29 marzo 2024
Aggiornato 07:30
Sul blog di Beppe Grillo il commento del politico britannico

Farage: «L'Euro non ha futuro»

Il nazionalista britannico risponde alle domande del Blog di Beppe Grillo sul referendum greco e le sorti dell'Euro. Per Nigel Farage i Paesi del Nord dell'Europa sono economicamente incompatibili con quelli del Sud e questo genererà l'uscita dalla moneta unica di molti Paesi dell'Ue

ROMA - Nel giro di dieci anni l'Italia ed altri Paesi membri dell'Unione europea abbandoneranno l'Euro. Ad esserne certo è Nigel Farage, che, in un'intervista rilasciata al Blog di Beppe Grillo commenta lo stato della moneta unica e dell'assetto politico-economico europeo. La Grecia sceglie di non rimborsare il debito con il Fondo monetario internazionale e di andare alle urne. Il Paese non rispetta la scadenza del pagamento e non lo farà nemmeno con quella prevista per questa settimana con la Banca centrale europea. La situazione del Paese è particolarmente delicata: si tratta del primo default dei giorni nostri presso il Fmi, spiega Farage. «Il problema è serio»: dentro o fuori dalla moneta unica, la situazione resta grave.

Se resta nell'Euro, la Grecia diventerà un Paese del terzo mondo
Con la vittoria del «No» si prospetta un periodo di «incertezza», durante il quale, secondo Farage, il pane potrebbe scarseggiare per qualche giorno e le banche rimanere chiuse per qualche settimana, «ma nel lungo periodo la Grecia si libererebbe», afferma sicuro Farage: il Paese si riapproprierebbe della propria economia e il controllo sul proprio tasso di interesse. Inoltre, così facendo la Grecia avrebbe l'opportunità di svalutare la propria moneta , riavviando così la crescita economica del Paese. Rimanendo nell'unione monetaria, la Grecia correrebbe il rischio di essere trasformata in un «Paese del terzo mondo». È impossibile, secondo Farage, la coesistenza nello stesso sistema monetario di due economie differenti come quella tedesca e greca.

Bruxelles teme i referendum
Farage plaude alla soluzione referendaria di Alexis Tsipras e ricorda la reazione dell'Ue quando a proporre il referendum quattro anni fa fu l'allora primo ministro greco Papandreu: «I bulli di Bruxelles hanno fatto in modo che venisse destituito entro 48 ore». Questo perché i tecnocrati che tengono le fila dell'Europa temono i referendum e la bocciatura del popolo alla gestione della crisi in corso. Per il nazionalista britannico non c'è dubbio: aldilà del risultato, la «bella notizia» rispetto al referendum è che in Grecia vi sia un «presidente moderno, secondo il quale un referendum su tali questioni è accettabile».

L'incompatibilità economica tra Nord e Sud dell'Europa
Alla domanda del Blog sulla possibilità che la soluzione greca venga esportata anche in altri Paesi, Farage risponde che arriverà il momento in cui anche nel nostro Paese verrà indetto un referendum: «Deve succedere». Perché? C'è un grosso gap tra i Paesi del Nord Europa e quelli del Sud, spiega il britannico: l'incompatibilità tra questi fa sì che non sia possibile unire tutti in «un'unica camicia di forza economica». La conseguenza diretta e imprescindibile della costrizione in corso è l'uscita dall'Euro di molti Paesi nel giro di cinque o dieci anni al massimo.

Un errore considerare Putin un nemico
Da non sottovalutare, in questo delicato frangente di cambiamento, è la presenza di attori come la Russia e la Cina. «Non dobbiamo pensare solo a Putin», commenta Farage: i cinesi hanno ingenti interessi sul territorio greco e hanno cercato a lungo di investire nel Paese. Per quanto riguarda la Russia, c'è un filo diretto che lega il Paese di Putin alla Grecia: la chiesa ortodossa. Il legame tra i due Paesi, secondo Farage, «assume una dimensione anche religiosa». La Grecia è spaventata dalle sanzioni imposte dall'Ue alla Russia per la crisi ucraina, ma – sottolinea Farage – non va dimenticato che «siamo stati noi a provocare questo conflitto». Non parteggia per Putin, il britannico, ma si dice convinto che è un errore considerare il leader russo come un nemico oggi. Insieme ad Assad – spiega il nazionalista –, Putin è dalla «nostra parte» in quella che da qui ai prossimi venti anni è da considerarsi la più dura delle battaglie, «quella contro l'estremismo islamico».