20 aprile 2024
Aggiornato 15:30
Emergenza coronavirus

Carlo Calenda: «Fase 2? Siamo in ritardo patologico»

Il leader di Azione: «C'è un bordello gestionale mai visto, Conte doveva centralizzare. MES? Discussione surreale. Serve un governo di unità nazionale»

Carlo Calenda, leader di Azione
Carlo Calenda, leader di Azione Foto: ANSA

ROMA - Sulla fase 2, il leader di Azione Carlo Calenda avverte che «siamo in un ritardo patologico. A Colao non andava affidato un comitato consultivo ma una task force, con responsabilità di mettere in atto tutte le cose che servono per riaprire in sicurezza. È un po' la storia di questo governo, finché dice 'tutti a casa funziona', quando deve fare arrivare le garanzie, la cassa integrazione e i 600 euro è un disastro. Così non si può andare avanti perché l'azione dello Stato sarà centrale in tutta la ricostruzione post-crisi».

Intervistato a Circo Massimo su Radio Capital, Calenda spiega: «Se siamo l'unico paese del mondo in cui i sussidi non arrivano in 48 ore, le garanzie non vengono erogate in 24 ore, la cassa integrazione non arriva dopo dieci giorni, non può essere una maledizione. Siamo disattenti alla gestione, nessuno al governo ha mai gestito un bar. Quando è stata emanata la cassa integrazione, ho chiamato Gualtieri e gli ho detto che la cassa integrazione in deroga è un inferno perché ha una triangolazione con le regioni. O si mette l'anticipazione bancaria come nel 2008 o non si riuscirà a dare i soldi. Sui 600 euro ho consigliato di fare un'autocertificazione in cui si flaggano dei campi, si fa il bonifico e poi si verifica ex post se si aveva diritto o meno al bonus, sennò è impossibile governare 5 milioni di pratiche. Sulla liquidità bancaria, invece di mettere in mezzo Sace e il Fondo centrale di garanzia bastava dare una riassicurazione al sistema bancario, dicendo erogate a queste condizioni. Perché fare fare doppia istruttoria? Perché nessuno mette la testa sui processi, è il problema da sempre dell'Italia».

Riguardo le polemiche sulla riapertura su base regionale o nazionale, Calenda si dice d'accordo con il professor Galli. «Come si fa a riaprire dove c'è una situazione di emergenza finanziaria nello stesso modo in cui riapriresti in un posto dove c'è stata una decina di contagi? La retorica di Conte supera sempre la capacità di ragionare. Lui dice ne usciremo migliori, saremo più buoni, ma non è il suo lavoro. Il suo lavoro è far sì che noi possiamo riaprire in sicurezza, senza penalizzare quelle aree che possono riaprire più velocemente. Troppi livelli decisionali? Bordello gestionale mai visto, Conte non ha seguito il consiglio di Cassese di centralizzare tutto perché vuole prendersi meno responsabilità possibili. Inevitabilmente è iniziato un conflitto con le regioni, che sarà devastante anche nella riapertura. Ci sta gente che a vario titolo parla continuamente, anche Arcuri non deve dire quando si riapre. Manca il manico».

Ieri da Conte il solito tentennamento

Il discorso di Giuseppe Conte ieri in Parlamento non ha soddisfatto Carlo Calenda. Il leader di Azione ha detto: «Il solito tentennamento, che senso ha a dire che usare il Mes significa fare un favore agli spagnoli? Oggi c'è una sola soluzione: se l'Europa fa direttamente un Piano Marshall concedendo garanzie uguali a tutte le imprese europee e sussidi di disoccupazione uguali, parametrati al reddito medio, in tutta Europa. Se lo facesse attraverso l'emissione di Eurobond, impedirebbe agli stati di indebitarsi. In più oggi la Germania sta mettendo molto più soldi di noi e quindi uscirà molto più forte e l'Europa molto più spaccata e il mercato interno sarà frammentato».

«Questo è il problema esistenziale dell'Unione Europea. Come ha detto il capo dei liberali europei, Ursula von der Leyen dovrebbe andare in Consiglio e dire che ha bisogno di 1500 miliardi per intervenire direttamente nella crisi, un bilancio raddoppiato e uno spazio fiscale per la web tax. Invece la presidente è più interessata a non urtare l'opinione pubblica tedesca conservatrice che a fare il suo lavoro».

Serve un governo di unità nazionale

«Abbiamo davanti un baratro come 1945, a quei tempi c'erano solchi ideologici molto più profondi però hanno capito che bisognava stare insieme per un periodo. Ora invece vediamo un gioco adolescenziale, non solo del governo ma soprattutto delle opposizioni. Credo - spiega - che non va fatto cadere il governo Conte, durante un'epidemia sarebbe una follia. Penso che bisogna sedersi al tavolo con le opposizioni e vedere su cosa c'è convergenza, perché ci sarà un momento in cui le decisioni che dovremo prendere saranno talmente capitali per il futuro dell'Italia che se un pezzo di paese potrà essere aizzato dalle opposizioni noi avremo un paese destabilizzato Deve finire l'ora di ricreazione e in questo sarebbe importante un messaggio del presidente Mattarella. Bisogna verificare se c'è la possibilità di un governo di unità nazionale, con i migliori amministratori dei migliori partiti».

Più difficile trovare una maggioranza che possa sostenere l'ipotetico governo di salute pubblica: «Il M5s ha detto no al Mes e sì al Recovery Fund ma poi ha votato contro il Recovery Fund che è quello che cerca di ottenere Conte. Sono genericamente inadeguati, l'80% della rappresentanza politica non ha mai gestito nulla, ma purtroppo piace agli italiani. Salvini e Meloni non avrebbero nessuna capacità di governare, stanno cercando di estrarne il massimo del vantaggio elettorale, non capendo che non si andrà comunque a elezioni. Dovranno decidere se continuare a stare alla finestra o no. Penso che bisogna ingaggiarli, perché questo governo così non riesce ad andare avanti». Sulla possibile guida di un governo di unità nazionale Calenda auspica una persona «che abbia un'esperienza da amministratore, i governatori delle Regioni sono bravi. Se in un governo ci fossero dentro Bonaccini e Zaia io mi sentirei più tranquillo. Il premier potrebbe farlo Sala o Draghi, se volesse farlo, ma credo non ne abbia la più vaga intenzione».

MES? Discussione surreale

«La discussione sul Mes è abbastanza surreale. Ad oggi noi sappiamo che non avrà condizionalità in accesso grazie a una dichiarazione dell'Eurogruppo. Vedremo i documenti, se non ci saranno condizionalità neanche durante la vita dello strumento, lo useremo. Se ci saranno condizionalità, valuteremo ed eventualmente non lo useremo. Perché dobbiamo discutere del nulla?».

«Il prestito - spiega - è regolato da un contratto, che spiegherà nel dettaglio la vita e la governance dello strumento. Non facciamone una discussione tutta ideologica, il paese così non si salva. Entro fine anno ci serviranno 180 miliardi di euro. Questo paese non ha entrate fiscali, perde tra il 10 e il 15% Pil, al Sud ci sono persone che non stanno ricevendo niente, tra un mese ci saranno le aziende che chiudono, è il più grosso disastro dal 1945 e noi stiamo discutendo di prendere 4-5 miliardi di euro dal Mes. Teniamo gli occhi sulla palla».