19 aprile 2024
Aggiornato 23:30
Vertice Russia-Ucraina

Lavrov-Kuleba, nessun progresso in Turchia: ma il dialogo prosegue (in Bielorussia)

Come ha chiarito il ministro russo e confermato da Ankara: «Il risultato più importante dei colloqui di Antalya è stata la creazione di un contatto, ora la continuazione del dialogo tra Russia e Ucraina dipende dai colloqui in Bielorussia»

Lavrov-Kuleba, nessun progresso in Turchia: ma il dialogo prosegue (in Bielorussia)
Lavrov-Kuleba, nessun progresso in Turchia: ma il dialogo prosegue (in Bielorussia) Foto: Cem Ozdel Ufficio Stampa

ANTALYA - L'incontro di oggi in Turchia tra Sergey Lavrov e Dmytro Kuleba non ha prodotto risultati positivi, ma ha lasciato le porte aperte a un futuro dialogo. Non più in Turchia, ma in Bielorussia. Come ha chiarito, senza equivoci, il ministro russo; e confermato da Ankara. «Il risultato più importante dei colloqui di Antalya è stata la creazione di un contatto, ora la continuazione del dialogo tra Russia e Ucraina dipende dai colloqui in Bielorussia», ha spiegato il padrone di casa, Mevlut Cavusoglu, precisando che Kiev guarda alla «Turchia come a uno dei possibili garanti di un eventuale accordo di pace con la Russia».

Se le aspettative della vigilia sul vertice ad Antalya erano piuttosto basse, i due capi della diplomazia di Mosca e Kiev hanno sostanzialmente confermato che le posizioni tra le parti restano piuttosto distanti. Al termine dei colloqui mediati da Cavusoglu, Kuleba si è presentato davanti ai giornalisti prima del suo omologo russo. E non è riuscito a nascondere la sua delusione: nessun accordo su corridoi umanitari, né su cessate il fuoco temporaneo. «Non abbiamo fatto progressi su questo, purtroppo. Sembra che ci siano altre persone che decidono su questo in Russia», ha spiegato, precisando che «sfortunatamente Lavrov non è stato in condizione di impegnarsi». E quest'ultimo, appena pochi minuti dopo, è stato piuttosto netto: «Non sono sorpreso che il signor Kuleba abbia affermato che non era possibile concordare un cessate il fuoco. Nessuno qui avrebbe concordato un cessate il fuoco», ha detto, confermando invece che la proposta russa sui corridoi umanitari «è sempre valida».

Kiev, comunque, non perde la speranza di porre fine alla guerra e continuerà a lavorare per ottenere la fine delle ostilità. Kuleba, preoccupato dalla crisi umanitaria nel suo Paese e in particolare a Mariupol, dove si vive «la situazione più tragica», si è detto disposto a «incontrare di nuovo il ministro russo se ci saranno prospettive» di qualche progresso. E su questo, ma solo su questo, Lavrov è sembrato concordare: la via del dialogo «resta aperta», ha detto, ma il principale tavolo negoziale resta quello in Bielorussia. E' lì che vanno prese le principali «decisioni operative». «Vogliamo avere una conversazione seria sulla piattaforma bielorussa, non districarci con alcune scartoffie informali, per concordare quelle cose che, a detta di tutti, dovrebbero essere risolte nel contesto di una soluzione globale della crisi ucraina», ha commentato.

Parole che certificano in maniera evidente il nulla di fatto odierno. E di certo lo stesso Kuleba non lo ha nascosto, andando anche oltre. La Russia, ha spiegato senza entrare nel dettaglio, «vuole la resa dell'Ucraina, ma non l'avrà. L'Ucraina è forte, l'Ucraina sta combattendo». Resa che dovrebbe comportare la decisione del governo di Volodymyr Zelensky di accettare - parole di Lavrov - «la neutralità» del suo Paese come punto di partenza per eventuali significativi progressi verso la fine del conflitto. «Forse lo sta capendo», ha aggiunto il capo della diplomazia di Mosca, parlando di «cauto ottimismo» dopo le recenti, flebili, aperture della presidenza ucraina su questo dossier. Se sarà davvero così lo dirà il tempo, perché al momento Kuleba sembra escluderlo. «Siamo pronti a una soluzione diplomatica, ma ora non c'è. Dobbiamo difenderci dall'aggressione russa», ha spiegato. «Come ministro degli Esteri, sono venuto ad Antalya con l'obiettivo di trovare una soluzione, ma Lavrov è venuto solo per ascoltare», ha rimarcato il ministro ucraino.

