Anniversario indipendenza in momento cruciale per il processo di pace in Ucraina
L'escalation militare nel Donbass nelle ultime settimane ha riportato d'attualità l'opzione di una ripresa su larga scala del conflitto. Lunedì è previsto a Berlino un incontro trilaterale fra il presidente ucraino Petro Poroshenko, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il capo di stato francese Francois Hollande.
KIEV - Alla vigilia del ventiquattresimo anniversario dell'indipendenza da Mosca (24 agosto 1991), l'Ucraina attraversa una fase decisiva nel processo di pacificazione stabilito con gli accordi di Minsk II lo scorso 11 febbraio. L'escalation militare nel Donbass nelle ultime settimane ha riportato d'attualità l'opzione di una ripresa su larga scala del conflitto. I separatisti filorussi e l'élite al potere a Kiev si scambiano accuse sulla responsabilità del peggioramento della situazione che ha allarmato la comunità internazionale. Lunedì è previsto a Berlino un incontro trilaterale fra il presidente ucraino Petro Poroshenko, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il capo di stato francese Francois Hollande, per tentare di mettere un coperchio alla pentola che sta per scoppiare di nuovo.
Entro la fine di agosto il parlamento ucraino dovrebbe votare inoltre la nuova legge sul decentramento che potrebbe costituire un passo in avanti secondo l'intesa di Minsk: in realtà però è già stata bocciata dai leader ribelli nelle repubbliche indipendentiste e anche all'interno del governo ha suscitato così com'è grosse perplessità, tanto che due partiti della coalizione di maggioranza hanno annunciato il loro veto. Se Poroshenko si è comunque dichiarato ottimista, l'iter alla Rada è denso di ostacoli e il risultato finale potrebbe essere annacquato, lasciando aperti i nodi sul futuro status del Donbass e la sua amministrazione.
Alle incertezze politiche e alle recrudescenze militari si aggiungono i problemi economici e lo spettro del default che non è stato ancora allontanato. I problemi strutturali del Paese, dall'architettura oligarchica alla corruzione dilagante, pesano sulle speranze di una ripresa condizionata inevitabilmente dai riflessi della guerra.
È il secondo anno consecutivo che l'Ucraina celebra amaramente la sua indipendenza, mutilata dall'annessione della Crimea da parte della Russia e dal Donbass smembrato, con un terzo del territorio degli oblast di Donetsk e Lugansk non più sotto controllo di Kiev. Gli scontri ripresi sulla linea del fronte tra Lugansk, Donetsk e Mariupol, sul Mare d'Azov, hanno fatto alzare di nuovo i venti di guerra, anche se nessuna delle parti è in realtà in grado di sferrare l'offensiva decisiva: né i separatisti travalicando i confini del Donbass puntando sulla Crimea, né i governativi per riprendere le roccaforti ribelli.
Il conflitto semi-congelato è in sostanza una guerra di posizione entrata in un vicolo cieco, tanto più che a livello politico non si scorgono soluzioni praticabili all'orizzonte. La retorica nazionalistica, sia sul versante ucraino che su quello filorusso, non fa certo da apripista per quel dialogo nazionale in cui entrambe le parti si sono impegnate con gli accordi di Minsk.
Se in settimana Putin dalla Crimea ha criticato Kiev per la presenza di stranieri al governo e nell'amministrazione definendo la questione «umiliante per il popolo ucraino», augurandosi comunque una futura collaborazione tra Russia e Ucraina, Poroshenko ha risposto che in tempo di guerra "non ci sono popoli fratelli" e se Mosca si trova in profonda crisi, Kiev è invece sulla via della rinascita in Europa.
La Russia ritiene responsabile Kiev per la recente escalation, l'Ucraina denuncia Mosca di voler destabilizzare ulteriormente il paese, esattamente un anno dopo quella che è considerata la "prima invasione russa" che secondo il ministero della Difesa di Kiev è cominciata il 23 agosto 2014 durante la battaglia di Ilovaisk, terminata con la vittoria dei filorussi e ingenti perdite ucraine.
L'accordo di Minsk I all'inizio di settembre 2014 avrebbe tamponato temporaneamente l'espansione del conflitto, ma la pace non è mai ritornata nel Donbass. Nella capitale presidente e governo, in picchiata nei consensi, si trovano anche a gestire le intemperanze della destra radicale, dentro e soprattutto fuori il parlamento, che continua a minacciare di scendere in piazza per una nuova rivoluzione. Poroshenko e il premier Arseni Yatseniuk hanno annunciato per le prossime settimane un rimpasto di governo, in vista delle elezioni amministrative di ottobre che potrebbero però provocare l'ennesimo terremoto nel paese già spaccato.