6 maggio 2024
Aggiornato 03:01
L'intervista

Granato: «Governo Draghi incostituzionale, i partiti vogliono solo gestire i soldi»

Parla al DiariodelWeb.it la senatrice Bianca Laura Granato, tra i dissidenti espulsi dal Movimento 5 stelle per il voto contrario alla fiducia al neonato governo Draghi

Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi
Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi Foto: Riccardo Antimiani ANSA

L'adesione al governo Draghi ha fatto esplodere definitivamente la spaccatura all'interno del Movimento 5 stelle. La scintilla definitiva è giunta dal voto di fiducia, nel corso del quale quindici senatori e sedici deputati pentastellati hanno votato contro, portando il reggente Vito Crimi a comunicare la loro espulsione. Uno dei dissidenti finiti nel mirino del capo politico è la senatrice Bianca Laura Granato, che il DiariodelWeb.it ha raggiunto il giorno dopo la notizia della sua uscita dal gruppo.

Senatrice Bianca Laura Granato, come ha appreso la notizia della sua espulsione dal Movimento 5 stelle?
Attraverso il post su Facebook di Vito Crimi, come accaduto stamattina anche ai deputati. In seguito, più diffusamente, ci hanno informato nel corso di una riunione del gruppo del Movimento 5 stelle al Senato. I colleghi si sono tutti pronunciati a nostro sostegno, chiedendo di revocare il provvedimento e di evitare una soluzione così drastica.

Quindi gli altri senatori pentastellati si sono sollevati contro la decisione di Vito Crimi?
In assemblea si è registrato un punto di vista di solidarietà nei nostri confronti.

E Crimi come ha risposto?
Non ci ha mai contattati personalmente. È stato semplicemente chiarito che il provvedimento era irrevocabile, perché ci siamo posti all'opposizione, rispetto a loro che sono invece in maggioranza.

Come ha reagito una volta venuta a conoscenza della decisione?
Non è che non mi aspettassi di essere espulsa. Chiaramente, però, il modo non è stato dei migliori. Bisogna cominciare a rendersi conto che il Movimento ha preso una direzione diversa rispetto a quella a cui avevo aderito nel 2018.

La modalità è sembrata quasi stalinista: il capo politico decide e comunica chi sta dentro e chi fuori dal partito.
Si poteva agire in modo più riservato, evitando di offendere o mortificare l'immagine di persone politicamente esposte. Invece si è preferito anteporre la logica di partito, dandoci il benservito e lanciando così un messaggio ai colleghi della Camera che avrebbero dovuto votare ieri. Non è la prima volta in cui ricorrono a queste modalità discutibili.

Peraltro il capo politico che ha preso questa decisione è anche, in un certo senso, delegittimato, perché dopo gli Stati generali il suo mandato è scaduto e si attende la nomina del nuovo comitato.
Intanto il provvedimento che ha annunciato deve essere ratificato dai probiviri. Per questo motivo, ufficialmente non siamo ancora stati cancellati dalla piattaforma, anche se ci hanno escluso dai canali Telegram dei senatori. Però ieri sono già stata contattata dalla capogruppo del Misto, la senatrice De Petris, che mi parlava della redistribuzione dei nuovi ingressi all'interno delle commissioni.

Il Movimento 5 stelle, così come lo conoscevamo, è finito?
Penso di sì. E questo percorso è iniziato già da molto tempo, addirittura a qualche mese dalla nascita del Conte bis, quando si è progressivamente iniziato a rinunciare a determinate battaglie storiche. Alcune le avevamo perse già nel primo governo Conte, nel quale però siamo riusciti a mantenere una linea identitaria attraverso la Spazzacorrotti, il Decreto dignità, il reddito di cittadinanza. Poi tutto si è annacquato e ci si è appiattiti su una linea di coalizione, eliminando tutto ciò che non era gradito agli altri alleati.

