I miliardi di Standard & Poor's resteranno a Standard & Pooor's (anche grazie a Padoan?)
Gli analisti e i manager delle due agenzie di rating, Standard&Poor's e Fitch, sono stati assolti in primo grado con formula piena dal collegio dei giudici del Tribunale di Trani, ma il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, è il grande assente del processo
TRANI – Il processo agli analisti e ai manager delle agenzie internazionali di rating Standard&Poor's e Fitch, che si è svolto nel Tribunale di Trani, racconta una storia «tanto inquietante quanto scomoda». E, anche se gli imputati sono stati assolti in primo grado con formula piena dal collegio giudicante, presieduto da Giulia Pavese, circa un mese fa, molte domande restano senza risposta. Ed è facile indignarsi come è accaduto al Pubblico Ministero Michele Ruggiero, che ha dichiarato guerra nientepopodimenoché ai «supremi giudici dei mercati». Soprattutto perché il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, ha deciso di non costituirsi per il momento parte civile del processo. E il suo silenzio sulla vicenda è quantomai assordante.
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Davide contro Golia
Davide contro Golia. E' questa l'immagine che, inevitabilmente, per prima prende forma nella nostra testa se pensiamo al Pubblico Ministero del Tribunale di Trani, Michele Ruggiero, che decide di sfidare i «supremi giudici dei mercati»: le agenzie di rating. E non possiamo che tifare per questo magistrato italiano che per una «questione di dignità nazionale» sta cercando di far luce su «una storia tanto inquietante quanto scomoda» che coinvolge i poteri forti della finanza globale. E' già passato più di un mese da quando il collegio dei giudici giudicanti in primo grado ha assolto con formula piena gli analisti e i manager di Standard&Poor's e respinto la tesi accusatoria del pm Ruggiero. Ma molte domande restano senza risposta.
Perché Padoan non si è costituito parte civile?
Soprattutto una. Perché il Ministero dell'Economia, finora assente al processo, non ha deciso di costituirsi parte civile visto che le due agenzie di rating hanno de facto arrecato danno alla Repubblica Italiana? Il ministro Pier Carlo Padaon, interrogato sulla questione, ha risposto che attende la pubblicazione delle motivazioni dei giudici. Ma per costituirsi parte civile questa attesa non era affatto necessaria e Padoan in questo modo sta facendo un bel regalo proprio a quelle agenzie di rating che avrebbero danneggiato l'Italia: perché nessun giudice potrà quindi pronunciarsi e gli italiani, nel caso Standard&Poor's fosse condannata, potrebbero perdere tanti, tanti soldi.
Cosa c'è in gioco per l'Italia
Standard&Poor's, infatti, dovrebbe in tal caso liquidare svariati miliardi di euro di danni allo Stato italiano. E questi soldi potrebbero venire utilizzati dal Governo per riequilibrare i conti pubblici, evitare l'aumento dell'IVA o ridurre il cuneo fiscale. A vantaggio di tutti i cittadini. Ma, come se questo non bastasse, c'è in gioco molto di più. Come scrive nella sua requisitoria il pm Ruggiero abbiamo assistito a «un attacco grave e senza precedenti condotto contro l'immagine e il prestigio del nostro Paese dall'agenzia di rating americana Standard & Poor's». E in gioco c'è anche la «dignità» dello Stivale. Secondo Ruggiero, proprio S&P, nel secondo semestre del 2011, «decretando e divulgando una serie di ingiustificate valutazioni al ribasso» innescava sui mercati finanziari internazionali «fortissime tensioni sul debito sovrano che facevano vacillare pericolosamente il sistema economico-finanziario del nostro Paese».
La denuncia della CONSOB caduta nel vuoto
Così facendo contribuiva «ad alimentare una feroce speculazione internazionale che di fatto sovvertiva gli equilibri politici e le dinamiche democratiche di uno Stato sovrano quale la nostra Repubblica». Ruggiero sottolinea altresì che lo Stato Italiano - cioè proprio la parte lesa del processo -, rappresentato nella persona di Pier Carlo Padoan «ha scelto di restare 'tecnicamente' assente, non costituendosi parte civile» e questo nonostante il fatto che la stessa CONOSOB abbia tentato all'epoca di «reagire a quella raffica di bocciature facendo aperta denunzia ad organismi sovranazionali di un'ipotesi di manipolazione di mercato «informativa» in danno del nostro Paese». La denuncia in questione, però, cadde nel vuoto, come la richiesta di assistenza internazionale diretta dalla stessa CONSOB alla sua omologa inglese, la britannica Financial Services Authority (F.S.A.), ma «evasa solo parzialmente».
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