19 marzo 2024
Aggiornato 05:30
Maggioranza

La partita più complicata per il Governo

La smentita secca di palazzo Chigi dopo le voci di un rimpasto di Governo fa capire bene quanto lo stesso Premier Giuseppe Conte sia preoccupato per la tenuta della maggioranza

Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e Dario Franceschini
Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e Dario Franceschini Foto: ANSA

Arrivano mesi difficili, per certi versi più complicati di quelli appena trascorsi, e c'è bisogno di puntellare il governo. Dario Franceschini ne è convinto, ma anche il resto del vertice Pd - dal segretario Nicola Zingaretti, al vice Andrea Orlando - da giorni si sono convinti che finita la fase acuta dell'emergenza sanitaria si apre la partita più complicata per il governo. La smentita secca di palazzo Chigi dopo le voci di un rimpasto di governo fa capire bene quanto lo stesso premier sia preoccupato per la tenuta della maggioranza.

Alcuni sondaggi riservati, del resto, cominciano a mostrare qualche segno di fatica anche per Giuseppe Conte, che fin qui era stato il punto di riferimento per l'opinione pubblica. A settembre, poi, ci sono le regionali, un test molto delicato che potrebbe trasformarsi in un primo momento della verità per chi ha governato l'emergenza Coronavirus. Senza contare che tra un anno e mezzo si dovrà votare per eleggere il nuovo presidente della Repubblica e il Pd vuole arrivare a quell'appuntamento con una rete di alleanze solida, per non lasciare spazio a manovre del centrodestra. Per questo, spiega più di un parlamentare Pd, Franceschini ha deciso di ribadire con forza un pensiero già più volte espresso: «L'alleanza Pd-M5s deve diventare strategica».

Preoccupa la tenuta dei 5 Stelle

In particolare, continua a preoccupare la tenuta del Movimento 5 stelle. Anche i segnali degli ultimi giorni non sono stati incoraggianti, con il voto in dissenso della grillina Alessandra Riccardi sull'autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini. Senza contare il continuo gioco al rilancio di Matteo Renzi, che sempre in occasione del voto sull'ex ministro dell'Interno ha fatto astenere i suoi, ricordando a Conte che Iv al Senato è determinante.

Movimenti monitorati con più di qualche preoccupazione al vertice Pd, anche perché sia Zingaretti che Franceschini sanno bene il malumore cresce anche tra deputati e senatori democratici, come spiegano in molti: i ritardi nei pagamenti della Cig, le banche che frenano il piano liquidità, la gestione dei rapporti con le regioni, la polemica sugli assistenti civici... Tutti temi che agitano le chat e le riunioni dei parlamentari democratici, insieme agli scenari su possibili rimpasti smentiti con forza oggi da palazzo Chigi.

Serve «spirito di coalizione»

Per questo motivo già martedì scorso - dopo il voto su Salvini in Senato - Franceschini aveva lanciato un appello sia all'assemblea dei senatori Pd, sia durante uno dei vertici con Conte e gli altri capidelegazione: serve «spirito di coalizione» - ha spiegato - è importante ora più che mai perché «ci aspettano mesi difficili, di contrapposizione». Il fondo Ue 'Next generation' è un ottimo risultato, se verrà confermato dal Consiglio europeo, ma i soldi arriveranno solo nel 2021 e l'Italia non può aspettare fino al nuovo anno. Di fronte alle tensioni sociali che già si manifestano e che potrebbero aumentare molto di intensità la politica «non si limiti al breve periodo».

Dice un parlamentare Pd: «Rilanciare l'alleanza con M5s significa dare un messaggio rassicurante a Conte. Lui deve diventare il leader di riferimento almeno dell'ala più 'di governo' dei 5 stelle. E questo toglierebbe spazio anche alla 'politica dei due forni' di Renzi...». Del resto, come spiega Enrico Letta a Radio capital, «se continua questa posizione di Salvini e Meloni - che sono gli unici leader fuori da qualunque ragionamento europeo - credo che la linea di Franceschini non abbia grande alternativa».

Alle regionali uniti?

Le Regionali, poi, sono un'altra ottima ragione per consolidare l'alleanza. Come spiega un'altra fonte Pd «possiamo confermare le quattro regioni nelle quali governiamo (Toscana, Marche, Campania e Puglia, ndr). Andare separati con i 5 stelle rischia di farci perdere qualcuna di queste posizioni e dobbiamo evitarlo». Anche perché - come già accaduto per le elezioni in Emilia romagna - Salvini e Meloni sarebbero pronti a sfruttare la sconfitta in qualche regione-simbolo per portare l'affondo al governo.

Non tutti la pensano così, ovviamente. Matteo Orfini ribadisce la sua contrarietà ad un'alleanza permanente con i 5 stelle: «Dario Franceschini ha dichiarato che l'accordo Pd-M5s dovrebbe secondo lui sfociare in una alleanza permanente. È la sua legittima posizione, da sempre. Io penso esattamente l'opposto, da sempre».

Ma più o meno allo stesso modo la pensa buona parte dell'area ex renziana rimasta nel Pd, a cominciare dal presidente dei senatori Andrea Marcucci. Come però ripetono sia Franceschini che Zingaretti, non ci sono alternative possibili a questa maggioranza e bisogna lavorare per stabilizzare.

(con fonte Askanews)