2 ottobre 2025
Aggiornato 18:00
Ghigliottina o diritto a governare?

Una ammucchiata chiamata ostruzionismo

Ancora attiva e pronta a continuare la battaglia al Senato la strana pattuglia di Deputati e Senatori che è andata a protestare sotto le finestre di Napolitano.

Il passaggio è di quelli che si possono definire epocali. Per la prima volta nella storia della Repubblica un nutrito drappello di deputati e senatori sono andati a protestare sotto le finestre del Quirinale. Ma la cosa più straordinaria è che a manifestare siano stati i parlamentari di Sel, Lega e M5S uniti in una causa comune.

«La Lega in corteo con Sel e M5S: mai avremmo pensato di dover arrivare a tanto. Come se le tifoserie di Atalanta e Brescia si fossero gemellate. Il segno che il renzismo è vera emergenza nazionale», è stato il commento del senatore leghista Nunziante Consiglio.

Insomma il contingentamento dei tempi per votare la riforma del Senato si sta trasformando in un vero e proprio Vietnam per il presidente del Consiglio, il quale, secondo i suoi avversari, con la sua fretta starebbe portando il governo verso una deriva autoritaristica.

Insomma, anche se con toni sempre più duri, come è la moda dell'attuale linguaggio della politica, si sta riproponendo l'antico dilemma fra diritti delle minoranze e diritti delle maggioranze. L'ostruzionismo sta in mezzo a questi due piatti della bilancia e, come sempre, una volta pende da una parte, un'altra dall'altra, a seconda delle convenienze.

C' è, chi in questa occasione, ha riportato alla memoria le barricate della sinistra che allora portava il vessillo del partito comunista ed era capeggiata da Palmito Togliatti, contro quella che al tempo fu battezzata la «legge truffa».

Poi venne il tempo di Pannella, con le maratone dei radicali sui banchi di Montecitorio. Il record di resistenza a parlare di Boato, soprannominato per l'occasione «vescica di ferro», per la capacità di astenersi dal fare «plin plin» (ma qualcuno sospettò che sotto gli scranni fossero apparse delle ampolle che stranamente somigliavano alle provette usate ai nostri tempi dall'antidoping).

Sono fatti che ormai fanno parte della storia, ma comunque ha suscitato impressione che nel commento di apertura di Repubblica, il quotidiano non propriamente renziano (basta leggere la domenica i fondi Scalfari), ma certamente ancora fortemente di sinistra, l'editorialista Francesco Merlo abbia scritto testualmente: «che nel museo della rottamazione vada a finire anche l'ostruzionismo parlamentare non è un colpo di Stato, ma una liberazione».

Non è perigrino chiedersi; se il colpo all'acceleratore dei tempi per votare una legge molto contestata fossero stati sforbiciati, tanto per fare un nome, da Silvio Berlusconi, questo inno al decisionismo, Merlo lo avrebbe cantato come ha fatto in questa occasione?

Sono interrogativi che possono essere liquidati come semplici dubbi accademici, resta il fatto che la cancellazione di quel bicameralismo perfetto al quale fino a poco tempo fa molti attribuivano l'immobilismo del Parlamento, si sta dimostrando per Renzi un boccone molto difficile da far digerire alla popolazione politica. Forse non è secondaria la circostanza che a scavare la fossa al Senato siano stati chiamati quegli stessi senatori che potrebbero finirci dentro.

Intanto il presidente del Consiglio accusa di essere vittima di un colpo di sole uno dei leader dell'opposizione, cioè Beppe Grillo e per tutta risposta il capo dei grillini lo annovera fra i seguaci della P2 di Licio Gelli.

Tornando ai diritti delle minoranze e a quelli delle maggioranze forse vale la pena di ricordare quello che sta succedendo in Alitalia, dove la maggioranza delle sigle sindacali ha firmato l'accordo con la compagnia degli emirati, una maggioranza referendaria (ritenuta non valida dai favorevoli) l'ha bocciata, e l'unica cosa certa è che fra conferme e smentite gli arabi la prossima settimana, se non si decide chi deve decidere, se ne tornano a casa.

A Roma, fra minoranze e maggioranze oscilla anche il Tetro dell'Opera. Al Costanzi già aggravato dai debiti delle precedenti gestioni, quella attuale ha trovato un accordo con i sindacati, per mantenere gli organici e gli stipendi. Ma gli orchestrali si sono messi di traverso, sono 93, invece vogliono essere 117, altrimenti, dicono, dovrebbero lavorare troppo ( per la cronaca il primo violino dall'inizio dell'anno ha partecipato a 65 recite). Morale, uno sciopero ha fatto saltare per la terza volta la Boheme in cartellone, con tanti saluti agli incassi e ai turisti amanti della lirica italiana. Per il teatro dell'Opera di Roma, a queste condizioni, secondo gli amministratori, non c'è una unica soluzione: chiuderlo.

E per finire fra minoranze e maggioranze, non si è verificata nessuna diversità di giudizio fra le numerose sigle sindacali che rappresentano i dipendenti di Camera e Senato: la decisione della Boldrini di tagliuzzare i loro stipendi mai sotto i centomila euro anche ai livelli più bassi è stata salutata con fischietti e insulti.

«Pensate a chi non ha nemmeno la cassa integrazione», ha replicato la presidente della Camera, ma molti dipendenti a quell'ora si erano già avviati verso la piscina e i campi da tennis del circolo Montecitorio, pagato quasi completamente da noi contribuenti.