19 aprile 2024
Aggiornato 10:00
Il medico denuncia il vuoto normativo su eutanasia e testamento biologico

Roccella: Veronesi vuole il suicidio assistito, noi difendiamo la vita

Umberto Veronesi scrive che in Italia «c'è un vuoto preoccupante» in quanto a normativa su eutanasia e testamento biologico, «in assenza di regole viene calpestato il sacrosanto diritto di non soffrire». Per Eugenia Roccella, vicepresidente della Commissione Affari Sociali, l'articolo 32 della Costituzione che garantisce la libertà di cura sarebbe sufficiente.

ROMA«È come se quando una persona sta per buttarsi dal ponte, io invece di tenerla gli do una spintarella, gli do il suicidio assistito» e «Veronesi vuole il suicidio assistito», «Al massimo si può normare il consenso informato». Così la deputata Eugenia Roccella, vicepresidente della Commissione Affari Sociali, commenta, in un'intervista al DiariodelWeb.it, l'articolo di Umberto Veronesi, in cui il medico spiega perché l'Italia dovrebbe legiferare in ambito di testamento biologico ed eutanasia. In Italia, secondo Veronesi, «c'è un vuoto preoccupante su questo tema», «in assenza di regole viene calpestato il sacrosanto diritto di non soffrire». Veronesi scrive all'indomani dell'intervista di La Repubblica al caposala del Correggi di Firenze che, riportando la testimonianza dell'ospedale in cui lavora, confessa che annualmente viene staccata la spina dai 30 ai 40 malati terminali, «eutanasia silenziosa».

IL CASO ELUANA - «Per quanto riguarda l'infermiere – continua Roccella –, è stata una cosa molto costruita: prima di tutto, tutti i casi di cui parlava, come spesso accade, non sono di eutanasia e a dirlo è anche Antonelli su Repubblica oggi. I casi di interruzione delle terapie sono casi di appropriatezza delle terapie. Nel senso che di fronte ad una persona che sta morendo è assolutamente normale che si interrompano alcune terapie, che non si faccia accanimento terapeutico. È normale, ad esempio, che ci sia la morfina, non per uccidere, ma per sedare in modo profondo il dolore, visto che oggi ci sono tutte le terapie del dolore per cui non c'è un desiderio di eutanasia perché si soffre in modo intollerabile. ci sono tutte le terapie del dolore e il dolore intollerabile lo si fronteggia tranquillamente. E tutto questo è assolutamente previsto anche dal catechismo della Chiesa cattolica, è una costruzione del tutto pretestuosa. L'eutanasia è un'altra cosa. L'eutanasia è quella che vuole Veronesi e lo dice con chiarezza. Veronesi vuole il diritto al suicidio assistito. Qui è in ballo una cosa diversa che tra l'altro non toccava il caso Eluana, che viene citato sempre a sproposito, perché nel caso di Eluana non c'era il consenso informato. L'autodeterminazione di cui parla Veronesi prevede il consenso informato, cioè prevede un testo autografato o una volontà espressa a voce informata. Prevede che nel momento in cui io sto già in una condizione di terapie che non voglio o quando non sono ancora in condizioni di incoscienza ma voglio esprimere delle volontà per quando eventualmente fossi incosciente e sotto terapie che non voglio. Quindi c'è tutta una casistica legata al consenso informato, autografo, ovviamente», spiega la deputata di NCD.

EUTANASIA E SUICIDIO ASSISTITO - «Però non è che possiamo dire che le persone in stato vegetativo sono candidate alla morte, come un pochino è stato detto anche nell'articolo dell'infermiere. Quello è semplicemente un modo per eliminare malati costosi, fastidiosi, ma sono malati, anzi in particolare sono disabili, sono cioè persone con il più alto grado di disabilità che esista». È dunque una questione di costi? «Il rischio è questo. Se noi spostiamo la questione in questo modo, cioè un disabile profondo o una persona in stato vegetativo è un candidato all'eutanasia è il rischio di eliminare persone che hanno bisogno di più assistenza di altri e di una assistenza costosa, anche in termini umani, a volte. Cioè noi eliminiamo una persona che ha un costo e richiede assistenza». «L'eutanasia è semplicemente la richiesta del suicidio assistito – continua l'onorevole –. Se noi vogliamo legittimare il suicidio assistito dobbiamo ricordare che questo ferisce profondamente la solidarietà di una società. È come se quando una persona sta per buttarsi dal ponte, io invece di tenerla gli do una spintarella, gli do il suicidio assistito. Perché una persona che si suicida probabilmente soffre e noi tentiamo di intervenire sulla sua sofferenza, non aiutarla a suicidarsi. L'eutanasia è questo. Io credo che quello che si possa fare oggi è una legge sul consenso informato».

