19 aprile 2024
Aggiornato 15:00
Interrogativo ancora più pressante dopo la crisi tra Ankara e Mosca

Vogliamo davvero la Turchia di Erdogan in Europa?

L'abbattimento del jet russo da parte di Ankara, nonché l'uccisione del leader degli avvocati curdi, sono soltanto i due ultimi episodi che mostrano l'ambigua e complessa faccia della Turchia di Tayyp Recep Erdogan. Episodi che potrebbero rimettere in crisi i negoziati, recentemente ripresi, per l'entrata del Paese nell'Ue

ANKARA – Se già i rapporti tra Occidente e Turchia erano ambigui e complessi prima, l’abbattimento del jet russo al confine con la Siria da parte di Ankara è destinato a mettere ulteriormente in discussione le relazioni con il principale alleato mediorientale. Un alleato che, è bene ricordarlo, è membro della Nato, sta negoziando da anni la propria entrata nell’Unione europea, ma le cui persistenti ambiguità non possono che aprire molteplici interrogativi. Uno su tutti, se sia opportuno spalancare al «sultano» Tayyp Recep Erdogan le porte di Bruxelles.

Ue-Turchia: trattativa lunga e difficile
La questione non è di poco conto, e soprattutto è estremamente attuale. Perché da quando la crisi dei profughi affligge l’Europa, Ankara è diventata, da partner tenuto in bilico e trattato con una certa sufficienza, un interlocutore fondamentale. Solo la Turchia, infatti, può porre un argine al flusso di migranti che, dalla Siria e non solo, si sta rovesciando sull’Europa. Peccato che il «favore» richiesto dall’Unione al sultano abbia, a sua volta, un prezzo salato: in primis, esso comporta la riapertura della trattativa sull’entrata in Europa della Turchia. Una trattativa che si protrae, tra alti e bassi, da circa 10 anni, ma che affonda le sue radici molto più indietro nel tempo: nel 1959, Ankara fu tra i primi Paesi a cercare una collaborazione con l’allora neonata Comunità economica europea, nel 1996 fu varata l’Unione doganale con l’Ue, e nel 1999 la Turchia fu ufficialmente riconosciuta Paese candidato a entrare in Europa. I negoziati ufficiali si aprirono nel 2005, e da allora la strada è stata tutta in salita.

Profughi: l’«arma» di Erdogan
Il 10 novembre scorso la Commissione europea ha pubblicato l’ultimo rapporto sui negoziati, pagella spesso accolta in mezzo a un mare di polemiche. Quest’anno, però, i toni sono stati diversi. Il documento non mancava di sottolineare i tanti punti su cui ancora c’è da lavorare, dispensando anche critiche severe (specialmente sulla libertà di stampa, sulla tutela dei diritti umani, sull’indipendenza della magistratura, sul ruolo non imparziale del presidente); Ankara non ha evitato di controbattere sui punti più delicati, ma gli scontri cui eravamo abituati sono stati sostituiti da un atteggiamento più pacato e costruttivo da entrambe le parti. Una circostanza che dimostra quanto – soprattutto in virtù della crisi migratoria – i rapporti tra Europa e Ankara potrebbero, almeno in apparenza, trovarsi a un punto di svolta. Peccato che l’abbattimento del jet russo potrebbe rimescolare le carte in tavola.

Argomenti pro
C’è chi sostiene che dopo questo «incidente» con la Russia Nato e Unione europea debbano lavorare ancora più assiduamente per cooperare con la Turchia. Di questo avviso James Stavridis, ex ammiraglio e comandante supremo delle forze alleate Nato. A suo parere, l’abbattimento del jet russo è la palese dimostrazione delle gravi turbolenze che il Paese sta affrontando, specialmente nel rapporto con i suoi vicini, ma l’allontanamento dall’Occidente sarebbe un grande errore. «Gli Stati Uniti», scrive Stravridis, «dovrebbero fare tutto ciò che è in loro potere per incoraggiare la Turchia ad essere parte delle comunità europea e transatlantica». I motivi sono presto detti: una popolazione di quasi 80 milioni di persone, trend demografico positivo, un’economia diversificata e in crescita, tra le 20 al mondo più sviluppate, infrastrutture industriali, le seconde maggiori forze armate nella Nato, un grande senso di orgoglio nazionale. E, non da ultimo, una tradizione democratica che ancora sopravvive, nonostante i tanti contraccolpi interni ed esterni. In pratica, secondo Stavridis, tanto la Nato quanto l’Ue dovrebbero lavorare per l’avvicinamento – e non l’allontanamento – di Ankara, nonostante i tanti punti in discussione, palesati dall’ultimo incidente con la Russia. Perché «l’importanza geopolitica di tenere la Turchia  allineata con l’Occidente è troppo cruciale per permettere che qualche disaccordo abbia la meglio».

Argomenti contro
Non tutti, però, la pensano così. Perché non bisogna dimenticarsi che la Turchia ha raggiunto, negli ultimi tempi, livelli di repressione nei confronti dei media senza precedenti, tanto che un rapporto del Committee to Protect Journalists (CJP) ha recentemente illustrato come Ankara sia diventata una delle più grandi prigioni per giornalisti. Per non parlare, poi, del clima socio-politico che si respira da quando le ambizioni superpresidenziali di Erdogan sono diventate la sua assoluta priorità: basti citare l’ultimo, terribile caso, la sparatoria che ha ucciso il leader degli avvocati curdi. Che dire, ancora, dell’ambigua strategia tenuta in politica estera, con un intervento contro l’Isis orchestrato per coprire le bombe sui curdi, e mettere a tacere le accuse di «vicinanza» con i jihadisti? Un curriculum che si aggiunge ai tanti argomenti più volte citati dagli avversari di un’entrata di Ankara nell’Unione: dalle differenze culturali alle tante violazioni dei diritti umani, dagli alti costi dell’operazione in termini economici e politici, alla possibilità di attirare milioni di turchi in Europa.

Una scelta rischiosa
Così, l’ultimo episodio – quello del jet russo – è soltanto la ciliegina sulla torta. Un episodio che assomiglia a un avvertimento diretto alla rivale Mosca e all’Occidente stesso, tra i quali si stava verificando un avvicinamento inimmaginabile fino a poco fa e decisamente poco apprezzato dal sultano. Un episodio che dimostra come Erdogan, per raggiungere i propri obiettivi, sia disposto a compiere qualsiasi azzardo. Ed è lecito, per non dire necessario, che l’Europa si chieda, a maggior ragione oggi, se sia disposta ad ammettere a Bruxelles un partner tanto ambiguo. Valutando lucidamente opportunità e rischi.