9 dicembre 2024
Aggiornato 18:30
Bankitalia

Banche, vero e falso sul caso Visco e le parole di Matteo Renzi su Bankitalia

Il caso Visco si è sgonfiato rapidamente dopo la riconferma del governatore centrale della Banca d'Italia

Vero e falso sul caso Visco e le parole di Matteo Renzi su Bankitalia
Vero e falso sul caso Visco e le parole di Matteo Renzi su Bankitalia Foto: ANSA

ROMA – Il caso Visco si è sgonfiato rapidamente dopo la riconferma del governatore centrale della Banca d'Italia. Il premier Gentiloni ha fatto orecchie da mercante di fronte alle accuse del Partito democratico contro l'inquilino di Palazzo Koch e lo ha riconfermato al suo posto per altri sei anni. Eppure la mozione dem approvata lo scorso 17 ottobre dalla Camera non lasciava adito a dubbi: «l’efficacia dell’azione di vigilanza della Banca d'Italia è stata, in questi ultimi anni, messa in dubbio dall'emergere di ripetute e rilevanti situazioni di crisi o di dissesto di banche, che a prescindere dalle ragioni che le hanno originate (…) avrebbero potuto essere mitigate nei loro effetti da una più incisiva e tempestiva attività di prevenzione e gestione delle crisi bancarie». In parole povere, secondo il Partito democratico Bankitalia, sotto la guida di Ignazio Visco, non avrebbe fatto abbastanza per evitare i crac finanziari degli ultimi anni. Ma è davvero così? Di che poteri è investita la Banca d'Italia? Ed è vero che, come ha detto recentemente Matteo Renzi, il Pd «non c'entra nulla» con i dissesti finanziari degli ultimi anni e che anzi è stato quello «che ha fatto i decreti per salvare i risparmiatori, perché senza l'intervento del governo le banche avrebbero chiuso dalla sera alla mattina e i correntisti avrebbero perso tutti i loro soldi»?

La responsabilità della Banca d'Italia
Partiamo dalle prime due domande. Per capire che tipo di responsabilità si possono assegnare alla Banca d'Italia in riferimento alle crisi bancarie che hanno recentemente colpito il nostro Paese bisogna anzitutto capire di che poteri è investita Bankitalia. Sul sito di Palazzo Koch si legge che «la Banca d'Italia svolge compiti di vigilanza bancaria e finanziaria nei confronti degli intermediari bancari e non bancari, che sono iscritti in appositi albi. Dal novembre del 2014 la vigilanza sulle banche si è svolta nell'ambito del Meccanismo di vigilanza unico». Ora, il Meccanismo di Vigilanza Unico (MVU) è il nuovo sistema di vigilanza finanziaria comunitario che comprende la Banca centrale europea (BCE) e le varie autorità nazionali competenti (Anc), cioè le singole banche centrali nazionali come la Banca d'Italia.

Il Meccanismo di Vigilanza Unico
Tra la BCE e le Anc c'è una spartizione di ruoli e poteri e la prima, in base al regolamento europeo 1024/2013, è in posizione dominante rispetto alle varie banche centrali nazionali. In particolare, esercita la vigilanza diretta ed esclusiva sugli enti creditizi classificati come significativi e la vigilanza indiretta su quelli meno significativi che sono, invece, sottoposti in prima battuta alle Anc. Un ente creditizio è considerato significativo se soddisfa una delle seguenti condizioni: a) il valore totale delle attività supera i 30 miliardi di euro o, a meno che il valore totale delle attività sia inferiore a 5 miliardi di euro, supera il 20% del Pil nazionale; b) è uno de tre enti creditizi più significativi di uno Stato membro; c) riceve assistenza diretta dal meccanismo europeo di stabilità; d) il valore totale delle attività supera i 5 miliardi di euro e ha rapporti con l’estero superiori a determinate soglie.

I crac finanziari e le dichiarazioni di Renzi
In tutti questi casi spetta alla BCE vigilare sull'ente creditizio in questione, e non alla banca centrale nazionale. La lista di tutti gli istituti di credito sottoposti alla vigilanza diretta della BCE è inoltre pubblica e consultabile (tra le banche italiane, ad esempio, compare Unicredit). Dunque alla Banca d'Italia era affidata effettivamente la vigilanza su Banca Etruria, Banca Marche, Cariferrara, Carichieti e le due ex popolari venete. Ed è lecito chiedersi come mai non sia intervenuta prima dei crac finanziari che poi hanno coinvolto questi istituti di credito. Mentre non le spettava, ad esempio, la vigilanza su Monte Paschi Siena. Veniamo ora all'affermazione del segretario del Partito democratico con cui Matteo Renzi di prende il merito di aver salvato i risparmi degli italiani dalle suddette crisi bancarie. Le cose stanno davvero così?

Parole fuorvianti e semi-verità renziane
Non esattamente. Perché col celebre decreto salva-banche (23 dicembre 2016) il Governo ha stanziato 20 miliardi di euro – finanziati peraltro con debito pubblico – per evitare il fallimento di Veneto Banca e della Popolare di Vicenza. In particolare, sono stati messi a disposizione di Intesa San Paolo 5 miliardi di euro affinché decidesse di acquistare, al prezzo simbolico di un euro, la parte sana delle due ex popolari venete mentre de facto lo Stato si è accollato la «bad bank» con i crediti deteriorati delle due banche. Se i due istituti fossero stati lasciati al loro destino certamente sarebbe stato un duro colpo per l'economia regionale, ma non è vero che tutti i risparmiatori avrebbero perso i loro soldi. Il meccanismo del bail-in, infatti, prevede che a pagare in caso di fallimento siano gli azionisti e obbligazionisti non garantiti insieme ai correntisti che hanno depositato somme superiori ai 100mila euro. I conti correnti inferiori ai 100mila euro sarebbero comunque stati garantiti. La stessa norma del bail-in si sarebbe applicata naturalmente anche al caso delle quattro banche risolte. Quindi la dichiarazione di Renzi è fuorviante e non del tutto veritiera.