6 maggio 2024
Aggiornato 08:30
economia

Il Tar del Lazio boccia il ricorso di AirBnb: la cedolare secca si paga (ed è legittima)

Il giudice amministrativo ha bocciato tutte le argomentazioni di AirBnB e, in base al provvedimento delle Entrate, ora tutti i clienti AirBnb subiranno la ritenuta del 21% sui canoni, così come fanno tutti gli altri intermediari

Il Tart del Lazio boccia il ricorso di AirBnb: la cedolare secca si paga (ed è legittima)
Il Tart del Lazio boccia il ricorso di AirBnb: la cedolare secca si paga (ed è legittima) Foto: Shutterstock

MILANO - Scacco matto per per l’Agenzia delle Entrate. Il Tar del Lazio mette, per il momento, la parola fine alla disputa tra AirBnb e il Fisco italiano, respingendo l’istanza del colosso degli affitti brevi di annullare il provvedimento delle Entrate dello scorso 12 luglio, la cosiddetta «manovrina di primavera», che prevede il pagamento della cedolare secca del 21% sui canoni riscossi e versati ai locatori per gli affitti brevi inferiori ai 30 giorni.

Il Tar boccia il ricorso di AirBnb
In buona sostanza il giudice amministrativo ha bocciato tutte le argomentazioni di AirBnB e, in base al provvedimento delle Entrate, ora tutti i clienti AirBnb subiranno la ritenuta del 21% sui canoni, così come fanno tutti gli altri intermediari, rimpolpando le casse del ministero dell’Economia con un gruzzoletto che arriverebbe ad oltrepassare ben 80 milioni di euro per questo anno. Sono tre, per il momento, le scadenze non andate a buon fine, quella di luglio, di agosto e, probabilmente, anche l’ultima del 16 ottobre. In questo ultimo caso il Tar avrebbe espressamente chiesto al Fisco di essere clemente nei confronti del colosso degli affitti brevi, proprio perché in attesa della pronuncia del giudice amministrativo. E' molto probabile che anche la scadenza del 16 passi innosservata.

Le motivazioni del Tar
Secondo il Tar, nello specifico, «le misure attinenti agli obblighi di versamento della ritenuta non si palesano discriminatorie laddove esse ragionevolmente si applicano solo agli intermediari che intervengono nel pagamento del canone di locazione». Inoltre, nell’ambito del provvedimento che istituisce la cedolare secca, «appare prevalente l’interesse pubblico» rispetto ai meri interessi privati coinvolti.

AirBnb ricorre al Consiglio di Stato?
Immediata la risposta di AirBnb che ora minaccia di fare ricorso al Consiglio di Stato. Secondo quando riferisce la stessa società, pur non concedendo la sospensiva del provvedimento delle Entrate, il Tar avrebbe riconosciuto «l’esistenza di aspetti meritevoli di ampia riflessione in sede di merito. La materia oggetto del ricorso è molto complessa, non solo per la normativa applicabile ma anche per la comprensione e definizione del mercato di riferimento, aspetto fondamentale per l’accertamento dei profili di discriminazione. Quelli degli intermediari e delle piattaforme sono due mercati ben distinti: dopo la decisione di abbandonare pagamenti tracciabili, digitali e trasparenti da parte di altre piattaforme siamo gli unici soggetti online colpiti dalla norma».

Ben 250 milioni di euro di tasse
In Italia l’imponibile del 120mila host di AirBnb dovrebbe aggirarsi attorno al miliardo di euro, secondo i property manager, le società che gestiscono professionalmente le case date per locazioni brevi. Se il portale americano facesse da sostituto di imposta come prevede la nuova legge dovrebbe versare circa 250 milioni di euro in tasse.