29 marzo 2024
Aggiornato 08:00
Legge elettorale

Pd si spacca e Speranza si dimette da capogruppo

L'assemblea dei deputati, riunitasi ieri sera con Matteo Renzi, ha formalmente certificato la spaccatura del partito, con 'solo' 190 deputati che hanno approvato la linea del segretario su un totale di 310. La minoranza non prende parte al voto.

ROMA (askanews) - Dopo settimane di botta e risposta, di trattative, di tentativi di ricomporre le divisioni interne al Pd sulla nuova legge elettorale la bolla è scoppiata: l'assemblea dei deputati, riunitasi ieri sera con Matteo Renzi, ha formalmente certificato la spaccatura del partito, con 'solo' 190 deputati che hanno approvato la linea del segretario (nessuna modifica al testo della nuova legge elettorale) su un totale di 310. La minoranza del Pd (120 deputati, quasi un terzo del gruppo), dopo aver tentato fino all'ultimo di introdurre modifiche all'Italicum, di fronte alla netta chiusura del premier ha deciso di non prendere parte al voto.

Speranza: «così non ci sto»
Non solo, davanti al fallimento di ogni tentativo di mediazione il capogruppo Pd a Montecitorio, Roberto Speranza, si è dimesso. Cuperlo, Civati, Fassina, Bindi e altri hanno allora chiesto la sospensione dell'assemblea. Ma la riunione è continuata ed allora in molti sono andati via. Non Pier Luigi Bersani che ha ribadito, nel suo intervento, che se si vuole la legge elettorale si può cambiare perché «se si vuole andare avanti così, io non ci sto». Renzi però non ha deviato dalla sua strada, l'Italicum rimane così com'è e non si fa alcuna modifica. Anzi, ha avvertito i deputati che il destino del governo è legato alle nuove regole elettorali: se la legge dovesse non essere approvata a lui non rimarrebbe altro che salire al Colle da Mattarella e dimettersi.

Renzi va avanti per la sua linea
Non è certo una scissione quella andata in onda ieri sera ma è sicuramente un ulteriore segnale di una situazione, quella interna al Pd, che rischia di diventare sempre meno gestibile. Ma Renzi va avanti e la sua linea, già approvata a maggioranza dalla direzione Pd, è quella di varare in via definitiva a maggio la legge elettorale alla Camera. Ovviamente ha chiesto a Speranza (la cui componente, Area riformista, pur non votando a favore di Renzi non abbandona l'assemblea per non dare la sensazione che si stia realizzando una scissione) di riflettere sulla sua decisione, proponendo di convocare un'assemblea su questo la prossima settimana. Ma, ha chiarito, è ormai arrivata l'ora di chiudere definitivamente la discussione sulla legge elettorale. Una legge, ha sottolineato Renzi, che è «in linea con quanto proposto sin dai tempi dell'Ulivo».

Renzi: «Tutti accettino il deliberato sull'assemblea»
Renzi ha poi mandato un messaggio ai membri Pd in commissione: «Tutti - ha detto - accettino il deliberato dell'assemblea sulla legge elettorale». Anche perché, ha aggiunto, il capitolo delle riforme deve essere ormai chiuso per andare avanti con gli altri impegni del governo, dai decreti fiscali alle intercettazioni. Dario Franceschini, dal canto suo, ha tentato di ricomporre lo scontro, invitando alla responsabilità chi, come Bersani o Cuperlo, ha avuto un ruolo nel partito. Dopo aver «ripreso per i capelli la legislatura - ha detto - non si può mandare tutto in fumo».