28 agosto 2025
Aggiornato 02:00
L'opinione del nostro esperto

«Ecco perché la pressione psicologica fa bene a Raikkonen»

Il mental coach Cesare Veneziani promuove la strategia del team principal della Ferrari, Maurizio Arrivabene: «Giusto rimandare la firma del suo contratto. Solo così potrà ritrovare quelle motivazioni che ha perso»

ROMA – Kimi Raikkonen il rinnovo con la Ferrari lo merita. Ma non subito. E non perché i suoi risultati (ultimo dei quali l'esaltante secondo posto in rimonta nel Gran Premio del Bahrein) non abbiano convinto. Quella di rimandare la firma del nuovo contratto, che lo legherà a Maranello anche dopo la scadenza dell'attuale, fissata a fine stagione, è infatti una precisa strategia: lasciare il finlandese nell'incertezza e così mettergli addosso pressione psicologica. Una strategia rivelata apertamente dallo stesso team principal Maurizio Arrivabene e promossa dal nostro esperto, il mental coach Cesare Veneziani.

Una carriera decollata troppo presto
Il numero uno della rossa, infatti, lo ha messo in chiaro: «Macché Iceman, uomo di ghiaccio: Kimi è un ragazzo molto sensibile». Secondo Veneziani, il motivo di queste sue peculiarità caratteriali va fatto risalire addirittura dall'inizio della sua carriera. «Kimi Raikkonen è sempre stato un predestinato – racconta – Dopo qualche anno in kart e soltanto 23 gare in monoposto (di cui 13 vinte, se non è un record ci manca poco), Iceman ottenne dalla FIA la superlicenza provvisoria, potendo così partecipare alla sua prima gara in Formula 1: sesto. Con la Sauber-Petronas Raikkonen guadagnò così un punto mondiale, issandosi davanti a piloti come Button, Alesi, Villeneuve e Montoya. Mica principianti. Lo stesso anno gli regalerà anche un quarto posto. Raikkonen vinse relativamente presto anche il suo titolo mondiale. Era il 2007 e lui guidava, al pari di Felipe Massa, un’ottima Ferrari. La vittoria ai danni di Hamilton fu rocambolesca, a tre gare dalla fine era indietro di venti punti! Credo che quella vittoria sia stata un bene, ovviamente, ma anche un piccolo male. Nessuno pensava che Kimi potesse vincere quel Mondiale, probabilmente nemmeno lui. È stata una rimonta pazzesca e del tutto imprevista, ma anche piuttosto fortunata. A mio parere è stato qualcosa che ha tolto fame al pilota finlandese. Gli anni successivi, infatti, non sono stati all’altezza di quella grande stagione. Terzo, poi sesto».

Sempre in cerca di nuove motivazioni
Kimi Raikkonen è dunque un campione fragile: «Nella Formula 1, nei motori in genere, c’è sempre di mezzo la macchina e quindi le responsabilità non saranno tutte sue – prosegue il mental coach – ma Raikkonen in qualche modo sembrava aver preso le distanze da un mondo che lo stava risputando via alla stessa velocità con cui l’aveva accolto: siderale. Il sogno è così, rapido e cattivo. Sembra assurdo, ma un sogno se non te lo sudi rischia di trasformarsi nel tuo peggior nemico. Nel 2010 Kimi decide di passare ai rally. Mi chiedo se i pessimi risultati del 2009 siano stati la molla o il risultato di una mentalità, diciamo così, incompleta. Certe volte è facile perdere le motivazioni. È difficile capire, e conoscersi a fondo e reinventarsi, soprattutto quando il tempo è poco e magari sei ancora nei vent’anni, o vicino ai trenta. Certi luoghi non aspettano».

La Ferrari suona la sveglia
Dunque, secondo Cesare Veneziani, Arrivabene ha ragione quando dichiara: «Voglio tenerlo sulle spine. Kimi dà il meglio quando è un po' preoccupato, questo è il suo approccio psicologico». «Oggi Arrivabene (fra gli uomini di punta in Ferrari) dice che non sa se il contratto a Raikkonen verrà rinnovato, dice che Kimi va tenuto sotto pressione – analizza il nostro esperto – Cosa ne penso? Io dico che va benissimo così. Dico che è giusto, non solo perché la stagione è appena cominciata (e benino, soprattutto se teniamo in considerazione i risultati dell’anno passato) ma soprattutto perché basta leggersi la storia di questo pilota per capire che tutto è arrivato sempre in fretta. Conosco uno straordinario pilota di GP2 che non ha mai disputato una corsa in Formula 1, e sì che lo meritava, e vi garantisco che avrebbe dato battaglia a molti, se solo avesse avuto l’occasione, forse quanto Raikkonen. Come lui, altri. Questo non significa che Raikkonen non lo meritasse, ma il mazzo che la vita quasi sempre ti chiede prima certe volte te lo devi fare poi. Non è più tempo di addormentarsi cinque minuti prima della gara (dicono gli sia accaduto veramente, e questo spiega l’origine del suo soprannome). Forse adesso c’è da tenere gli occhi molto aperti, anche per convincere la Ferrari a puntare ancora su un pilota che a mio parere ha raccolto meno di quanto il suo talento racconti. Successo e miliardi sono là da dieci anni, ora è il momento di tirare fuori gli artigli».