29 marzo 2024
Aggiornato 11:30
«Dopo le bombe del '92 temetti un golpe»

Dopo le parole di Ciampi è scontro Pdl-Veltroni

L'ex leader del Pd: «Non solo Cosa nostra». Cicchitto: «Giustizialismo»

ROMA - Nel giorno in cui la profanazione a Palermo della tomba di un 'pentito' di Cosa nostra ricorda all'intero Paese che la mafia sul territorio è ancora una realtà viva, si riaccende lo scontro polemico sulle stragi e gli attentati degli anni 90 e le loro possibili connessioni con la politica e gli apparati dello Stato. L'ex leader del Pd Walter Veltroni ribadisce la tesi che quella stagione di sangue non sia dovuta «solamente alla mafia», ma è Carlo Azeglio Ciampi, in una intervista a Repubblica, a evocare la paura del «golpe» dopo le bombe del 27 luglio a Roma e Milano. Dura la presa di posizione del Pdl: per Fabrizio Cicchitto le nuove polemiche sono segnate dalla «intenzionalità politica».

LE PAROLE DI CIAMPI - «Oggi non esito a dirlo, ebbi paura - racconta Ciampi, all'epoca presidente del Consiglio - che fossimo a un passo dal colpo di Stato. Lo pensai allora e, mi creda, lo penso ancora oggi». A proposito della notte del 27 luglio, l'ex capo dello Stato ricorda le «comunicazioni misteriosamente interrotte» con palazzo Chigi dopo l'esplosione al Velabro e afferma: «Resta un velo di mistero che è giunto il momento di squarciare, una volta per tutte». Per Veltroni è da chiarire la «grande questione: perché, ad un certo punto in Italia, tornano le stragi? Perché negli anni tra il '92 e il '93 la mafia, che non aveva mai fatto stragi se non Portella della Ginestra, comincia a fare stragi? Perché uccide in quel modo Giovanni Falcone? La mia risposta - ha concluso - è che, appunto, non sono solo stragi di mafia».

CICCHITTO: «GIUSTIZIALISMO» - Cicchitto accusa Veltroni di volere un «gioco al massacro». Trova «un'intenzionalità politica assai marcata» nelle polemiche, che servono a suo giudizio a ricreare «un clima giustizialista», e respinge l'ipotesi di una nuova commissione parlamentare sulle stragi: in passato, accusa, ha fatto da «cassa di risonanza per molte operazioni di demonizzazione». In una intervista al Giornale mette in evidenza la preoccupazione che qualcuno possa nuovamente sollevare sospetti su Silvio Berlusconi: «Nel 1992-'93 - afferma il capogruppo Pdl alla Camera - Silvio Berlusconi non poteva infilare neanche il dito mignolo negli apparati dello Stato, nè tantomeno nei servizi».