Insomma, il M5s si sta trasformando in una costola del centrosinistra?
Praticamente sì. Dai giornali abbiamo anche appreso, non so con quanta attendibilità, che si sono tenuti incontri tra Di Maio, Fico e Zingaretti, per individuare i futuri candidati alle prossime amministrative nelle grandi città. Queste notizie già ci portavano verso una certa direzione. Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la conclusione strana e improvvisa del secondo governo Conte e il successivo cedimento in mano ad un tecnico come Draghi. Anche qui, non sono convinta al 100% che una parte dei nostri non abbia dato il suo contributo a questo epilogo.

In che senso?
Ad esempio, si poteva far dimettere Bonafede al posto di Conte. Si poteva cercare una mediazione, pur senza abdicare alle posizioni assunte sul fronte della giustizia. Ma questo nome di Draghi comparso all'orizzonte probabilmente è stato concertato anche da coloro che sarebbero dovuti essere i nostri alleati. Ci sono stati indubbiamente dei passaggi poco chiari, che hanno visto coinvolti non solo il centrodestra e Italia Viva.

Mi sta dicendo che una parte del Movimento ha fatto le scarpe a Conte?
Penso che potrebbe essere andata così. Ma è chiaro che non ho nessuna prova in merito, lo sto supponendo.

Lei ha usato parole molto forti nei confronti del governo Draghi, evocando addirittura l'incostituzionalità.
Draghi ha fatto riferimento ad una cessione di sovranità all'Europa e alla Nato. Questo passaggio l'ho ritenuto azzardato, ai limiti dell'incostituzionalità. Come se l'imposizione di un tecnico, in questa fase storica, volesse traghettarci su una linea di subalternità a determinati organismi sovranazionali, che comprimono la sovranità popolare. D'altronde, questo si combina benissimo con la composizione dell'esecutivo stesso. In cui la maggioranza del parlamento, democraticamente eletto, ha una rappresentanza di appena quattro ministri.

Non si è rispettata la volontà popolare?
C'è stata una spallata. Si poteva formare un governo tecnico o anche uno di unità nazionale, ma rispecchiando la composizione del parlamento. Non si può riservare alla componente che ha il 30% un ruolo così marginale.

La sua impressione è che tutte le forze politiche si siano spostate in maggioranza per spartirsi i soldi del Recovery Fund?
Direi, per concorrerne alla gestione.

Questa è la reale volontà che sta dietro la nascita di questo governo?
Secondo me sì. I due aspetti fondamentali sono stati il Recovery Plan, le cui misure però dovranno seguire le indicazioni dell'Europa, ma soprattutto la sospensione del Fiscal compact, cioè del vincolo dell'equilibrio di bilancio. Ciò consentirà di fare una serie di scostamenti di bilancio, gestendo soldi a debito. Questa è l'occasione più ghiotta, alla quale nessuno ha voluto rinunciare.

Nel suo futuro politico vede la formazione di un nuovo soggetto, magari attorno ad Alessandro Di Battista, anche lui ormai fuori dal M5s?
Indubbiamente noi stiamo a guardare quello che farà Alessandro. Potremmo anche rimanere nel gruppo Misto, in attesa della formazione di un Contromovimento, che possa recuperare l'anima dei Cinque stelle. Ma il Misto è poco rappresentativo e non consente di fare un'opposizione seria e incisiva. Addirittura la capogruppo al Senato, la senatrice De Petris, è in maggioranza, perché ha votato sì alla fiducia.

Quindi l'idea è comunque quella di confluire in un nuovo gruppo?
Se vogliamo mettere a frutto il sacrificio che abbiamo fatto in nome dei nostri valori, gioco forza dovremo puntare a creare un gruppo autonomo. Questo non vuol dire sconfessare il percorso di chi vuole recuperare il Movimento. Ma bisogna anche essere pragmatici e concentrarci anche sul nostro mandato parlamentare. Se siamo qui è per esercitare quella vigile opposizione che abbiamo scelto.