13 gennaio 2025
Aggiornato 15:00
Chiesa Cattolica

Le finanze vaticane cambiano pelle e lingua

Il cardinale George Pell, australiano, ex giocatore di rugby e «rugbier» delle finanze vaticane (copyright di Papa Francesco), presenta la rivoluzione dell'organigramma economico della Santa Sede in un'affollata conferenza stampa: «Ci saranno sempre posti importantissimi per gli italiani, ma dobbiamo anche avere altri membri da tante altre parti del mondo...»

CITTÀ DEL VATICANO - «Non parliamo del Vicariato, che è per la Chiesa di Roma, parliamo della Chiesa universale, ci saranno sempre posti importantissimi per gli italiani, ma dobbiamo anche avere altri membri da tante altre parti del mondo...». Il cardinale George Pell, australiano, ex giocatore di rugby e «rugbier» delle finanze vaticane (copyright di Papa Francesco), presenta la rivoluzione dell'organigramma economico della Santa Sede in un'affollata conferenza stampa. Fiocanno domande in varie lingue. Qualcuno, in italiano, chiede se lo spoils system non emarginerà gli italiani. E l'arcivescovo emerito di Sidney illustra, in italiano pesantemente venato di inglese australiano, la globalizzazione della Chiesa: «Quando sono venuto qui a Roma a studiare 50 anni fa non sarebbe stato possibile per i cardinali dal Nord Europa o dagli Stati Uniti venire frequentemente qui. Adesso di può fare e mi sembra anche che da diversi punti di vista noi provenienti da diverse culture abbiamo contributi da dare. Siamo la Chiesa universale e mi sembra opportuno che i capi siano universali, certamente con tantissimi bravi italiani...».

L'elezione di Jorge Mario Bergoglio, il Papa preso «quasi alla fine del mondo», il primo nella storia che viene dalle Americhe, è solo un aspetto, il più eclatante, di una Chiesa che cambia pelle. La maggioranza dei cattolici vive in America latina, le vocazioni crescono in Africa e Asia, l'Europa langue.

Quando entra in gioco la finanza, poi, tutto accelera. Lo scontro inizia, con Benedetto XVI, quando il Vaticano apre le porte all'euro. Con la circolazione della moneta unica europea il piccolo Stato pontificio si impegna a introdurre standard internazionali in materia di anti-riciclaggio. Arrivano i tecnici di Moneyval, il «watchdog» del Consiglio d'Europa. Partono, prima in sordina, poi tracimando sui giornali, gli attriti, le polemiche, gli scontri sulla trasparenza finanziaria. Nell'epoca Ratzinger-Bertone lo Ior, per l'ennesima volta, incappa nel clamore. Sospetti di riciclaggio, lo scontro con la Banca d'Italia, il licenziamento secco di Ettore Gotti Tedeschi. E' solo l'ennesimo capitolo di una lunga storia di scandali, dal crac del Banco ambrosiano ai conti della mafia, dalla maxi-tangente Enimont a - storia di pochi mesi fa - l'arresto del monsignore salernitano Nunzio Scarano. Tutti scandali italiani. Mentre - il dato è noto ma non ufficiale - a contribuire alle casse del Vaticano sono soprattutto le Chiese statunitense e tedesca. I cardinali di tutto il mondo che si radunano a Roma dopo le dimissioni di Benedetto XVI sono esasperati. Attaccano Bertone e i suoi uomini. Cresce uno spirito anti-italiano, tramonta l'ipotesi di un Pontefice italiano.

Nel corso dei mesi scorsi vanno in pensione diversi cardinali italiani coinvolti nella gestione economica del Vaticano, a partire da Bertone e dall'ex presidente dell'authority finanziaria Attilio Nicora. Si vedono poco Domenico Calcagno (Apsa) e Giuseppe Versaldi (Prefettura degli affari economici). Dimesso il management (italiano) dello Ior, via i responsabili (italiani) dell'Apsa, l'Amministrazione apostolica della Sede apostolica. Non mancano italiani nell'organigramma (all'Apsa il professor Frnco della Sega, nella commissione cardinalizia il segretari di Stato Pietro Parolin). Ma i vertici sono «stranieri». A capo della commissione di vigilanza dello Ior un cardinale spagnolo, Santos Y Abril, a capo del Consiglio per l'Economia, rifondato ex novo, un tedesco, Reinhard Marx, e a capo della neonata segreteria per l'Economia un australiano, George Pell.

Che, oggi, ha presentato il «nuovo quadro economico» della Santa Sede. Il francese Jean-Baptiste de Franssu prende il posto del tedesco Ernst von Freyberg, nominato agli sgoccioli del pontificato di Joseph Ratzinger. Cambia anche il board laico, con nomi, per ora, tutti non italiani. Lo Ior, in prospettiva, verrà ridimensionato, limitandosi a gestire i conti correnti, e cederà in tre anni la gestione patrimoniale, di cui si occuperà una nuova struttura, il Vatican Asset Management. Viene profondamente modificata anche l'Apsa, sinora piuttosto in ombra nei monitor dell'opinione pubblica. La sua «sezione ordinaria» (gestione degli uffici e del personale della Santa Sede) passa alla Segreteria per l'Economia, le rimane quella straordinaria, ossia l'amministrazione dei beni mobili propri e di quelli ad essa affidati da altri enti della Santa Sede (in pratica, gli investimenti) e diventa sempre più una «banca centrale» o, col termine ufficiale, la «tesoreria» centrale. Pochissimi italiani nell'organigramma, diversi statunitensi, tedeschi, britannici e non solo. Nascono anche due comitati per la riforma dei mass media vaticani (presidente lord Chris Patten) e del fondo pensioni del Vaticano (presidente monsignor Brian Ferme). La riforma non menziona il ruolo dell'Aif (authority finanziaria), non contempla l'annunciata nomina di un Revisore generale, non parla della «cassaforte» di Propaganda fide. Ma il quadro generale è chiaro. La Segreteria per l'Economia di Pell, coadiuvata dal Consiglio per l'Economia di Marx (presente alla conferenza stampa il vice-coordinatore, il maltese Joseph Zahra), diventa il super-ministero economico del Vaticano. Allo Ior viene lasciata l'ordinaria amministrazione. Gli investimenti non saranno più gestiti autonomamente ma sempre più centralizzati. L'inglese usato oggi in conferenza stampa in Vaticano parla chiaro. Santa Romana Chiesa non parla solo italiano, latino, tanto meno romano.