20 gennaio 2025
Aggiornato 08:30
Renzi promette le riforme, ma ne ignora i costi sociali

Dopo gli esodati, la «flessibilità in uscita»: cosa c'é dietro le promesse del governo

L'esecutivo, con la nobile giustificazione di promuovere politiche economiche per favorire il ricambio generazionale nei luoghi di lavoro, fa campagna elettorale sulle spalle delle generazioni future e scarica sull'Inps ogni genere di costi impropri

ROMA - La scorsa settimana è arrivata, come un uragano, la notizia dell'altolà del Ministero dell'Economia alla settima salvaguardia per gli esodati. Le reazioni del mondo politico non si sono fatte attendere, e ieri l'occupazione del Mef ha visto per la prima volta andare a braccetto la Lega Nord e i sindacati, con un inedito Matteo Salvini perfettamente a suo agio tra le bandiere rosse. Venti di tempesta si preparano all'orizzonte sia per il governo Renzi che per gli sciagurati pensionati.

La rabbia degli esodati
Secondo quanto ha reso noto il Ministero dell'Economia, le risorse non ancora utilizzate sono tornate interamente nelle casse dello Stato e non possono più essere utilizzate per venire incontro alle esigenze del popolo infelice degli «esodati». Un annuncio che scatenato uno tsunami nel mondo politico, tanto che perfino il presidente dem della Commissione Lavoro, Cesare Damiano, ha subito sostenuto di essere in totale disaccordo con la scelta del governo. Dopo il tentativo di occupazione del ministero da parte dei sindacati e del Carroccio, e delle proteste in Parlamento da parte della Lega, l'esecutivo sembra però disposto a tornare sui suoi passi e – sebbene non ci sia ancora un preciso orientamento in tal senso – il sottosegretario all'Economia Pier Paolo Baretta ha annunciato un nuovo incontro con i sindacati entro i prossimi 15 giorni. Sul caso esodati «c'è l'impegno» del governo, ha dichiarato. Ma le promesse di Matteo Renzi lasciano tutti col fiato sospeso, e anche per quanto riguarda un'altra faccenda potrebbero lasciarci con l'amaro in bocca.

È la volta della «flessibilità in uscita»?
Da mesi il presidente del Consiglio giura e spergiura di voler superare la rigidità della legge Fornero con una formula matematica dai contorni indefiniti, ripetendo qua e là le tre parole magiche del momento: «flessibilità in uscita», pronte a entrare a pieno diritto nella prossima legge di Stabilità. Come sostiene Marcello Esposito su lavoce.info, le proposte in campo sono diverse, ma la più papabile è quella Baretta-Damiano che prevede una penalizzazione dell'assegno pensionistico dell'1-2% per ogni anno di anticipo rispetto all'età del pensionamento. Peccato però che si tratti di una proposta estremamente «generosa», che secondo il presidente dell'Inps, Tito Boeri, costerebbe alle casse dello Stato circa 8-10 miliardi di euro. Secondo i calcoli di Esposito, in realtà la penalizzazione per chi sceglie l'esodo anticipato dovrebbe essere molto più consistente per coprire questi costi: circa il 4-6% per ogni anno di anticipo.

C'è bisogno di riforme, non di propaganda
Vien da chiedersi su quali spalle graveranno questi costi malcelati dal governo. Se all’Inps venisse lasciata la facoltà di ricalcolare gli assegni pensionistici con il metodo contributivo, la flessibilità in uscita sarebbe non solo legittima nel rispetto della libertà di scelta di ogni lavoratore, ma non intaccherebbe neppure i delicati equilibri del sistema previdenziale. Il problema è che rimettere in discussione l’età della pensione alle condizioni paventate dal governo scopre il fianco a soluzioni particolarmente generose per i «pensionandi», ma è una coperta troppo corta. L'esecutivo, con la nobile giustificazione di promuovere politiche economiche per favorire il ricambio generazionale nei luoghi di lavoro, fa campagna elettorale sulle spalle delle generazioni future – soprattutto a discapito delle loro (le avranno?) pensioni – e corre il rischio di scaricare sull'Inps ancora una volta ogni genere di costi impropri. Anche in passato, infatti, le imprese hanno usato i prepensionamenti per favorire le ristrutturazioni interne all'azienda scaricandone però il costo sulla collettività, sotto forma di forti aumenti della spesa pensionistica. L'unico modo per realizzare davvero la flessibilità in uscita senza ricadere negli errori del passato è quella di calcolare la riduzione del beneficio previdenziale per ogni anno di pensionamento anticipato in maniera corretta. Senza fare altre promesse da marinai.