19 aprile 2024
Aggiornato 22:30
Riforme

Grillo-Renzi, scontro aperto sul web

Ieri è sceso in campo Matteo Renzi per difendere la sua riforma costituzionale dalle accuse dell'opposizione. «Faremo il referendum» e dunque «perché le opposizioni urlano? - chiede il premier - Di cosa hanno paura? Del voto degli italiani?». Mentre il presidente del Senato, Pietro Grasso, ha assicurato la sua imparzialità e chiarito che non è stata messa alcuna tagliola sulle riforme.

ROMA - Ancora scontro sulle riforme. Ieri è sceso in campo Matteo Renzi per difendere la sua riforma costituzionale dalle accuse dell'opposizione. «Faremo il referendum» e dunque «perché le opposizioni urlano? - chiede il premier - Di cosa hanno paura? Del voto degli italiani?». Mentre il presidente del Senato, Pietro Grasso, ha assicurato la sua imparzialità e chiarito che non è stata messa alcuna tagliola sulle riforme.

Ma per Beppe Grillo è in atto un colpo di Stato di cui il presidente della Repubblica si sta rendendo complice. «Questo si chiama colpo di Stato - ha scritto il fondatore del M5S sul blog -. Mussolini ebbe più pudore. Non lo chiamò 'riforme'».
«Grillo dice che il nostro è un colpo di Stato - ha controreplicato Renzi via twitter -. Caro Beppe: si dice sole. Il tuo è un colpo di sole!». E il botta e risposta tra Grillo e Renzi è continuato a colpi di hashtag, tra Beppe Grillo e Matteo Renzi: al «#sidicesole» lanciato dal presidente del Consiglio, dal blog del leader M5s è arrivata la risposta: «#sidicep2».

NAPOLITANO REGISTA DELLO SCEMPIO - Lo scontro non ha risparmiato il Quirinale: «Il regista di questo scempio», secondo Grillo, «è Napolitano che dovrebbe almeno per pudore istituzionale dimettersi subito e con il quale le forze democratiche non dovrebbero avere più alcun rapporto». Ieri le opposizioni dopo il contingentamento dei tempi sulle riforme sono salite al Colle per chiedere aiuto al presidente della Repubblica non ottenendo soddisfazione e così Grillo ha annunciato: «Il M5S non terrà d'ora in poi alcun contatto con un uomo che ha abdicato al suo ruolo di garante della Costituzione».

Il premier non sembra preoccuparsi troppo di queste minacce ed è determinato a portare a casa il risultato e a dimostrare che l'ostruzionismo è strumentale e danneggia il paese: «Piaccia o non piaccia, le riforme le faremo! Io sono contro la dittatura della maggioranza, ma a maggior ragione sono anche contro la dittatura della minoranza», ha avvertito il leader del Pd anche se si arriverà a settembre.

LA DIFESA DI GRASSO - Anche il presidente del Senato ha voluto rivendicare il suo ruolo di garante in questa difficile vicenda istituzionale. Incontrando la stampa parlamentare per la cerimonia del Ventaglio Grasso ha invocato un abbassamento dei toni per trovare un'intesa e poi precisato che con la decisione sui voti segreti, abbinata all'uso del cosiddetto "canguro" per l'esame delle migliaia di emendamenti alla riforma costituzionale, «penso di aver raggiunto un equilibrio tra il rispetto della norma e l'eventuale intenzione di un uso strumentale del voto segreto». E dunque «respingo con forza qualsiasi illazione o sospetto su questa decisione».

Vista l'importanza e la necessità della riforma la seconda carica dello Stato ha auspicato che non continui «lo spettacolo» di questi giorni nell'Aula del Senato. «Non vorrei che si continuassero a sprecare ore e giorni» e «per chiarezza voglio aggiungere che nella ripartizione dei tempi, proprio come accaduto dieci anni fa per la discussione della riforma costituzionale del 2004, è stato tenuto conto della possibilità effettiva di votare tutti gli emendamenti e non utilizzare quindi la cosiddetta 'tagliola', a torto richiamata anche nel nostro caso avendo previsto ben 80 ore esclusivamente per le votazioni sulle 115 disponibili».

In realtà sui tempi a palazzo Madama c'è chi nutre diversi dubbi sulla possibilità di riuscire a fare 7.800 votazioni in 80 ore: tanto più che l'ostruzionismo può utilizzare molti altri strumenti regolamentari per allungare il dibattito, ecco perchè la vera via d'uscita sembra ancora essere quella di un'intesa politica che convinca Sel e M5S a rinunciare a gran parte degli emendamenti.