23 aprile 2024
Aggiornato 14:00
Direzione Pd su legge elettorale

Renzi chiede il voto e Civati mette il bastone tra le ruote

Per il premier, Matteo Renzi, è in gioco la dignità del governo e per questo, in occasione della Direzione del Partito democratico, chiede ai suoi di votare la legge elettorale. Il dissidente Pippo Civati continua la sua battaglia contro le scelte del presidente del Consiglio e lancia un appello alle minoranze Pd: «Non votate».

ROMA - «Questo non è un aut aut, ma è un lavoro che va a vanti da tredici mesi». Così Matteo Renzi risponde a Pippo Civati e a tutti gli altri esponenti della maggioranza nel corso del suo intervento in occasione della Direzione del Pd. «Entro il 27 aprile in Camera e a maggio dobbiamo essere in grado di mettere la parola fine questa discussione», continua Renzi, che conclude: «Se vogliamo far sì che questo 41 per cento sia un investimento, è arrivato il momento di decidere. Continuare a rimandare non serve a nessuno».

IL VOTO PER RATIFICARE QUANTO FATTO E PROSEGUIRE SULLA STESSA STRADA - Durante l'intervento il presidente del Consiglio, in veste di segretario del partito di maggioranza, si rivolge ai suoi per chiedere il voto sulla legge elettorale: «Spero sia l'ultima direzione in cui discutiamo di legge elettorale – afferma Renzi –, poi è opportuno che il gruppo alla Camera abbia la possibilità di riunirsi e decidere in merito se lo riterrà opportuno, noi condivideremo con il gruppo la scelta. Io oggi chiedo un voto su questa riforma come ratifica di quello che abbiamo fatto e come mandato per i prossimi mesi. Chiedo un voto per la qualità e l'efficacia dei governi che verranno ma anche per la dignità di questo governo. Il modello di riforme che proponiamo non vede la dittatura o la 'democratura', piuttosto è un modello di democrazia che decide. Il punto chiave è il ballottaggio, perché consente di avere un vincitore o di non averlo. Sulla legge elettorale ci giochiamo la fiducia. Ho letto qualcuno che ha detto che non si può mettere la fiducia sulla legge elettorale. Ne parleremo tra di noi. Permettetemi ora di mettere la fiducia al nostro interno», continua il segretario del Pd.

CIVATI: LA MINORANZA NON VOTI - «Non partecipiamo al voto di oggi in direzione. La trasformazione della direzione in un plebiscito e aut aut non aiuta affatto e di per sé costituisce una risposta definitiva alle richieste di confronto venute da più parti». Pippo Civati, sul suo blog, si rivolge alle altre minoranza interne al Partito democratico affinché nella direzione del partito prevista per oggi scelgano di non votare. È un giorno importante, questo, per il Pd di Matteo Renzi: la direzione nazionale dem, riunita in via del Nazareno, oggi dovrà pronunciarsi sulla riforma elettorale in esame al Parlamento.

DEFINIRE LA MINORANZA - Non è un giorno come gli altri, anche se per Deborah Serracchiani si tratta di affrontare «una normale normale direzione del Pd». Il dissidente Civati non la pensa allo stesso modo: si tratta di un momento cruciale in cui far sentire la presenza nel partito di chi è in disaccordo con le decisioni prese dal segretario Renzi. E Civati chiede agli altri dissidenti di non votare, «facciamo le proposte in aula, in coerenza con quanto accaduto in Senato: riproponiamo la questione complessiva delle riforme, come peraltro avevo chiesto si facesse anche per il voto finale in aula sulla riforma costituzionale», continua l'appello di Civati. C'è un caos a cui bisogna mettere ordine, dice Civati: la minoranza si unisca e parli all'unanimità. «Facciamo un unico intervento che ci rappresenti (e lascio volentieri la parola): definiamo una volta per tutte il campo di chi è in minoranza, perché le ambiguità di questi mesi non hanno fatto altro che creare confusione», spiega ancora Civati sul suo blog. «Una minoranza che non si preoccupi delle sigle e dei posizionamenti, ma dei contenuti e della qualità della nostra democrazia. Non interessata ai posti, ma al pluralismo e alle garanzie», conclude Civati.

FASSINA: PECCATO PER ASSENZA DISCUSSIONE - Da parte sua, l'altro dissidente, Stefano Fassina, smorza i toni e ripete che quella di oggi sarà ancora una volta la dimostrazione dell'appoggio del partito al segretario Renzi: nessuna illusione a proposito di un risultato della Direzione diverso dal solito. Quella di oggi al Nazareno, secono Fassina, sarà, però, «l'ennesima esibizione muscolare perché i numeri sono schiaccianti», commenta l'esponente della minoranza. Fassina non manca, però, di porre l'accento sulla necessità di un dialogo che non c'è nel partito: i temi in ballo sono delicati e determinanti non solo per il futuro della dirigenza Pd ma del Paese tutto. «Dispiace che non si potrà discutere perché non è un problema della minoranza. Legge elettorale e riforme portano l'Italia a un presidenzialismo di fatto», continua Stefano Fassina, che precisa che «per quanto mi riguarda la legge elettorale non è sostenibile».

MINEO: I BERSANIANI PRONTI A CAMBIARE IDEA - Un'altra roccia della dissidenza, Corradino Mineo, stamattina ospite del programma Rai Agorà, ha dichiarato che nutre qualche perplessità rispetto all'esito del voto in Direzione, in quando anche i seguaci dell'ex segretario Pier Luigi Bersani sembrano sul punto di cedere, non persuasi del tutto dalle parole di Matteo Renzi. «Non sono sicuro che questo pomeriggio in direzione Pd il voto sia scontato. Anche i bersaniani si sono convinti che questa è la loro ultima battaglia. Non so se il testo passerà così. Sono andato sabato alla manifestazione di Maurizio Landini. Ho visto tante teste grigie preoccupate su quello che sarà il loro futuro. L'operazione di Renzi sul lavoro è solo maquillage. L'apprendistato, ad esempio, è un meccanismo che produce milioni di posti di lavoro in tutto il mondo. Ma se a noi mancano investimenti ed una vera politica industriale che cosa potremmo mai produrre in un mercato globale? Questa la domanda che dobbiamo porci», conclude Mineo.