Anche la Russia vuole concludere le ostilità in Ucraina «nell'interesse di due Paesi», ha replicato Lavrov. Ma i distinguo del ministro russo sono stati numerosi e la scelta di organizzare una vera e propria conferenza stampa, a differenza del suo omologo ucraino, gli ha consentito di esplicitare la posizione di Mosca, peraltro già nota. E così Lavrov ha condannato la «fornitura di armi all'Ucraina dall'estero», «compresa l'Unione europea», che avviene «in violazione di tutti i principi e i valori», ed ha smentito i bombardamenti russi dell'ospedale pediatrico di Mariupol, sposando la contronarrazione del conflitto adottata dalla Federazione russa sin dall'inizio delle ostilità. «Come avevamo indicato già il 7 o il 6 marzo scorso, era diventato una base del battaglione Azov (il gruppo paramilitare di estrema destra attivo nel Sud dell'Ucraina, ndr) e le donne e i bambini erano stati portati via», ha spiegato, avallando la tesi di un «terrorismo dell'informazione».

Lavrov non ha poi mancato di bacchettare l'Occidente per le sanzioni imposte alla Federazione russa. «La Russia non usa mai petrolio e gas come armi», ha detto piccato, aggiungendo piuttosto che «nessuno zio Sam» potrà prendere decisioni per distruggere l'economia russa. «Risolveremo questo problema e lo risolveremo in modo tale che non dipenderemo mai più, in alcun modo, dai partner occidentali, siano essi il governo o le aziende che non sono affatto guidate dagli interessi dei loro affari, ma sono diventati uno strumento di aggressione politica, che la Russia sta ora sperimentando con l'Occidente», ha commentato. Quindi, ha espresso tutta l'indigrazione del suo Paese per «quello che sta facendo il Pentagono nei laboratori biologici creati con i suoi soldi, con i soldi degli Usa» in territorio ucraino «per sperimentare agenti patogeni che possono poi essere usati per creare armi biologiche».

E persino l'ipotesi di un possibile ricorso alle armi nucleari da parte di Mosca, di un attacco ai Paesi Baltici e alla Polonia, è per Lavrov un «vecchio falso». «Non voglio e non credo all'inizio di una guerra nucleare», ha spiegato, ricordando che la Russia «non parla mai della possibilità di una Terza guerra mondiale». L'obiettivo di Mosca è solo conservare il diritto a rimanere sulla mappa politica del mondo, ha insistito. E l'assenza di una convergenza dopo il vertice di oggi può aiutare il Cremlino a guadagnare tempo, consolidaare alcune sue posizioni sul terreno, sedere finalmente al tavolo del negoziato con più solidi argomenti e ottenere il suo scopo. Un negoziato che potrebbe anche vedere coinvolto direttamente il presidente Vladimir Putin, come ripetutamentee richiesto dalla controparte ucraina.

Se infatti, lo stesso Zelensky ha più volte parlato della necessità di un colloquio diretto con il suo omologo russo, Lavrov non ha negato questa possibilità. «Tutti sanno bene che il presidente Putin non rifiuta mai i contatti. Vogliamo solo che questi contatti siano organizzati non tanto per fare, ma per fissare alcuni accordi specifici», ha detto. «Oggi, tra l'altro, abbiamo toccato questo argomento... Gli ho ricordato (a Kuleba, ndr) che siamo sempre favorevoli all'incontro se possiamo ottenere un valore aggiunto ed essere in grado di risolvere il problema», ha osservato. «Probabilmente, un giorno, spero che si presenti una tale necessità. Le proposte sono state accolte dalla parte ucraina e ci hanno promesso che ci sarebbero state risposte molto specifiche. Stiamo aspettando». (di Corrado Accaputo e Cristina Giuliano)