19 marzo 2024
Aggiornato 07:00
Meeting di Rimini

Mario Draghi: «Da questa crisi l'Europa può uscire rafforzata»

L'ex Governatore: «C'è un debito buono, se usato per investimenti infrastrutture e ricerca. Diventa cattivo se finisce in sussidi improduttivi. A rischio il futuro dei giovani. Bisogna dar loro di più»

Mario Draghi, ex Presidente della BCE
Mario Draghi, ex Presidente della BCE Foto: ANSA

RIMINI - Dalla crisi scoppiata con la pandemia «l'Europa può uscire rafforzata». Ne è convinto l'ex presidente della Bce, Mario Draghi, che intervenendo al Meeting di Cl, ha auspicato a un «processo decisionale meno difficile» da parte della Commissione europea.

«Da questa crisi - ha detto Draghi - l'Europa può uscire rafforzata. L'azione dei governi poggia su un terreno reso solido dalla politica monetaria. Il fondo per la generazione futura (Next Generation Eu) arricchisce gli strumenti della politica europea. Il riconoscimento del ruolo che un bilancio europeo può avere nello stabilizzare le nostre economie, l'inizio di emissioni di debito comune, sono importanti e possono diventare il principio di un disegno che porterà a un ministero del Tesoro comunitario la cui funzione nel conferire stabilità all'area dell'euro è stata affermata da tempo».

«Dopo decenni che hanno visto nelle decisioni europee il prevalere della volontà dei governi, il cosiddetto metodo intergovernativo - ha aggiunto Draghi - la Commissione è ritornata al centro dell'azione. In futuro speriamo che il processo decisionale torni così a essere meno difficile, che rifletta la convinzione, sentita dai più, della necessità di un'Europa forte e stabile, in un mondo che sembra dubitare del sistema di relazioni internazionali che ci ha dato il più lungo periodo di pace della nostra storia».

Nel suo intervento al Meeting di Cl, l'ex numero uno dell'Eurotower, ha invitato a «pensare a riformare l'esistente senza abbandonare i principi generali che ci hanno guidato in questi anni: l'adesione all'Europa con le sue regole di responsabilità, ma anche di interdipendenza comune e di solidarietà; il multilateralismo con l'adesione a un ordine giuridico mondiale». Il futuro, ha insistito Draghi, «non è in una realtà senza più punti di riferimento, che porterebbe, come è successo in passato, si pensi agli anni 70 del secolo scorso, a politiche erratiche e certamente meno efficaci, a minor sicurezza interna ed esterna, a maggiore disoccupazione, ma il futuro è nelle riforme anche profonde dell'esistente. Occorre pensarci subito».

Per questo «ci deve essere di ispirazione l'esempio di coloro che ricostruirono il mondo, l'Europa, l'Italia dopo la seconda guerra mondiale» come De Gasperi e altri leader che «ispirati da J.M. Keynes, si riunirono a Bretton Woods nel 1944 per la creazione del Fondo Monetario Internazionale».

«E' probabile che le nostre regole europee non vengano riattivate per molto tempo e certamente non lo saranno nella loro forma attuale - ha concluso Draghi -. La ricerca di un senso di direzione richiede che una riflessione sul loro futuro inizi subito. Proprio perché oggi la politica economica è più pragmatica e i leader che la dirigono possono usare maggiore discrezionalità, occorre essere molto chiari sugli obiettivi che ci poniamo».

«Istruzione è settore essenziale per la crescita»

C'è «un settore, essenziale per la crescita», dove «la visione di lungo periodo deve sposarsi con l'azione immediata». Questo è «l'istruzione e, più in generale, l'investimento nei giovani».

«La situazione presente - ha aggiunto Draghi - rende imperativo e urgente un massiccio investimento di intelligenza e di risorse finanziarie in questo settore. La partecipazione alla società del futuro richiederà ai giovani di oggi ancor più grandi capacità di discernimento e di adattamento».

«Privare futuro ai giovani la più grave diseguaglianza»

«Privare un giovane del futuro è una delle forme più gravi di diseguaglianza». Lo ha detto l'ex presidente della Bce, Mario Draghi, che al Meeting di Rimini ha ricordato come «una forma di egoismo collettivo» abbia «indotto i governi a distrarre capacità umane e altre risorse in favore di obiettivi con più certo e immediato ritorno politico».

«Il debito creato con la pandemia - ha spiegato Draghi - è senza precedenti e dovrà essere ripagato principalmente da coloro che sono oggi i giovani». Quindi «è nostro dovere far sì che abbiano tutti gli strumenti per farlo pur vivendo in società migliori delle nostre».

«Per anni - ha aggiunto l'ex presidente della Bce - una forma di egoismo collettivo ha indotto i governi a distrarre capacità umane e altre risorse in favore di obiettivi con più certo e immediato ritorno politico: ciò non è più accettabile oggi. Privare un giovane del futuro è una delle forme più gravi di diseguaglianza».

«Pragmatismo e flessibilità per affrontare crisi»

Per affrontare la crisi economica, effetto della pandemia, occorre «pragmatismo e flessibilità», ma chi governa «non può dimenticare l'importanza dei principii che ci hanno sin qui accompagnato».

«Nelle attuali circostanze il pragmatismo è necessario - ha spiegato Draghi -. Non sappiamo quando sarà scoperto un vaccino, né tantomeno come sarà la realtà allora. Le opinioni sono divise: alcuni ritengono che tutto tornerà come prima, altri vedono l'inizio di un profondo cambiamento. Probabilmente la realtà starà nel mezzo: in alcuni settori i cambiamenti non saranno sostanziali; in altri le tecnologie esistenti potranno essere rapidamente adattate».

Altri ancora, secondo l'ex presidente della Bce «si espanderanno e cresceranno adattandosi alla nuova domanda e ai nuovi comportamenti imposti dalla pandemia. Ma per altri, un ritorno agli stessi livelli operativi che avevano nel periodo prima della pandemia, è improbabile. Dobbiamo accettare l'inevitabilità del cambiamento con realismo e, almeno finché non sarà trovato un rimedio, dobbiamo adattare i nostri comportamenti e le nostre politiche».

«Il fatto che occorra flessibilità e pragmatismo nel governare -- ha aggiunto Draghi - oggi non può farci dimenticare l'importanza dei principii che ci hanno sin qui accompagnato». Perché «il subitaneo abbandono di ogni schema di riferimento sia nazionale, sia internazionale è fonte di disorientamento».

«L'erosione di alcuni principii considerati fino ad allora fondamentali - secondo l'ex governatore dell'Eurotower - era già iniziata con la grande crisi finanziaria; la giurisdizione del Wto, e con essa l'impianto del multilateralismo che aveva disciplinato le relazioni internazionali fin dalla fine della seconda guerra mondiale venivano messi in discussione dagli stessi Paesi che li avevano disegnati, gli Stati Uniti, o che ne avevano maggiormente beneficiato, la Cina; mai dall'Europa, che attraverso il proprio ordinamento di protezione sociale aveva attenuato alcune delle conseguenze più severe e più ingiuste della globalizzazione; l'impossibilità di giungere a un accordo mondiale sul clima, con le conseguenze che ciò ha sul riscaldamento globale; e in Europa, alle voci critiche della stessa costruzione europea, si accompagnava un crescente scetticismo, soprattutto dopo la crisi del debito sovrano e dell'euro, nei confronti di alcune regole, ritenute essenziali per il suo funzionamento, concernenti: il patto di stabilità, la disciplina del mercato unico, della concorrenza e degli aiuti di stato; regole successivamente sospese o attenuate, a seguito dell'emergenza causata dall'esplosione della pandemia».