LA LEGGE MANCATA - «Abbiamo provato a fare una legge sul testamento biologico che è stata approvata a larghissima maggioranza al Senato e alla Camera e poi non ha fatto l'ultimo passo conclusivo – continua Roccella–. Quindi potremmo o riprendere quel testo oppure semplicemente fare una legge che normi il consenso informato ancora inesistente in Italia. Non certamente un'apertura all'eutanasia che ha dato origine, nei paesi in cui è legittima, a casi veramente sconcertanti. Pensiamo all'eutanasia sui bambini o non volontaria: un'altissima percentuale di persone che vengono eutanasizzate non hanno espresso un consenso informato, ma sono state portate a morte su decisione dei medici, in Belgio e in Olanda».

IL CONSENSO INFORMATO - Veronesi scrive che «la propria volontà si può esprimere lucidamente e consapevolmente nel caso in cui una malattia senza alcuna speranza renda la vita insopportabile per il dolore e fisico e la sofferenza psicologica. Allora parliamo di eutanasia». «Da medico – commenta la deputata Roccella – dice una cosa non vera, perché al dolore oggi i può rimediare. È la tipica argomentazione pro eutanasia che non ha fondamento. Allora la prima persona che ha sofferenza psicologica e vuole suicidarsi? La si aiuta a suicidarsi? Andiamo a fondo delle argomentazioni». Quando si parla di legiferare sul consenso informato si parla di «normare una prassi che i medici ormai adottano ma su cui non esiste una norma e significa che posso sempre decidere se sottopormi o no ad una terapia. Ci sono tante persone che decidono di non sottoporsi alle terapie, ma questo non vuol dire eutanasia. Cioè ognuno di noi è libero di sottoporsi o no alle terapie ed è giusto che dia il suo assenso alle terapie attraverso il consenso informato, che è una prassi, perché la libertà di cura è garantito dall'articolo 32 della Costituzione, ma non c'è una norma che lo regoli. Se volessimo intervenire su questo fronte forse si può intervenire normando il consenso informato».

L'ARTICOLO 32 PUÒ BASTARE - Per quanto concerne il testamento biologico, «ho sempre pensato che basti l'articolo 32 della Costituzione e al limite una legge sul consenso informato. Sul caso Englaro, si era creata una situazione tale di invadenza giudiziaria, tanto che il Parlamento ha sollevato un conflitto di competenze all'epoca, cioè ha ritenuto che la sentenza Englaro fosse entrata nelle competenze del Parlamento e ha sollevato il conflitto davanti alla Corte Costituzionale. Poi non ci sono state altre sentenze. Il caso ha creato questo conflitto e abbiamo tentato di fare una legge, ma altre sentenze di questo genere non ci sono state. La magistratura è intervenuta invadendo terreni che non sono suoi, quindi introducendo l'eutanasia attraverso sentenza. Perché Eluana non ha mai espresso un consenso informato autografo, è stata portata alla morte da una sentenza, una sentenza che ha stabilito una sentenza di morte, un brutto protocollo. C'è stata una sentenza che ha prodotto il primo caso di morte di una persona disabile senza che ci fosse un consenso informato. Di fronte alla sentenza il Parlamento ha reagito prima sollevando il conflitto di competenze e poi si è proceduto alla legge. Se non c'è l'invasività dei tribunali, non c'è la necessità di una legge. La norma costituzionale è già chiara: c'è la libertà di cura e ognuno è libero di scegliere di curarsi o di non curarsi. Al massimo si può normare il consenso informato. Ma se non ci sono interpretazioni estreme da parte dei tribunali, non c'è bisogno di una legge», conclude il deputato di NCD.