretto o no, Valentino Rossi ha agito da campione
Sull'incidente nel Gran Premio di Malesia i due protagonisti continuano a dare versioni completamente contrastanti. Per Marquez «lui ha tirato fuori la gamba e mi ha dato un calcio», per il Dottore «è lui che mi ha colpito con il manubrio». Chi ha ragione?
SEPANG – Dalla cronaca sportiva si è passati direttamente a quella giudiziaria. E, come in ogni grande delitto che si rispetti, il pubblico si divide tra colpevolisti e innocentisti. Tra chi è contro Valentino Rossi e sostiene che quella manovra per far cadere Marc Marquez abbia superato ogni limite, regolamentare ed etico, e chi invece lo difende.
Ricostruzioni discordanti
Le versioni dei due diretti interessati, anche a qualche ora di distanza, restano infatti inconciliabili. Per il Dottore non c'è stato nessun calcetto: «Ci siamo toccati, sì, ma è stato lui a colpirmi con il manubrio alla coscia sinistra, quando aveva iniziato a scivolare, facendomi perdere l'appoggio del piede sulla pedana – racconta – Io non volevo farlo cadere, altrimenti lo avrei colpito 40 metri prima, quando eravamo attaccati. Volevo solo rallentarlo, portarlo fuori traiettoria, e poi scappare: questo perché mi aveva portato allo sfinimento». Il campione del mondo uscente, invece, non si smuove di un millimetro dalla sua accusa: «Dalla tv si vede facilmente che io mi butto all'interno, sento la Yamaha che sta arrivando, chiudo un po' l'acceleratore – sostiene lo spagnolo – Lui arriva completamente dritto e mi guarda due volte. Non sapevo cosa fare, quindi sono rimasto lì. Non mi aspettavo certo che tirasse fuori la gamba e colpisse il mio manubrio e il mio freno anteriore. A quel punto ho perso la ruota davanti e quando ero già a terra ho visto che lui si guardava di nuovo indietro. Per me non conta se ti chiami Valentino, quando provochi questo tipo di incidenti sei fuori controllo. E non dite che l'ho provocato: io lo stavo disturbando così come lui disturbava me, perché non trovavamo il passo migliore».
La decisione dei commissari
Chi ha ragione? Questione di dettagli, di sfumature, di fotogrammi delle riprese. Le immagini dall'elicottero mostrerebbero in effetti che Marquez tocca Rossi quando inizia a piegarsi, e proprio in quel momento perde il controllo della moto. Anche la direzione gara, nelle motivazioni della sua sentenza, non parla di calcetti, ma solo della mossa deliberata di Valentino «per portare l'avversario fuori traiettoria», in risposta ai tentativi di ostacolarlo che lo spagnolo aveva compiuto già nei giri precedenti. Eppure la maggior responsabilità i commissari l'hanno attribuita al campione di Tavullia, pur non squalificandolo dalla gara odierna ma solo arretrandolo in fondo alla griglia di partenza nell'ultimo e decisivo Gran Premio di Valencia. Una decisione che in ogni caso Vale non accetta: «Penso che la penalità sia troppo pesante – ribatte – Sono molto deluso. Marquez ce l'ha fatta: mi ha fatto perdere il campionato, penso che sarà contento. Ora sarà molto difficile, partendo dal fondo a Valencia sarà quasi impossibile. Forse non correrò nemmeno, ancora non lo so».
Manovra da campione
Avrà tempo nei prossimi giorni per sbollire la rabbia, ripensarci e presentarsi al via dell'ultima corsa, il cui esito è ancora tutt'altro che deciso, facendo appello a tutta la sua famosa grinta, che lo ha reso capace di qualsiasi miracolo sportivo in passato. Ma è proprio la rabbia che si cela dentro queste parole a farci capire perché, comunque la pensiamo sulle colpe della vicenda, Valentino si è comportato così. Come Ayrton Senna contro Alain Prost nel 1990, come Michael Schumacher contro Jacques Villeneuve nel 1997. I grandi campioni sono fatti così: mantengono dentro di sé l'animo di un bambino capriccioso e dispettoso, disposto a tutto, anche a infrangere ogni regola, pur di ottenere il suo obiettivo finale, la vittoria. Non si può pretendere di provocare Mike Tyson e non prendersi un pugno in faccia, non si può pretendere di chiudere un leone in gabbia e non aspettarsi che scappi alla prima occasione. Semplicemente, questa è la loro natura profonda. La stessa che ci ha permesso di vivere tanti momenti di emozione e di spettacolo all'ultimo respiro. Come quello di oggi. E come quello che vivremo a Valencia.
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