25 marzo 2025
Aggiornato 09:00
Legge di Bilancio 2017

Gentiloni e quella «norma acchiappa-ricchi» che proprio non ci va giù

Nella Legge di Bilancio 2017 è stata inserita la norma acchiappa-ricchi, ma potrebbe essere incostituzionale. Inoltre è ingiusta da un punto di vista sociale e può rivelarsi un boomerang per l'economia nazionale e la fiscalità comunitaria

Il premier, Paolo Gentiloni.
Il premier, Paolo Gentiloni. Foto: Giuseppe Lami ANSA

ROMA – Nella Legge di Bilancio 2017, che il Parlamento italiano ha approvato lo scorso 7 dicembre, è stata inserita la cosiddetta «norma acchiappa-ricchi», in base alla quale i super Paperoni stranieri potranno pagare un'imposta sostitutiva forfettaria sui redditi prodotti all'estero qualora decidessero di trasferire i loro capitali nel Belpaese. Se da un lato è fin troppo evidente la ratio che ha mosso la mano del legislatore – cioè la necessità di far affluire denaro contante nelle casse dello Stato italiano -, dall'altro alcune importanti criticità della nuova normativa non sono state sufficientemente considerate. E rischiano di generare effetti perversi sull'economia nazionale e sulla società italiana.

Come funziona la «norma acchiappa-ricchi»
La «norma acchiappa-ricchi» consente alle persone fisiche che decidono di trasferire la residenza fiscale in Italia di optare per l’applicazione di una imposta sostitutiva forfettaria sui redditi prodotti all’estero. Si tratta di una ghiotta opportunità per i super Paperoni stranieri, perché l'imposta viene calcolata a prescindere dall'importo dei redditi percepiti e nella misura di 100.000 euro per ciascun periodo d'imposta. Il risparmio sulle tasse, per loro, è assicurato. E le uniche condizioni per usufruire di questo vantaggioso sconto fiscale sono il pagamento dell'imposta in un'unica soluzione entro la data prevista per il versamento del saldo delle imposte sui redditi e il fatto di non essere stati residenti in Italia in almeno nove dei dieci periodi d’imposta che precedono l’inizio del periodo di validità dell’opzione.

Perché potrebbe essere «incostituzionale»
Lo scopo «dell'acchiappa-ricchi» è evidentemente quello di far affluire freschi capitali stranieri nelle casse dissestate del Belpaese, ma questa nuova norma dall'intento lodevole presenta svariate criticità nient'affatto trascurabili. Innanzitutto, come sottolinea Moreno Stambazzi su Sbilanciamoci.info, rischia di essere dichiarata incostituzionale, perché la nostra Carta sancisce all'art. 53 comma 2 il «criterio di progressività» che il sistema tributario italiano deve rispettare: «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva». La nuova norma, invece, va invece proprio nella direzione opposta perché favorisce i super ricchi a discapito dei più poveri, garantendo – ad esempio – un'aliquota esigua (pari all'1% del reddito) a chi detiene un patrimonio milionario (da 10 milioni di euro). Laddove l'Irpef pagata in Italia da un operaio metalmeccanico è pari al 23%.

Una legge «ingiusta» per la collettività
E proprio in ragione di questa presunta incostituzionalità, la norma «acchiappa-ricchi» pone serissimi problemi di equità sociale e fiscale. Perché i contribuenti italiani dovrebbero accettare questa disparità di trattamento? E' plausibile credere che alcuni cittadini possano essere disincentivati dal pagare regolarmente le tasse determinando così una nuova crescita dell'evasione fiscale in patria. Ma non finisce qui. Anche tralasciando il profilo di incostituzionalità e i problemi di (non) giustizia sociale, la nuova norma presenta criticità considerevoli sul piano dell'efficacia perché potrebbe generare effetti perversi. Innanzitutto, potrebbe scoraggiare gli investimenti in Italia: perché la vantaggiosa imposta forfettaria proposta ai Paperoni stranieri riguarda esclusivamente i redditi prodotti all'estero.

Gli effetti perversi sull'economia italiana
Non si applica, cioè, al frutto di investimenti realizzati nel Belpaese. E vale la pena sottolineare che l'economia nazionale ha soprattutto bisogno di investimenti per tornare a crescere, non delle briciole dei patrimoni altrui (che servono a fare cassa nel breve termine, magari in campagna elettorale, senza trovare soluzioni di lungo periodo ai problemi economici strutturali del nostro paese). Infine, ma la questione non è meno importante delle altre sopra esposte, la norma «acchiappa-ricchi» rischia di scatenare una corsa al ribasso fiscale tra i paesi comunitari. Se l'Italia sceglie di diventare un paradiso fiscale per gli stranieri allo scopo di drenare liquidità per cercare di far quadrare i conti pubblici, perché gli altri stati dell'Unione europea non dovrebbero fare altrettanto?

Una strategia di breve termine per fare cassa non basta
Il risultato sarebbe una guerra fiscale senza precedenti tra i paesi membri con effetti perversi allarmanti per i contribuenti comunitari e la fiscalità generale. Possiamo quindi concludere che la norma «acchiappa-ricchi» non è una buona idea. Presenta il rischio di incostituzionalità, è ingiusta dal punto di vista sociale, la sua efficacia è incerta perché potrebbe generare effetti perversi sull'economia nazionale scoraggiando gli investimenti stranieri e scatenare una guerra fiscale tra i paesi comunitari. Invece di ricorrere a strategie di breve termine per fare cassa (come la rediviva voluntary disclosure-condono del governo Renzi) sarebbe auspicabile che l'Esecutivo partorisse norme più lungimiranti al fine di coadiuvare davvero la ripresa economica di un paese che è ancora duramente provato dalla crisi.