1 maggio 2024
Aggiornato 23:30
L'intervista

Salerno Aletta: «Ai cittadini americani non interessa nulla della guerra in Ucraina»

Guido Salerno Aletta, editoralista e già vicesegretario generale di Palazzo Chigi, espone al DiariodelWeb.it gli scenari economici che ci attendono nel prossimo futuro

Il Presidente americano, Joe Biden
Il Presidente americano, Joe Biden Foto: Drew Angerer ANSA

Ai cambiamenti geopolitici che sta portando con sé la guerra in Ucraina rischiano di far seguito anche altrettanto devastanti cambiamenti economici. Una transizione verso un nuovo modello di sviluppo che si prospetta decisiva e traumatica e che sono in pochi, al momento, a riuscire a prevedere. Il DiariodelWeb.it ha interpellato Guido Salerno Aletta, consulente strategico, editorialista di Milano Finanza e di Teleborsa, già, tra gli altri incarichi, vicesegretario generale della presidenza del Consiglio.

Dottor Guido Salerno Aletta, con la crisi energetica che incombe, quale futuro attende la nostra economia?
Non sono in grado di dire che cosa succederà, credo che nessuno sia in grado di farlo. Non si possono fare previsioni, ma ipotizzare scenari.

Prego.
Tutto dipende da come si evolverà la situazione in Ucraina. Lo scenario peggiore è quello di un intervento della Polonia con le proprie truppe a fianco di Kiev. Questa è una possibilità che io non escludo.

E sul piano economico?
Potremmo andare incontro anche ad una crisi più ravvicinata, nelle prossime settimane. Questo dipenderà molto da ciò che accadrà negli Stati Uniti. Dove c'è una divergenza forte tra gli andamenti di borsa, che sono scesi fortemente dall'inizio dell'anno, e quelli dell'economia.

Questo che cosa significa?
Gli azionisti non si possono ritrovare con una recessione, avendo in mano tanti titoli. C'è chi li ha comprati indebitandosi, come hanno fatto le aziende, acquistando azioni proprie. Lo hanno fatto quando il denaro costava zero: oggi costa caro e quindi, per restituirlo, devono cominciare a vendere le azioni che sono sottostanti. Ci sono tanti aspetti da considerare e il punto di riferimento, secondo me, saranno le elezioni di midterm del prossimo novembre.

L'esito delle elezioni potrebbe cambiare anche la strategia militare degli Usa?
Agli Stati Uniti non è mai fregato niente delle guerre combattute negli altri scacchieri. E a maggior ragione stavolta non ne vogliono sentir parlare. Si sono appena ritirati dall'Afghanistan... Il popolo si chiede: non abbiamo soldi per noi e li diamo all'Ucraina?

Quindi Biden rischia grosso.
Ma certo. Ha ripreso da dove aveva lasciato quando era vicepresidente di Obama, quando ci furono i moti in Ucraina. La sua strategia non è cambiata per nulla, ha ripreso la stessa posizione.

E quanto alla situazione europea?
In Europa diversi Paesi sono in difficoltà e stanno cercando di tenere in piedi i propri governi: la Francia, la Gran Bretagna... È come se in questi ultimi due anni si fossero dimenticati tutti i problemi interni ed esterni, per parlare solo di questioni relativamente importanti come la transizione energetica e il Pnrr. Il Covid ha portato con sé un desiderio di ripartire, poi è intervenuta la guerra, quindi la necessità non di ridurre le risorse, bensì di aumentarle. Sono stati presi tutti alla sprovvista.

Perché ritiene che la transizione energetica sia un tema di importanza relativa?
Pensiamo all'auto elettrica. Una volta la prima automobile che compravano i giovani era la Fiat Punto da 10 mila euro. Sulle macchine piccole, ormai, il margine era pressoché zero. Non si guadagnava più sulla parte industriale, ma solo su quella finanziaria. E alla finanza tenere in piedi un settore nel quale non c'era marginalità non stava più bene.

Quindi?
Hanno detto: cambiamo completamente le regole, togliamo dall'automobile tutte le componenti meccaniche tradizionali, facciamo degli investimenti nuovi. Si ricomincia da capo. Con questa logica la finanza pensa di guadagnare.

Ancora una volta, è la grande finanza a tirare le fila.
Dove li deve mettere i soldi? Le case sono state costruite, le fabbriche ci sono. Si sono inventati i derivati, che sono andati anch'essi in crisi. E ora hanno deciso di cambiare paradigma industriale su cui investire, come fanno ogni vent'anni.

Non ci avevano già provato con la digitalizzazione?
Sì, peccato che con Internet perdono tutti. Ha liquefatto i settori della musica, del cinema, della stampa. Il paradosso della Rete è che crea un valore sociale immenso, ma soldi non ne girano. Se tutti accedono a tutti i contenuti, ma nessuno paga, il modello non regge. Una volta, per scrivere una lettera, bisognava comprare un foglio di carta, una penna, una busta, un francobollo. Era un fatturato. Oggi, una volta che si ha un dispositivo e un abbonamento ad Internet, si può mandare tutte le email che si vuole senza spendere nulla.

Quindi, scoppiata la bolla del web, è partita quella green?
Esatto. Si comprano e si vendono le tonnellate di CO2, i certificati verdi... Si deve rendere conto che questi non sanno più come fare i soldi. Non essendoci un mercato sottostante, se lo devono inventare.

Ma dove si può arrivare con questo modello?
Siamo partiti con il secolo della mobilità e stiamo arrivando a quello dell'immobilità. Si spostano le informazioni e non più gli esseri umani. Il lockdown è stato la prova per dimostrare che una società può vivere senza andare al cinema perché c'è Netflix, senza andare al ristorante perché ci sono i rider, senza andare al lavoro perché c'è lo smart working. Questo, però, cambia anche l'assetto sociale: le persone non si incontrano, ma hanno contatti virtuali. Sono tutti dei modi attraverso cui si cerca di fare soldi.