Prataviera: sugli immigrati invalidi, Mattarella ha sbagliato
L'ultima sentenza firmata da Mattarella giudice costituzionale giudica discriminatorio non riconoscere il diritto alla pensione di invalidità agli stranieri non in possesso di un permesso di soggiorno Ue, ottenibile con un periodo di residenza superiore a 5 anni e un reddito minimo. Prataviera definisce l'atto inaccettabile, e annuncia una proposta di legge in senso contrario.
ROMA - Pensione d'invalidità estesa agli immigrati non in possesso di carta di soggiorno? Per la Lega Nord, un vero scandalo. Reca la firma del capogruppo del Carroccio in Commissione Lavoro Emanuele Prataviera l'interrogazione parlamentare presentata alla Camera sull'argomento, che prelude a nuove iniziative da parte del partito di Matteo Salvini. «La Lega Nord presenterà una proposta di legge affinché non venga più riconosciuta la pensione d’invalidità agli immigrati senza carta di soggiorno, legalmente presenti in Italia», annuncia infatti Prataviera, la cui interrogazione prende le mosse dalla sentenza della Corte costituzionale n. 22/2015 che riconosce quel diritto anche agli immigrati sprovvisti di carta di soggiorno
2 MILIONI PER GLI INVALIDI STRANIERI. E PER GLI ITALIANI? - La sentenza tanto vituperata dalla Lega risale al 27 gennaio, recando la firma, oltre che di Giuliano Amato, anche dell'allora giudice costituzionale Sergio Mattarella: quello, per di più, è stato l'ultimo atto del neo Presidente della Repubblica in qualità di membro della Consulta. Una decisione che ha scandalizzato il Carroccio: «È inaccettabile che lo Stato trovi per i prossimi due anni due milioni di euro per seicentomila stranieri, secondo le stime dell’Inps riportate nella risposta del governo alla nostra interrogazione, mentre continua non a dare risposte adeguate ai nostri concittadini invalidi», afferma Prataviera. Il quale, nel documento rivolto al Governo, ha chiesto di sapere «quanti stranieri possano avvalersi di questa facoltà» e come l’esecutivo intenda garantire «le prestazioni previdenziali dei cittadini italiani messe a rischio da tale platea».
PRIMA GLI (INVALIDI) ITALIANI, NUOVO MOTTO DELLA LEGA - D'altronde, se, fino allo scorso maggio, il motto preferito dai leghisti era «Prima il Nord», ora che il partito cerca una seria interlocuzione con il Meridione dello stivale, lo slogan prediletto rivendica la priorità degli autoctoni rispetto agli «immigrati invasori». Questo vale anche - e soprattutto - quando si parla di «invalidi». Del resto, la polemica infuria già da qualche giorno anche sul profilo facebook del vicecapogruppo alla Camera della Lega Gianluca Pini, dove la foto di una ragazza italiana disabile è accompagnata da un esplicativo commento: «Vergogna Italia!!! Ciao sono Martina e sono italiana, pago circa 700 euro al mese per andare ad un centro diurno per disabili, mentre il mio vicino di banco rom non paga una ceppa perché ha il modello ISE pari a zero ma viene con il suo papà, con la Mercedes ML da 70.000 euro...Governo italiano vaffanculo!». La polemica infuria, sì, e senza troppi giri di parole: in perfetto stile Lega.
LA CARTA DI SOGGIORNO NON E' IL PERMESSO DI SOGGIORNO - Particolare da tenere in considerazione, tuttavia, il fatto che la carta di soggiorno non coincide con il generico «permesso di soggiorno» senza il quale si è catalogati come «clandestini». La carta, infatti, oggi tenicamente definita «permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo», è un tipo di permesso a tempo indeterminato che può essere richiesto solo da chi possiede un permesso di soggiorno in corso di validità da almeno 5 anni. La «pregressa permanenza quinquennale» in Italia è il requisito indispensabile per il rilascio del permesso di soggiorno Ue per «soggiornanti di lungo periodo». Per ottenerla, deve essere anche dimostrata la disponibilità di un reddito minimo non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale (per il 2015 fissato a 5.830,63 euro, 448,51 mensili per 13 mensilità) e che il cittadino straniero non sia pericoloso.
