Stoner: «Tornare a correre? Sono competitivo...»
Casey si confessa a cuore aperto dopo il suo ritorno alla Ducati e in sella a una MotoGP: «Sono sorpreso di essere andato così forte e voglio aiutare il team. Ma per ora non ci sono piani di rientro alle gare».
ROMA – Casey Stoner è tornato. È tornato in pista su una MotoGP dopo un anno di assenza, è tornato al team Ducati con cui vinse il suo primo titolo mondiale, è tornato ad andare velocissimo. Tanto da ridare forza alle indiscrezioni che darebbero per imminente un suo rientro anche alle gare. Lo stesso direttore generale della rossa di Borgo Panigale, Gigi Dall'Igna, non ha potuto fare a meno di ammettere che «se lui me lo chiedesse non potrei dirgli di no». Ma lui ci pensa davvero? «La gente parla troppo – ribatte lui ai microfoni della Gazzetta dello Sport – E dice questo perché sono competitivo. Ma non mi sono ritirato perché non lo ero più. Magari non duro più di 5-6 giri perché non sono allenato – ride sgranchendosi la schiena – Non ci sono piani di correre». Fatto sta che il Canguro, nei suoi tre giorni di prove in scontro diretto con i big della MotoGP a Sepang è andato forte, molto forte: «Sono sorpreso, tantissimo – ha confessato – Non solo per la moto, ma per come tutto il team lavora. Bello vedere che tutti inseguono lo stesso obiettivo, senza conflitti di interessi. E io mi diverto a provare più cose possibili. Il lavoro qui è stato buono perché abbiamo comparato i dati di Dovizioso e Iannone con i miei in tempo reale. Ci permette di andare nella stessa direzione. Lavorare così, senza negatività, è rinfrescante».
Divorzio burrascoso
Un'atmosfera molto diversa da quella che respirava alla Honda fino all'anno scorso: «I miei test non sembravano funzionare troppo, non usavano la mia capacità e io non ero lì per prendere un po' di soldi, fare qualche giro e basta. Volevo essere coinvolto e quando c'erano problemi volevo aiutare. Ma in Honda c'era chi non voleva questo. Come se pensassero che volessi tornare a correre e creare problemi...». E questo qualcuno misterioso che gli remava contro ha un nome e un cognome: il team principal Livio Suppo. «Livio sembra capire sempre la mentalità di tutti i piloti, sa quello di cui hanno bisogno o che vogliono – attacca Stoner – Questo è quel che crede. Ma lui non mi ha mai capito, perché non mi ha mai ascoltato. Mi avesse ascoltato e creduto, tutto sarebbe stato facile. Invece lui pensa sempre che io cerchi chissà che, mentre l'unica cosa che volevo era aiutare. Non mi serve correre per trovare la passione, posso divertirmi con le mie moto lontano da qui. Sono semplicemente uno che sa quel che vuole e questa è la grande differenza rispetto ad altre persone. Ci sono piloti qui che cercano la gloria, vogliono vincere Mondiali o inseguono i soldi. Io sono forse davvero il primo che fa quello che vuole».
Cuore rosso
Oggi, invece, il feeling in Ducati è di nuovo quello dei tempi migliori. Un amore ritrovato: «Io non avrei mai voluto andarmene da qui, la Ducati è dove mi ero immaginato di restare per sempre e finire la carriera. Poi le cose sono andate in un certo modo, ma non è stata una separazione tesa, con la maggior parte del team ho sempre avuto un ottimo rapporto. Vederli fare così fatica in questi anni è stato triste».