28 agosto 2025
Aggiornato 10:30
La protesta popolare contro il regime di Bashar

«Grande Venerdì» di sangue, decine di morti e feriti in Siria

La protesta esplode ovunque. Morti e scontri anche nello Yemen

DAMASCO - Venerdì Santo di sangue in Siria: la protesta popolare contro il regime di Bashar al Assad, a cui hanno partecipato migliaia di persone in molte città del Paese, è stata repressa brutalmente dalle forze di sicurezza che hanno ucciso, secondo un bilancio provvisorio, almeno 60 persone. La protesta, che gli organizzatori hanno battezzato come «Grande Venerdì» è stata la più ampia dall'inizio delle manifestazioni contro il regime di Bashar al Assad, il 14 marzo scorso, la cui repressione finora ha provocato oltre 230 vittime.

Oggi, almeno 14 persone sono morte nella località di Ezra, nella provincia di Daraa, epicentro della contestazione; altre nove sono state uccise a Duma, 15 chilometri a nord di Damasco; sempre nei pressi della capitale sono morte altre sei persone, mentre quattro sono state uccise a Homs, due a Latakia e altre due a Hama. Decine di persone sono state inoltre ferite dai colpi delle forze dell'ordine che tentavano di disperdere i dimostranti in molte città: proteste e scontri si sono avuti anche a Damasco, nei quartieri di Maadamiyah, Zmalka e al Qabune.

Nonostante l'annuncio dato ieri dal governo siriano della revoca dello stato d'emergenza in vigore dal 1963, la protesta è andata avanti ed è sempre più moltitudinaria. Le manifestazioni sono cominciate all'uscita dalle moschee per la preghiera musulmana del venerdì: tra le 5mila e le 6mila persone hanno manifestato a Qamishli, nel nordest della Siria, e quasi 10.000 a Daraa nel sud. A Baniyas, secondo dignitari religiosi, circa 10mila manifestanti sono scesi in piazza per la libertà. Le manifestazioni hanno coinvolto anche la capitale Damasco, dove circa duecento persone hanno sfilato in centro prima di essere disperse dalle forze dell'ordine, secondo alcune fonti anche con il ricorso a gas lacrimogeni. Il «Grande venerdì» della protesta è coinciso con il venerdì Santo dei cristiani: le festività pasquali in Siria sono celebrate dalla comunità cristiana locale con una certa visibilità, ma quest'anno, secondo la BBC, sono state relegato all'interno delle chiese.

I «Comitati locali siriani» della protesta, secondo quanto riporta la BBC, chiedono la fine delle torture, degli arresti e delle violenze, tre giorni di lutto di Stato per i morti, un'inchiesta indipendente sulle morti che sfoci in procedimenti giudiziari contro i colpevoli, la liberazione di tutti i prigionieri politici e una riforma della costituzione siriana, con un limite di due mandati per il presidente.

Proteste e morti si sono avuti oggi anche nello Yemen, dove almeno venti soldati yemeniti sono morti in diversi scontri avvenuti nel Paese nel corso delle ultime 24 ore: la capitale San'a ha vissuto la più imponente manifestazione popolare dall'inizio delle proteste antigovernative, nel gennaio scorso, per chiedere le dimissioni del presidente Ali Abdallah Saleh, che ha invece ribadito il proprio attaccamento alla «legittimità costituzionale» . Decine di migliaia di persone hanno partecipato al «venerdì dell'ultima possibilità» nel centro della capitale, con la prospettiva di dichiarare uno sciopero generale per la giornata di domani; qualche chilometro più in là i sostenitori di Saleh hanno organizzato una contromanifestazione denominata «venerdì della riconciliazione», e migliaia di agenti e militari sono stati dispiegati per evitare ogni contatto fra i due cortei.