LE ORIGINI DELLA SENTENZA - Le origini dell'attuale provvedimento della Corte Costituzionale risalgono al 2009, quando un cittadino pakistano aveva presentato un ricorso alla Corte d'Appello di Bologna, per farsi riconoscere il diritto alla pensione e all'indennità di accompagnamento in quanto «cieco civile con residuo visivo non superiore a 1/20 da entrambi gli occhi». L'Inps si era opposta, perché l'uomo non disponeva di carta di soggiorno. D'altronde, l'opportunità o meno di legare il godimento di alcuni diritti fondamentali al requisito della cittadinanza - o del permesso di soggiorno Ue - è un argomento discusso da tempo. La Legge 6 marzo 1998 n. 40, all’articolo 39, prevedeva una sostanziale equiparazione degli stranieri con permesso di soggiorno superiore ad un anno (e dei minori iscritti nella loro carta di soggiorno) con i cittadini italiani per quanto riguarda la fruizione delle prestazioni anche economiche. Nel frattempo, però, la legge 388 del 23 dicembre 2000 ha introdotto un notevole restrizione alla concessione delle provvidenze economiche agli invalidi civili extracomunitari: a partire dall'entrata in vigore di quella disposizione, i cittadini stranieri, pur mantenendo il diritto all'accertamento delle minorazioni civili, non hanno più potuto godere delle relative prestazioni economiche senza il possesso della carta di soggiorno: in pratica, poteva essere riconosciuto invalido civile soltanto uno straniero regolarmente soggiornante sul territorio dello Stato da almeno cinque anni, titolare di un permesso di soggiorno per un motivo che consente un numero indeterminato di rinnovi, il quale dimostrasse di avere un reddito sufficiente per il sostentamento proprio e dei familiari. Già una sentenza della Corte del 2009, però, ha dichiarato illegittimo escludere dal diritto alla pensione di inabilità (spettante agli invalidi civili al 100%) gli stranieri extracomunitari soltanto perché essi non risultassero in possesso dei requisiti di reddito già stabiliti per la carta di soggiorno. La Corte ha rilevato, oltre che una violazione alle Direttive comunitarie e alla stessa Carta costituzionale (art. 3), una contraddizione logica, visto che il diritto alla pensione di invalidità ancora più grave di quella già rilevata a proposito dell’indennità di accompagnamento (Sentenza 306/2008): anzi, nel caso della pensione di invalidità, il Legislatore ha pure previsto un limite reddituale massimo, considerando, quindi, rilevante anche lo stato di bisogno derivante da una scarsa disponibilità economica. Ora, con la sentenza firmata da Mattarella, la Consulta stabilisce che anche gli immigrati senza la carta di soggiorno hanno non solo diritto alla pensione ma anche alle indennità accessorie.
TRA ESTENSIONE E LIMITAZIONE DEL DIRITTO - Una vicenda che interpella questioni di ampia portata, in cui si scontrano due visioni del mondo e dello Stato: da un lato, l'idea che l'estensione di un diritto a un gruppo di persone precedentemente da esso escluso comporti un torto, o una sorta di «limitazione» del diritto di chi già lo deteneva; dall'altra, la convinzione che l'allargamento della platea dei tutelati sia soltanto un arricchimento per l'intera società, specialmente se, con tale concessione, si pone rimedio a situazioni di disagio. In mezzo, un dato: le risorse non sono illimitate, e dividerle tra più persone significa diminuire le tutele per il singolo. Eppure, ci si chiede se questo sia un argomento sufficiente per escludere del tutto alcuni individui dal godimento di un diritto, e ci si domanda se i requisito del numero di anni di residenza sul suolo italiano o il raggiungimento di un reddito minimo non siano tutto sommato discriminatori per sentenziare sulle esclusioni. Lega e Consulta, è evidente, sulla questione la pensano in modo letteralmente antipodico.