14 febbraio 2025
Aggiornato 06:30
Dopo il risultato del referendum

Donbass non è più parte dell'Ucraina

Le elezioni nel sud est dell'Ucraina hanno «legittimato» la separazione del Donbass dal resto del Paese di Poroshenko. La votazione aumenta la tensione non solo nel paese, ma anche e soprattutto sul piano internazionale. Se, infatti, Mosca riconosce i risultati delle elezioni e la conseguente spaccatura dell'Ucraina, Ue e Stati Uniti non sono disposti a fare la stessa cosa.

MOSCA - Le elezioni nel sud est dell'Ucraina hanno «legittimato» la separazione del Donbass dal resto del Paese di Poroshenko. E' il capo della commissione elettorale dell'autoproclamata Repubblica di Donetsk, Roman Lyagin a dirlo. «Le elezioni sono state legittime e senza significative violazioni che potrebbero influenzarne l'esito. Ora abbiamo un'autorità legittima, il Donbass non è più parte dell'Ucraina, piaccia o no», afferma. Le elezioni nel sud est ucraino, non sono tuttavia riconosciute da Ue, Usa e dalla stessa Kiev. Il presidente ucraino Petro Poroshenko aveva comunque chiesto a Mosca di non riconoscere il voto, tuttavia la Russia le ha riconosciute.

L'UE NON RICONOSCE LA SEPARAZIONE DEL DONBASS - E intanto si parla di trionfo annunciato dei separatisti del sud est. Le elezioni di ieri vinte dagli indipendentisti filorussi preoccupano non solo nel Paese, tra potere centrale e periferia, ma anche sul piano internazionale. Se da una parte Kiev ha denunciato ancora Mosca di foraggiare i ribelli, la Russia ha riconosciuto la validità del voto, gettando nuova benzina sul fuoco dopo che anche l'Unione Europea ha definito le votazioni nel Donbass illegali.

VITTORIA SCONTATA: SOLO LISTE FILORUSSE - Ancora non si hanno i risultati definitivi, ma i favoriti della vigilia sono già stati dichiarati vincitori domenica sera dopo la chiusura delle urne in una tornata elettorale a senso unico. Solo liste -filorusse infatti in campo ed esito risultato quindi scontato, al di là dei numeri che difficilmente potranno essere verificati. In teoria quasi un milione e mezzo di persone al voto ed alta affluenza, percentuali bulgare per i vincitori, in assenza però di osservatori indipendenti, in territori dove la tregua stabilita a settembre con gli accordi di Minsk è tutt'altro che solida. Alexander Zakharchenko a Donetsk e Igor Plotnitsky a Lugansk, già alla guida delle regioni prima del voto, sono dunque i nuovi presidenti delle rispettive repubbliche del Donbass e insieme a loro sono stati eletti ieri i parlamenti delle due regioni che così si allontanano ancor di più da Kiev. Petro Poroshenko ha definito il voto una farsa condotta sotto la minaccia delle armi. Per il presidente ucraino le elezioni vanno contro gli accordi presi in Bielorussia due mesi fa e avallati da Vladimir Putin, che prevedevano sì elezioni locali, ma organizzate sotto l'egida di Kiev.

CON LE VOTAZIONI AUMENTANO LE TENSIONI - Anche l'Unione Europea si è schierata con l'Ucraina e la nuova responsabile della politica estera Francesca Mogherini ha sottolineato come le votazioni siano un «nuovo ostacolo» sulla via di una soluzione pacifica del conflitto. Solo la Russia ha preso invece la parte degli indipendentisti e ha annunciato che rispetterà «la volontà espressa dai cittadini del sud-est». Il voto insomma aumenta la tensione nel contesto di una crisi che è tutt'altro che risolta. Non solo le divergenze politiche si acuiscono e il percorso fissato a Minsk si arricchisce di nuovi ostacoli, ma anche a livello militare c'è il pericolo di una nuova escalation. Nelle ultime settimane separatisti e truppe governative hanno rafforzato le loro linee e Kiev ha accusato di nuovo Mosca di supportare i ribelli.

DINAMICHE POLITICHE DELL'UCRAINA - A settembre era stata approvata una legge che accordava uno status speciale ai territori del sudest e fissava elezioni comunali a dicembre, sulle quali pesano però numerose incognite, la prima delle quali è la strategia che il nuovo governo ucraino adotterà nei confronti nel Donbass. Dopo le elezioni parlamentari è attesa la creazione di una nuova maggioranza e soprattutto la nomina del nuovo primo ministro che dovrà coabitare con Poroshenko. Nonostante i proclami iniziali è probabile che alla luce dei dissidi di fondo tra i maggiori partiti, quello del capo dello stato e quello dell'attuale premier Arseni Yatseniuk, ci vogliano settimane prima che il governo venga alla luce e alcuni osservatori parlano già di metà dicembre come data per il difficile parto.