13 dicembre 2024
Aggiornato 19:00
All'indomani della decisione del Quirinale

Severino con Napolitano, Grasso difende i PM. L'Idv attacca il Colle

Una giornata ancora attraversata da tensioni istituzionali, culminata con un duro attacco di Antonio Di Pietro al capo dello Stato: mortifica le Istituzioni. Parole giudicate «inqualificabili e inaccettabili» dal PD. Ma è scontro sulle intercettazioni

ROMA - All'indomani della decisione di Giorgio Napolitano di sollevare il conflitto di attribuzione contro la Procura di Palermo, Piero Grasso, procuratore nazionale antimafia, difende i pm siciliani, «hanno agito in buona fede», mentre il ministro della Giustizia, Paola Severino, ricorda che è la Costituzione a stabilire che il capo dello Stato va tutelato. Una giornata ancora attraversata da tensioni istituzionali, culminata con un duro attacco di Antonio Di Pietro al capo dello Stato: mortifica le istituzioni. Parole giudicate «inqualificabili e inaccettabili» dal Pd.

GRASSO: PM IN BUONA FEDE - «I magistrati di Palermo hanno agito in buona fede, secondo come ritenevano fosse giusto applicare la legge - ha detto Grasso -. Ora la questione è in buone mani, deciderà la Consulta», del resto «il capo dello Stato non può essere e non potrà mai essere intercettato. Lo è stato in modo occasionale. E' giusto che un giudice terzo, la Consulta, decida come bisogna comportarsi in questi casi». Il procuratore nazionale antimafia ha poi precisato di non aver «ricevuto nessuna pressione» dal Quirinale. Ma per la Guardasigilli è la Costituzione, non una «elaborazione sociologica o politica», a fissare una tutela per il presidente della Repubblica: «Evitare che conversazioni del capo dello Stato possano essere rese pubbliche è la ratio e lo scopo di quella particolare tutela», ha spiegato ricordando «l'esigenza che la figura del capo dello Stato, nel suo ruolo istituzionale sia particolarmente tutelata».

L'ITER IN CONSULTA NON E' BREVE - Lo scontro istituzionale dunque non si arresta, in attesa di una decisione della Consulta che potrebbe non arrivare così presto. L'iter non è breve, il primo passo sarà quello dell'Avvocatura dello Stato, alla quale il Presidente ha dato mandato di sollevare il conflitto di attribuzione sulla base del decreto varato ieri dal Quirinale; quindi la Consulta dovrà valutare l'ammissibilità della questione e soltanto dopo entrerà nel merito del giudizio. E c'è chi ricorda che nel caso di Carlo Azeglio Ciampi, che si rivolse alla Corte per dirimere la questione del potere di grazia, il verdetto arrivò soltanto dopo la fine del suo mandato, e alla scadenza di quello di Napolitano mancano ormai solo 10 mesi.

DI PIETRO: NAPOLITANO MORTIFICA LE ISTITUZIONI - Intanto però l'utilizzo di quelle intercettazioni è stato bloccato, insieme al rischio che finissero pubblicate sui giornali, anche se la campagna mediatica contro il Colle non si arresta e neppure gli attacchi politici da parte di Di Pietro e Grillo. «Si rende conto che una scelta così drastica, quella che Lei ha fatto oggi, non nobilita le istituzioni, anzi le mortifica - ha scritto l'ex pm sul suo blog -? Ecco perché, come cittadino, io mi sento mortificato nel merito per la sua scelta molto chiusa nell'interpretare la Costituzione. Noi dell'IdV invitiamo i giudici di Palermo a: 'resistere, resistere, resistere'». Parole contro le quali scende in campo il Pd a difesa di Napolitano: attacco «inqualificabile e inaccettabile», la smetta.

RITA BORSELLINO: SERVE VERITÀ E GIUSTIZIA - Dure anche le parole della sorella di Paolo Borsellino, Rita: «Sembra che Paolo venga ucciso di nuovo. Le polemiche e i dubbi uccidono Paolo un'altra volta. C'è bisogno di verità e di giustizia. Questo contrasto fa male. Non ci deve essere il dubbio che qualcuno voglia fermare questo percorso di verità». Il Capo dello Stato, che per ora tace, potrebbe tornare sulla questione proprio in occasione delle celebrazioni a Palermo per il ventennale della morte del giudice antimafia.

SCONTRO SULLE INTERCETTAZIONI - Intanto si riaccende la polemica tra Pd e Pdl sulle intercettazioni, polemica che allontana, di fatto, la possibilità che si arrivi in questa legislatura a varare una legge che le regoli. Il partito di Pier Luigi Bersani teme che la vicenda che coinvolge il Capo dello Stato venga «strumentalizzata» per altri obiettivi mentre dal partito di Berlusconi ritengono che questo «conflitto istituzionale» si inserisca «in un quadro di generale e progressivo allentamento delle garanzie», parole di Gaetano Quagliariello.