19 aprile 2024
Aggiornato 04:30
BES

Def 2017, perché gli indicatori BES introdotti dal governo Gentiloni sono «assolutamente insufficienti»

Nel Def 2017 sono stati introdotti per la prima volta nella storia dello Stivale gli indicatori BES. Ma solo 4 sui circa 130 utili indicatori individuati dall'Istat e dal CNEL

Il premier, Paolo Gentiloni.
Il premier, Paolo Gentiloni. Foto: Giuseppe Lami ANSA

ROMA – Nel Def 2017 sono stati inseriti per la prima volta gli indicatori BES, nati dall'iniziativa congiunta di CNEL e ISTAT allo scopo di integrare il Pil per misurare la crescita sociale ed economica di un paese. Le misure del benessere equo e sostenibile sono state introdotte nel Bilancio dello Stato italiano solo con la Legge di Bilancio del 28 luglio 2016. E' un importante passo avanti che permetterà ai governi presenti e futuri di avere una maggiore consapevolezza dei punti di forza e di debolezza dell'economia e della società italiana e delle conseguenze delle politiche governative di volta in volta adottate. Ma si poteva fare (molto) di più.

Una scelta positiva, ma insufficiente
L'introduzione degli indicatori Bes (benessere equo e sostenibile) nel Documento di economia e finanza è senz'altro una «scelta positiva", ma quando si va a vedere quali indicatori sono stati presi a riferimento per misurare la crescita economica e sociale dello Stivale si rimane «sorpresi e delusi». E' quanto hanno affermato i rappresentanti di Sbilanciamoci in audizione sul Def davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato. Sbilanciamoci fa notare che «si scelgono solo 4 sui circa 130 indicatori individuati dall'Istat» e pur essendo «consapevoli» che la loro introduzione richiede un «processo complesso» il «nostro parere è che siano assolutamente insufficienti».

Tanti i BES mancanti
«Vi sono alcuni indicatori Bes che potrebbero essere usati già da oggi per poter offrire un monitoraggio più accurato», come ad esempio «il monitoraggio dei livelli d'istruzione, il livello di cementificazione del territorio, la spesa in ricerca e sviluppo, nonché l'accessibilità dei servizi sociali", proseguono i rappresentanti di Sbilanciamoci. Inoltre, per quanto riguarda la «stima dell'impatto delle politiche previste» il monitoraggio effettuato dal ministero dell'Economia non è sufficiente: «una terzietà è indispensabile», hanno sottolineato. Per quanto riguarda poi le previsioni, Sbilanciamoci boccia la scelta di «continuità con i governi precedenti».

«Manca il coraggio di invertire davvero la rotta»
E nel capitolo che si riferisce all'Europa da un lato si dice che si vuole sbilanciare le politiche a favore della crescita e dell'occupazione, ma dall'altro si accetta la regola che ha prodotto i maggiori danni (l'austerità e la parità di bilancio). «Manca quindi il coraggio di invertire davvero le scelte economiche adottate fino a oggi». Si auspica il rilancio degli investimenti dove però la centralità viene assegnata «all'intervento privato» e restano «ricette principali quelle delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni». L'ipotesi infine di prevedere un aumento dell'Iva in cambio dell'abbassamento del cuneo fiscale è una «scelta che andrebbe ancora a vantaggio delle imprese» e non dei lavoratori. Per Sbilanciamoci, secondo cui le risorse per il Rei, il reddito di cittadinanza, sono assolutamente «insufficienti», è inoltre «ineludibile» introdurre «una misura di sostegno al reddito che sia universale».