Crisi Grecia, verso l'accordo tra Tsipras e Juncker
L'intesa tra Atene e Bruxelles è a un passo. Ma sarà davvero la fine dei problemi dell'Ue? La crisi greca è solo il sintono, non la malattia dell'Eurozona. Ecco qual è la vera minaccia da temere.
ROMA – Mercoledì sera, a Bruxelles, Alexis Tsipras ha incontrato il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, e il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem. Prima dell’incontro, il premier greco aveva avuto una lunga conversazione con Angela Merkel e Francois Hollande.
L’accordo tra Atene e Bruxelles è vicino
All’una e mezza della scorsa notte, la Commissione ha divulgato un comunicato per dichiarare che la riunione tra Tsipras, Juncker e Dijsselbloem è stata «buona» e «costruttiva». La volontà di tutti è quella di firmare un’intesa entro domani, in modo da scongiurare il rischio del default, perché la Grecia deve versare al Fondo Monetario Internazionale 300 milioni di euro nelle prossime ventiquattr’ore. Proprio sul surplus – uno dei punti chiave dell’accordo -, le parti sarebbero vicine a un compromesso: i creditori sono disposti ad accettare un avanzo primario dell’1% per il 2015, del 2% per il 2016, del 3% per il 2017 e del 3,5% per il 2018; mentre i greci avevano proposto lo 0,8% per quest’anno e l’1,5% per il 2016. Rispetto all’accordo firmato dal governo precedente (che prevedeva il 3% per il 2015 e il 4,5% per il 2016) si tratta di un importante passo avanti nelle trattative, che probabilmente si concluderanno domani.
Dietro la crisi greca, le disuguaglianze che minacciano l’Europa
L’accordo tra Atene e Bruxelles, però, se pure dovesse firmarsi entro quest'oggi non rappresenterebbe comunque per l’Ue il lieto fine di una favola. La crisi greca è solo il sintomo della malattia dell’Eurozona, non la causa. I problemi sono altrove, non solo nelle casse dello stato greco, ormai vuote, all’ombra del Partenone. A minacciare le fondamenta dell’Europa sono soprattutto le disuguaglianze tra i vari paesi membri dell’Ue. Gli squilibri macroeconomici che si autoalimentano da anni hanno portato alla divisione tra i paesi continentali dell’Europa e quelli meridionali, e a un antagonismo geopolitico che caratterizza le due «velocità» della zona euro. E’ in corso una vera e propria balcanizzazione tra un centro economicamente forte – che ruota intorno alla «locomotiva» tedesca – e una periferia – formata da tutti i paesi mediterranei – con i conti pubblici in caduta libera. E se prima questa era l’opinione di pochi, oggi è un dato empirico diffuso anche dal recente rapporto pubblicato dalla Fondazione Eurofound (Recent developments in the distribution of wages in Europe, 2015).
Anche la locomotiva tedesca ha bisogno del Partenone
Come riporta il sito sbilanciamoci.info nell'articolo di Dario Guarascio, lo scenario descritto nel rapporto è quello di una tendenza crescente della dinamica delle diseguaglianze economiche tra i paesi europei. Questo, secondo le elaborazioni in questione, sarebbe un fenomeno globale e inarrestabile, il cui legame con gli squilibri che hanno portato alla degenerazione della crisi greca è ormai accettato dagli economisti. Nel periodo che va dal 2008 al 2014 le disuguaglianze, che tengono conto della distribuzione del reddito, dei salari e dei profitti, sono aumentate moltissimo tra i paesi membri, e oggi ci troviamo dinnanzi a un’Europa diseguale e sempre meno ospitale per coloro che si trovano nella fascia più bassa della distribuzione del reddito. Se si associa a questo elemento la contrapposizione politico-economica tra i paesi del centro e quelli della periferia dell’Ue, è evidente che a mettere in discussione la tenuta dell’Eurozona non sia solo la crisi greca, ma piuttosto l’assenza di una vera governance europea dotata di una visione prospettica di lungo periodo. L’Europa è in crisi perché l’Europa, semplicemente, non c’é. Ma c’è un fattore importante da considerare: l’interdipendenza economica che ormai lega indissolubilmente tutti i paesi europei. La variabile vincente della bilancia commerciale tedesca è quella dell’export: se le disuguaglianze tra il centro e la periferia dell’Eurozona dovessero continuare a degenerare, la crisi colpirebbe duramente anche l’economia della Germania, che dipende in gran parte dal mercato comunitario, perché gli altri paesi smetterebbero di importare i prodotti tedeschi. Nessuno, come ricorda la Mazzantini, si salva da solo.
- 21/08/2018 Quando D'Alema disse: «Gli aiuti alla Grecia sono andati alle banche tedesche, la Germania si è arricchita sulla miseria della Grecia»
- 26/07/2018 L'ipocrisia dell'Europa che offre aiuti alla Grecia dopo averla saccheggiata
- 04/07/2018 Al mercato degli esseri umani: Tsipras prende i migranti tedeschi se la Merkel gli taglia il debito
- 22/06/2018 La Grecia distrutta festeggia la fine del «saccheggio» da parte della Troika: ma tanto poi si riparte