29 marzo 2024
Aggiornato 08:00
Previdenza

Pensioni, Boeri: «Lo stop all'adeguamento è pericolosissimo e costerà 141 miliardi»

Il presidente dell'Inps, Tito Boeri, torna a far sentire la sua voce e questa volta punta il dito contro l'idea di congelare a 67 anni l'età della pensione dopo la previsione della Ragioneria generale dello Stato

Il presidente dell'Inps, Tito Boeri, interviene nel dibattito sull'adeguamento dell'età pensionabile.
Il presidente dell'Inps, Tito Boeri, interviene nel dibattito sull'adeguamento dell'età pensionabile. Foto: ANSA/MATTEO BAZZI ANSA

ROMA - Tito Boeri torna alla carica. E questa volta punta il dito contro l'idea bipartisan di congelare a 67 anni l'età della pensione. Per il presidente dell'Inps «è pericolossimo toccare il meccanismo» dell'adeguamento delle pensioni alle aspettative di vita, «perché può avere sia effetti in avanti che all'indietro». Per Boeri «se uno percepisce la pensione più a lungo perché si vive più a lungo", è giusto anche che contribuisca «più a lungo al sistema, altrimenti il sistema non riesce a reggere». Il costo per lo Stato sarebbe di 141 miliardi di euro. Una cifra monstre insostenibile per le casse del Belpaese. Il numero uno dell'Inps è intervenuto al Gr Rai sul tema delle pensioni dopo l'intervento a gamba tesa della Ragioneria generale dello Stato, che ha lanciato proprio l'allarme sulle nuove previsioni. Boeri ha quindi rilanciato il messaggio della Rgs spiegando i rischi che corre lo Stivale.

Il monito di Tito Boeri ai politici
«Le generazioni che hanno già vissuto questo adeguamento, per esempio con l'aumento dell'età pensionabile di quattro mesi nel 2016, o prima ancora, di tre mesi nel 2013, direbbero: ma perché noi abbiamo dovuto pagare? - prosegue Boeri - E poi, guardando ancora più in avanti, avremmo un ulteriore aggravio di spesa pensionistica che noi stimiano in 141 miliardi di euro». Inoltre le pensioni sarebbero più basse, quindi questo stop all'aumento progressivo dell'età pensionabile «non è neanche nell'interesse dei lavoratori più deboli»; perché se possono andare in pensione prima, «sappiamo che saranno i datori di lavoro stessi a spingerli a ritirarsi prima, e a quel punto uscirebbero con delle pensioni più basse, perché col sistema contributivo più si lavora, più i trattamenti aumentano».

La previsione della Ragioneria generale dello Stato
La Ragioneria generale dello Stato ha rilevato che interventi legislativi diretti non tanto a sopprimere esplicitamente gli adeguamenti automatici previsti dalla normativa vigente, ma a limitarli, differirli o dilazionarli, determinerebbero comunque «un sostanziale indebolimento della complessiva strumentazione del sistema pensionistico italiano volta a contrastare gli effetti dell'invecchiamento della popolazione», in quanto verrebbe messa in discussione l'automaticità e l'endogeneità degli adeguamenti stessi, per ritornare nella sfera della discrezionalità politica con conseguente peggioramento della valutazione del rischio Paese. La ragioneria spiega che l'Italia è interessata da «un processo di invecchiamento della popolazione tra i più accentuati in Europa e nei Paesi sviluppati». Al fine di contenere l'impatto dell'allungamento della vita media sulla «sostenibilità del sistema pensionistico e, conseguentemente, delle finanze pubbliche», l'Italia ha istituito con revisione triennale un «importante automatismo volto a preservare le condizioni di equilibrio finanziario del sistema pensionistico».