Ucraina, le opzioni miliari russe: «Più facile l'attacco da Est»
Lo spiega ad askanews l'ex capo di Stato Maggiore della Difesa, Vincenzo Camporini: «Se ci fosse un attacco da Nord sarebbe una guerra aperta per cambiare il governo a Kiev e sostituirlo con un esecutivo fantoccio filo-russo»
Sergey Lavrov ha escluso oggi un'invasione militare russa dell'Ucraina. Il suo Paese ha scelto da tempo «la strada della diplomazia», ha spiegato. Ma più di 100.000 soldati di Mosca restano ammassati lungo la linea di confine tra i due Stati. E altri sono stati dispiegati, e continuano ad arrivare, in Bielorussia, paese amico e alleato. L'opzione militare non è dunque del tutto esclusa. E se mai il Cremlino dovesse scegliere questa soluzione, «dal punto di vista puramente tattico, il fronte orientale sarebbe quello più facile», spiega ad askanews l'ex capo di Stato Maggiore della Difesa, Vincenzo Camporini.
«Le regioni dell'Ucraina che confinano con la Russia a Oriente sono fortemente abitate da popolazioni russofone e quindi creerebbero certamente delle agevolazioni per un transito delle truppe russe», ricorda il generale. Inoltre, un'eventuale iniziativa militare da Est «in qualche modo potrebbe assomigliare a quella ipotesi avanzata dal presidente americano Joe Biden di un'azione limitata». Ipotesi successivamente smentita dallo stesso inquilino della Casa Bianca, ma che «in realtà da un punto di vista tattico» resta sul tavolo.
«Più difficile» sarebbe invece penetrare in Ucraina da Nord, nonostante Mosca stia spostando truppe dalla Siberia verso la Bielorussia, ufficialmente per un'esercitazione congiunta. Entro due settimane lo schieramento dovrebbe essere completato e la Russia potrà così contare su un esercito stimato fra 130mila e 200mila unità. In questo caso comunque, i militari russi si troverebbero «di fronte a un'Ucraina dura e pura che potrebbe opporre una resistenza molto più efficace di quanto potrebbe accadere a Est», stima Camporini. Senza contare che «se ci fosse un attacco da Nord sarebbe veramente una guerra aperta per cambiare il governo a Kiev e sostituirlo con un esecutivo fantoccio filo-russo».
Di certo, Mosca non ha solo una linea di pianificazione, ma ha in mano «parecchie opzioni», «dall'invasione di massa» - che «sicuramente rientra nel novero del fattibile» - al mantenimento dello status quo. Oltre ad ammassare soldati sul fronte orientale e a spostare truppe in Bielorussia, ci sono pure delle «unità navali, tra cui unità da sbarco, che stanno facendo esercitazioni nel Mar Nero». «Quindi c'è la possibilità anche di un'azione dal Sud», fa notare l'ex capo di Stato Maggiore. Così si potrebbe «arrivare a Odessa, che è al di fuori delle regioni dove si combatte ma è comunque una città con una grossa comunità russofona che potrebbe chiedere aiuto alla grande madre Russia». In ultimo, Mosca potrebbe anche scegliere di mantenere l'attuale «pressione militare» allo scopo di esercitare su Kiev «una sorta di moral suasion» con l'obiettivo di «ottenere per le regioni russofone un'autonomia come quella che si era preconizzata dagli accordi di Minsk», che «nessuna delle due parti ha rispettato».
Certamente, sostiene Camporini, «un'offensiva da Est potrebbe essere venduta come un supporto dovuto al popolo russo in Ucraina perseguitato dalle autorità di Kiev». «Questa potrebbe essere la narrazione usata da Mosca per un'operazione del genere. E quindi avrebbe un'intensità sicuramente limitata», sottolinea il generale. «Mentre se dovesse esserci un attacco da Nord o da Sud, o da tutte e tre queste regioni insieme, ci troveremmo veramente di fronte a un conflitto aperto». In questo caso, aggiunge l'ex capo di Stato Maggiore, «l'unico scopo sarebbe quello di indurre l'Ucraina a dotarsi di un governo filo-russo e quindi allinearsi, con la speranza russa di avere uno Stato cuscinetto tra se stessa e la Nato».
Quanto all'Alleanza, Camporini si dice «scettico» sulla «possibilità politica che la Nato si impegni direttamente in un conflitto che riguardi il territorio ucraino». «L'Ucraina non è membro della Nato, quindi non è coperta dall'articolo 5 che impone la solidarietà tra i membri dell'Alleanza in caso di aggressione», conclude. «Certamente potrebbe esserci il coinvolgimento più o meno diretto di qualche Paese della Nato - Gran Bretagna, Olanda, Stati Uniti -, ma in quanto iniziativa puramente nazionale, non legata all'appartenenza all'Alleanza». (di Corrado Accaputo)