Silvio stritolato dai due Mattei
Rifare il patto del Nazareno e salvare Mediaset, o aderire allo sciopero generale di Salvini e rilanciare Forza Italia? Anche dopo mesi di discussioni, Berlusconi non riesce a sciogliere il dilemma. E ad accettare la sua fine politica
ROMA – L'Italia politica è sempre più stretta nella morsa dei due Mattei. Il primo, Renzi, continua a perdere la fiducia dei cittadini, ma è disposto a tutto pur di non mollare la poltrona di palazzo Chigi. Il secondo, Salvini, si è ormai accreditato come leader dell'opposizione e lo vuole dimostrare platealmente dal prossimo 6 novembre, grazie alla grande manifestazione che ha convocato con l'obiettivo di «bloccare il Paese per tre giorni» e spingere il governo alle dimissioni. E la prima vittima a rimanere stritolata da questo abbraccio mortale è Silvio Berlusconi, che tuttora appare incapace di scegliere con quale dei due Mattei stare. In un certo senso, è come se oggi l'ex Cav fosse sottoposto alla legge del contrappasso dantesco per il suo decennale conflitto d'interessi. Finché era lui a distribuire le carte, infatti, i suoi due interessi (quello politico e quello aziendale) non sono mai stati davvero in conflitto: da premier, Silvio riusciva contemporaneamente a far crescere i voti di Forza Italia e i fatturati di Mediaset. Ma, ora che le cose si mettono male, si trova costretto ad una scelta. Da una parte stanno il suo orgoglio personale, il rifiuto a considerarsi sconfitto e ininfluente in politica, la tentazione di ricostituire l'asse con la Lega Nord per dare una lezione al premier che tradì il patto del Nazareno. Dall'altra parte stanno la sua roba, il patrimonio di famiglia e tutti i parenti e soci di una vita che lo spingono a riaprire il canale con il governo da cui le sue aziende avrebbero tutto da guadagnare.
Canto del cigno
Di questo dilemma berlusconiano discutiamo ormai da mesi. Ma, pur con tutto il tempo che ha avuto a disposizione, Mr B non sembra essere ancora riuscito a prendere una netta decisione. E ormai è giunto il momento della resa dei conti: non può più tenere il piede in due scarpe, è costretto a schierarsi, e subito. Quasi tutti i maggiorenti del partito (almeno, quelli rimasti dopo le spaccature di Verdini e Fitto), capitanati da Renato Brunetta, lo spingono a un'opposizione dura a Renzi, per evitare di perdere anche quei pochi consensi rimasti nei sondaggi. E lui è il primo ad esserne consapevole, visto che almeno a parole continua a sostenere che «il governo Renzi è un fallimento» perché «Matteo è un uomo inaffidabile». Allo stesso tempo, però, tutte le ricostruzioni e i retroscena sono concordi nel raccontare che, dietro le quinte, proseguono le trattative tra Pd e Forza Italia, per garantire la stampella azzurra alla traballante maggioranza sulle prossime riforme costituzionali (con la decisiva spinta di alcuni nomi di rilievo come Paolo Romani e Mariastella Gelmini). È per questo motivo che Berlusconi non vuole proprio decidersi, nonostante i pressing del leader leghista, ad aderire allo sciopero generale di Salvini. Sul quale, invece, si è ricompattato tutto il resto della destra, da Casa Pound a La Destra fino a Fratelli d'Italia. Comunque vada a finire, con qualunque dei due Mattei decida di schierarsi, comunque, Silvio è ormai condannato a non essere più il leader, ma un semplice comprimario. Forse la soluzione vera del dilemma è solo quella di prenderne atto. E di rassegnarsi ad un'onorevole uscita di scena. Aprendo finalmente la nuova stagione del centrodestra italiano.
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