Renzi preferisce la Merkel a Tsipras
Il presidente del Consiglio dà la colpa del fallimento dei negoziati alla Grecia, e non ai ricatti della Germania. Non sembra capire che noi e Atene, in fondo, siamo sulla stessa barca
ROMA – La sua versione sulla crisi greca, Matteo Renzi la affida ad una lunga intervista al Sole 24 Ore. Ai potenziali rischi per l'Italia dedica solo qualche riga, quanto basta per confermarci che «l'economia sta tornando alla crescita e l'ombrello della Bce ci mette al riparo»: speriamo che quell'ombrello non faccia la fine di quello di Altan. In ogni caso, «la mia preoccupazione non è per ciò che potrebbe accadere all'Italia – d'altronde lui è solo il presidente del Consiglio – ma per gli scenari globali di difficoltà che si potrebbero aprire».
Bacchettate alla Grecia
Il meglio di sé, infatti, Renzi lo dà quando si improvvisa analista di politica internazionale. Sfoderando un cerchiobottismo degno dei suoi maestri democristiani, prima tira un delicato colpo all'asse Francia-Germania: «I due Paesi procedono insieme ovunque: per la crisi Ucraina, per la Grecia, per il riassetto dell'Eurozona, per l'immigrazione. Che poi queste proposte funzionino o meno lo dirà il tempo. Noi ce li ricordiamo nel sorrisino di Cannes di Sarkozy quando sul banco degli imputati avevano messo noi». Bastano pochi istanti, però, perché getti la maschera e se la prenda con quello che ritiene il vero colpevole: proprio la Grecia. «I negoziati li ha interrotti Varoufakis, purtroppo – commenta – Ma il problema non è su chi ha sbagliato per primo, questo non è l'asilo. Il punto è che la Grecia può ottenere condizioni diverse ma deve rispettare le regole. Altrimenti non c'è più una comunità».
Una politica degna di Tafazzi
Se non fosse tutto scritto nero su bianco, spereremmo in un terribile malinteso. E invece no, queste parole Matteo Renzi le ha pronunciate davvero. Non è questa la sede per entrare in una disamina dei complessi sistemi macroeconomici. E non vogliamo nemmeno aprire la questione se sia più conveniente per i greci (e per noi) uscire o meno dall'euro. Scendiamo ad un livello ancora più elementare, su un piano che perfino Renzi non può non comprendere: la Grecia e l'Italia (come la Spagna o il Portogallo) sono tutte sulla stessa barca. Il governo greco, in altre parole, ha delle responsabilità, ed enormi. Ma scappa da ridere a sentire il premier alzare il ditino dicendo: «Scusi, noi abbiamo fatto la riforma delle pensioni: ma non è che abbiamo tolto le baby pensioni agli italiani per lasciarle ai greci eh! Noi abbiamo fatto la riforma del lavoro, ma non è che con i nostri soldi alcuni armatori greci possono continuare a non pagare le tasse. Una cosa è chiedere flessibilità nel rispetto delle regole. Un'altra è pensare di essere il più furbo di tutti, essere cioè quello che le regole non le rispetta».
Una faccia, una razza
Che autorevolezza ha l'Italia per chiedere alla Grecia il rispetto delle regole? Il governo Renzi, fino a prova contraria, non ha truccato i conti, ma i suoi predecessori, fino all'altroieri, si sono comportati esattamente come Atene: pensiamo ai trucchetti di Prodi, svelati dalla stessa Germania, per abbellire a suon di derivati i bilanci italiani quel tanto che bastava per entrare nell'eurozona. Sul jobs act rivelatosi del tutto ininfluente ai fini del tasso di disoccupazione e sulla riforma delle pensioni bocciata dalla Consulta, poi, sarebbe stato più dignitoso stendere un velo pietoso, invece che vantarsene. La verità è che con queste parole Renzi sta svelando l'ennesima promessa non mantenuta della sua carriera politica. Avrebbe dovuto lottare contro l'austerity che sta affondando l'Italia tanto quanto la Grecia, avendo per giunta a disposizione anche un intero semestre di presidenza dell'Unione. Invece si sta dimostrando colpevolmente appiattito sulle posizioni di Juncker e della Merkel (e delle lobby), ovvero di coloro che nei confronti dei greci si stanno dimostrando più degli strozzini che dei creditori. Libero di non tifare per Tsipras, a differenza di tutto il resto del mondo, caro presidente del Consiglio. Ma è sicuro che questa sua posizione faccia davvero i nostri interessi nazionali? E se un domani ci trovassimo noi di fronte ai ricatti della Germania, lei da che parte starebbe?
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