28 marzo 2024
Aggiornato 10:00
Lo scontro Merkel-Renzi

Il primo della classe è un somaro

Continua il braccio di ferro fra il rigore a tutti i costi della Germania e i paesi che dopo sette anni di vacche magre temono che l’austerity non sia più una medicina, ma una delle cause del male.

ROMA - C'è un fantasma che si aggira per l'Europa. Si chiama Germania. Il suo problema è che non sa fare il primo della classe. Nel giorno dell' unificazione delle due Germanie nessuno può disconoscere i meriti dei tedeschi, e dimenticare che quando cadde il muro i tedeschi stavano letteralmente con le pezze al sedere.

IL MARCO UNO A UNO - Il primo gesto di Helmut Kohl quando i «vopos» smisero di sparare a chi cercava di scavalcare il confine fra comunismo e capitalismo fu un azzardo che la maggior parte degli economisti giudicarono ai limiti dell'impossibile: il Cancelliere punto infatti su un cambio del marco uno a uno fra ovest ed est. Oggi ai detrattori della Germania è facile dire che il prezzo dell'unificazione i tedeschi l'hanno fatto pagare al resto degli alleati e lo strumento per raggiungere questo obiettivo è stata l'invenzione dell'euro. Anche se in parte è proprio così, bisogna aggiungere che i tedeschi hanno messo molto del proprio nel conseguire questo risultato.

QUANDO LA GERMANIA STAVA PEGGIO DI NOI - Ancora agli albori del nuovo millennio la Germania aveva oltre 5 milioni di disoccupati. Nel 2009 la Volkwagen stava messa così male che la prestigiosa ma piccola Porche tentò la scalata. Nel giro di una notte i dirigenti della casa automobilistica, per salvare l’azienda, ottennero il via libera dei sindacati ad un piano di ristrutturazione che poggiava su questo bivio: scegliere fra una riduzione del personale del 30 per cento, o accettare il 25 per cento in meno di stipendio e alcune ore settimanali da lavorare in più. I sindacati, che come è noto in Germania hanno un posto nel consiglio di amministrazione, accettarono di guadagnare di meno e lavorare di più. Risultato, nel 2012, mentre il resto dell’industria automobilistica mondiale ancora boccheggiava, la casa tedesca fece utili record e assegnò ad ogni lavoratore un bonus premio di circa 8 mila euro. Sono traguardi, quelli che la Germania ha conquistato in questi ultimi, che sarebbe veramente ingiusto e deviante attribuire unicamente all’introduzione dell’euro o alla furbizia nello sfruttare i demeriti dei concorrenti e tutte le occasione offerte dai regolamenti dell’Unione.

IL PRIMO DELLA CLASSE E’ UN SOMARO? - Quindi tanto vale tagliare corto e riconoscere alla Germania il merito di essersi imposta come prima della classe. Ora, però, il punto è un altro e precisamente questo: i tedeschi, che sanno fare tante cose, sanno anche come si fa il mestiere di primo della classe?
Se si guarda alla loro storia, e non solo quella dai risvolti tragici, i dubbi su questa capacità di leadership dei tedeschi sono molti e più che fondati. Con puntualità quasi cronometrica appena la Germania, grazie ai sacrifici e allo spirito di corpo, sale in cattedra sembra infatti perdere di lucidità.  Sembra addirittura perdere di vista i propri interessi, accecata da un unico desiderio: dare una lezione a chi qualche volta ha marinato la scuola, si è dimenticato di fare i compiti a casa, è stato disattento durante la lezione.

SETTE ANNI DI CARESTIA - E’ da circa 7 anni che gli italiani hanno rivisto il loro stile di vita. E continuano a stare in castigo anche greci, spagnoli, portoghesi. Poi vedremo i francesi. Se l’inflazione è sotto la soglia del 2 per cento, se il petrolio, nonostante i venti di guerra, è sceso sotto i 92 dollari a barile (contro i quasi 116 di giugno scorso) al livello più basso di due anni fa è perché interi popoli consumano meno, migliaia di fabbriche hanno chiuso. La Germania continua a sostenere che non è certo ricorrendo a nuovi debiti che paesi come l’Italia possono risolvere i loro problemi. Ed è vero. Aggiungere altri interessi a quegli 80 miliardi che già paghiamo ogni anno a causa delle spese pazze dei decenni passati, sarebbe una medicina peggiore del male. Ma nello stesso tempo non si può disconoscere all’Italia il merito di avere, ormai da cinque anni, un avanzo primario. Cioè di produrre ogni anno di più di quanto spende, al netto appunto di quei benedetti 80 miliardi di cui, invece, si parla troppo poco.

UN PAGATORE SENZA MACCHIA - Giustamente un commentatore economico attento come Federico Fubini di Repubblica nei giorni scorsi ha ricordato che se l’Italia non si dovesse svenare per pagare gli interessi sul debito starebbe meglio della Germania e se la Francia dovesse sborsare ogni anno quello che sborsiamo noi per i peccati del passato sarebbe già fallita.
Che cosa dovrebbe fare allora un primo della classe davanti a questo quadro? Primo, dovrebbe aprire gli occhi e rendersi conto che davanti non ha più lo scolaro negligente degli anni da bere, ma uno studente disposto a rinunciare anche ai momenti di svago pur di mettersi in pari. Secondo, dovrebbe dimostrare la propria capacità anche nel trovare vie d’uscita che non siano frettolose assoluzioni, ma rispettosi riconoscimenti del ravvedimento e della volontà di procedere sulla strada della virtù anche a costo di grandi rinunce.
Avendo davanti un pagatore puntuale come lo è stata finora l’Italia qualsiasi creditore (forse anche uno strozzino) sceglierebbe la strada di una soluzione non traumatica che tenga conto degli interessi comuni.

IL RIGHELLO DELLA MERKEL - Finora la prima della classe, la signora Merkel, si è preoccupata soprattutto di dimostrare ai suoi elettori quanto è brava ad usare il righello sulle nocche degli ex sciampagnoni.  Si spera che quanto prima riesca, lei per prima, a rendersi conto che il film a cui si riferisce in Italia è fuori programmazione da anni. Questa sua consapevolezza inoltre potrà venirle utile per spiegare ai suoi concittadini che il gusto di accanirsi troppo sulle debolezze altrui spesso impedisce di valutare, come si dovrebbe, le proprie.
E anche la pacchia dell’export non è mai stata eterna per nessuno.