19 aprile 2024
Aggiornato 08:30
Russia: «Continuiamo a vendere armi a Damasco»

Assad: «I siriani vogliono le riforme»

«Il Paese non ha perso la propria dignità e sovranità». Riunione straordinaria del Consiglio Diritti Umani dell'ONU

DAMASCO - Il processo di riforma in corso in Siria deriva dalla volontà del popolo siriano e deve essere condiviso «da tutti i settori della società»: lo ha affermato il presidente siriano Bashar al Assad, le cui dichiarazioni sono state riportate dall'agenzia di Stato Sana.
«Le riforme in corso sono state introdotte non su richiesta della comunità internazionale, ma perché i siriani erano convinti della loro necessità», ha proseguito Assad sottolineando come il Paese «non abbia perso la propria dignità né la propria sovranità» e venga «presa di mira a causa del suo ruolo nel mondo arabo, favorevole alla resistenza che difende dei diritti legittimi».
Le riforme erano state promesse fin da giugno e promulgate in parte lo scorso 4 agosto, con un decreto nel quale si autorizzava il multipartitismo: nel contempo tuttavia il regime non ha cessato la sanguinosa repressione contro i manifestanti anti-governativi in corso dal 15 marzo scorso e che ha causato migliaia di vittime.

Russia: «Continuiamo a vendere armi a Damasco» - Il monopolio russo per le esportazioni di armi Rosoboronexport non intende interrompere la vendita di armi al regime siriano di Bashar al Assad. L'ha chiarito oggi il direttore generale della compagnia Anatoly Isaikin, secondo quanto riferisce l'agenzia di stampa Interfax.
«Finché non saranno dichiarate sanzioni e finché non avremo istruzioni e direttive dal governo, siamo obbligati a rispettare i nostri impegni contrattual ed è quel che stiamo facendo», ha detto Isaikin.

Riunione straordinaria del Consiglio Diritti Umani dell'ONU - Stati Uniti, Unione Europea ed alcuni Paesi arabi hanno chiesto una riunione straordinaria del Consiglio di Diritti Umani dell'Onu per discutere della situazione in Siria:, lo hanno reso noto fonti diplomatiche, precisando che la richiesta ufficiale verrà presentata in serata.
«Occorre mantenere la pressione a causa del deteriorarsi della situazione» in Siria, hanno proseguito le fonti, che fra i Paesi arabi coinvolti hanno citato esplicitamente solo il Kuwait: la riunione è stata chiesta da venti Paesi sui 47 Stati membri del Consiglio, più del terzo necessario per avviare la procedura.
La seduta dovrebbe concludersi con una risoluzione di condanna della repressione e la richiesta di un'inchiesta ufficiale sull'utilizzo della violenza da parte delle forze di sicurezza di Damasco contro i manifestanti anti-governativi; anche il Consiglio di Sicurezza dovrebbe tenere domani una sessione straordinaria dedicata al rispetto dei diritti umani e all'emergenza umanitaria in Siria.

La Tunisia richiama l'Ambasciatore a Damascoo - Il governo tunisino ha richiamato il proprio ambasciatore a Damasco «per consultazioni», «data l'evoluzione pericolosa della situazione» sul terreno: lo ha reso noto l'agenzia di Stato Tap, citando fonti del Ministero degli Esteri di Tunisi.
Il 7 agosto scorso era stata l'Arabia Saudita a richiamare il proprio ambasciatore dalla capitale siriana denunciando la repressione di Damasco contro le manifestazioni anti-governative, seguita il giorno successivo da Bahrein e Kuwait.

Altri quattro civili sono stati uccisi in Siria mentre le Nazioni unite, oltre a chiedere una sessione straordinaria del Consiglio dei diritti dell'uomo, hanno annunciato il ritiro di 25 membri del personale dal Paese.
Tre civili sono stati uccisi non lontano dalla città di Homs, nel centro del Paese. Secondo l'Osservatorio siriano sui diritti dell'uomo, un centinaio di persone sono state arrestate dai servizi di sicurezza in tutta la zona, e una donna colpita ieri da diversi colpi d'arma da fuoco è morta per le ferite riportate a Latakia.
Nella città costiera al centro domenica di una pesantissima offensiva del regime, secondo l'Osservatorio, «700 agenti di sicurezza sono impegnati in perquisizioni nel quartiere di al-Taml al Jounoubi dove sono stati arrestati diversi militanti».
Perquisizioni sarebbero in corso anche a Damasco e «decine di militanti sono stati arrestati questa mattina a Harat al-Jadida dove la corrente è stata interrotta».

Le Nazioni unite, intanto, hanno «ritirato circa 25 membri del personale internazionale e i loro familiari» per i timori crescenti sulla loro sicurezza. Lo ha reso noto il portavoce Onu Farhan Haq.
SSono più di 200 i membri del personale internazionale delle Nazioni unite presenti in Siria, impegnati soprattutto nell'Alto commissariato dei rifugiati e nella missione Onu che deve vigilare il cessate il fuoco sulle alture del Golan. Decine di loro avevano già lasciato il Paese nelle scorse settimane.

Un civile ucciso a Idleb, perquisizioni a Latakia - Le forze armate siriane hanno ucciso un civile nel governatorati di Idleb, nel nordovest del Paese, e molte centinaia di agenti di sicurezza stanno effettuando perquisizioni nella città portuale di Latakia. Lo hanno indicato militanti e abitanti.
«Un civile è stato ucciso all'alba sul suo balcone nel villaggio di Abdita, nei pressi di Idleb, dagli spari dell'esercito siriano», ha indicato l'Osservatorio siriano dei diritti umani (Osdh) in un comunicato. A Latakia, nel nordovest del Paese, «più di 700 agenti di sicurezza conducono da questa mattina perquisizioni nel quartiere di al Raml al Junubi dove hanno arrestato molti militanti», ha denunciato l'Osdh. «Colpi sono stati avvertiti all'alba nella maggior parte dei quartieri contrari al regime» del presidente Bashar al Assad, secondo la stessa fonte. L'agenzia di stampa ufficiale Sana, che cita un ufficiale del ministero degli Interni, ha annunciato ieri sera la fine della missione dell'esercito ad al Raml al Junubi e affermato che «i cittadini hanno iniziato a riprendere la loro vita normale».
A Homs (centro), i servizi di sicurezza hanno effettuato perquisizioni nel quartiere di al Khalidya, oltre che nei villaggi della regione di Al Hula, hanno testimoniato gli abitanti.

Wall Street Journal: «Damasco minaccia anche i dissidenti all'estero» - La Siria è pronta a reprimere le contestazioni al Presidente Bashar al Assad anche all'estero, usando le sue ambasciate per rintracciare e intimidire i dissidenti.
Stando a quanto riferito dagli stessi dissidenti siriani e da fonti Usa, citati oggi dal Wall Street Journal, il personale delle sede diplomatiche siriane ha oggi il compito di rintracciare e fotografare i contestatori, quindi di fare rapporto a Damasco. Una volta informato, il regime interroga, minaccia o arresta i familiari dei dissidenti. Interpellato dal Wsj, l'Ambasciatore siriano a Washington ha smentito ogni accusa, parlando di «calunnie e menzogne pure e semplici».