25 aprile 2024
Aggiornato 06:00
turismo

Tassa AirBnB, dopo il flop dell'estate arriva la scadenza 'vera': il 16 ottobre si paga

Dopo il trambusto di quest’estate che ha visto il ministero dell’Economia andare in vacanza a casse vuote, per i furbetti di AirBnb non c’è più scampo: la tassa va pagata e va pagata entro il 16 ottobre

Tassa AirBnB, dopo il flop dell'estate arriva la scadenza 'vera': il 16 orrobre si paga
Tassa AirBnB, dopo il flop dell'estate arriva la scadenza 'vera': il 16 orrobre si paga Foto: Shutterstock

ROMA - Avrebbe dovuto essere versata entro lo scorso 16 luglio, poi prorogato al 16 agosto, la tanto discussa tassa Airbnb, la cedolare secca del 21% sui canoni riscossi e versati per gli affitti brevi inferiori ai 30 giorni. Ora, dopo il trambusto di quest’estate che ha visto il ministero dell’Economia andare in vacanza a casse vuote, per i furbetti di AirBnb non c’è più scampo: la tassa va pagata e va pagata entro il 16 ottobre.

Dal 16 ottobre si paga la tassa AirBnB
Il Fisco, questa volta, parla chiaro: la cedolare relativa ai pernottamenti effettuati a partire dal 12 settembre andrà pagata entro il 16 ottobre. Per chi non adempierà all’obbligo, scatteranno le sanzioni. Niente multe, invece, per le scadenze precedenti a causa di «un provvedimento emesso troppo velocemente», confusionario, e che ha causato non pochi dubbi tra le parti chiamate in causa. La stessa società AirBnb si era detta impossibilitata ad adeguarsi alla «manovrina», soprattutto alla luce del fatto che il Fisco non aveva fornito le indicazioni necessarie in tempo utile.

Lo Statuto del contribuente
Appellandosi a tali giustificazioni i contribuenti hanno fatto quindi ricorso allo Statuto del contribuente (legge 212/2000), che all'articolo 3, comma 2 obbliga le amministrazioni a concedere 60 giorni di tempo agli operatori per adeguarsi alle tecnicalità previste dalle norme. Questo significa che, in quanto la legge che ha introdotto la ritenuta AirBnb è stata emanata il 12 luglio, gli agenti potranno iniziare a trattenere il 21% sui corrispettivi incassati a partire dal 12 settembre.

Cosa dice l’Agenzia delle Entrate
Per non cadere più in fallo, nella nuova circolare, l’Agenzia delle Entrate chiarisce, inoltre, alcuni punti controversi della tassa AirBnB. La tassa si applica a tutti i contratti di locazione di durata inferiore ai 30 giorni e per i quali non scatta l’obbligo di registrazione in cui intervenga l’operato di un intermediario. Questi deve trattenere un importo pari al 21% del canone convenuto tra le parti e versarlo entro il giorno 16 del mese successivo all’inizio della locazione. Al proprietario della casa è lasciata la facoltà di applicare la cedolare secca ed esaurire così i suoi obblighi con il Fisco (l’aliquota della cedolare è appunto il 21%) oppure può optare per la tassazione ordinaria a Irpef, quasi mai conveniente per la verità, e in quel caso la trattenuta sarà considerato un acconto da conguagliare in sede di dichiarazione dei redditi.

Gli intermediari coinvolti e l’applicazione della ritenuta
Le nuove regole riguardano tutti i soggetti attraverso i quali vengono stipulati contratti di locazione breve, a prescindere dal fatto che siano residenti o abbiano una stabile organizzazione in Italia. Non rilevano né la forma giuridica del soggetto che intermedia (forma individuale o associata) né la modalità con cui l’attività è svolta (che può riferirsi ai contratti di locazione stipulati on line e off line). La ritenuta va operata sull’intero importo indicato nel contratto di locazione breve che il conduttore è tenuto a versare al locatore. In ogni caso la materiale disponibilità delle somme impone all’intermediario di effettuare il prelievo del 21% a titolo di ritenuta da versare all’erario. In caso di pagamento tramite assegno bancario intestato al locatore, l’intermediario, non avendo la materiale disponibilità delle risorse finanziarie, non è quindi tenuto a trattenere la ritenuta, anche se l’assegno è consegnato al locatore per il suo tramite.

Cosa farà AirBnb?
Ora toccherà vedere che posizione prenderà AirBnb in tal senso. Il colosso degli affitti brevi si è più volte dichiarato contrario a quanto disposto dalla manovrina, confidando di poter aprire «un confronto serio su accordi caso per caso, nel rispetto delle diversità del mercato e degli operatori, a beneficio di chi ospita, chi viaggia e del settore turistico nel suo complesso. Come operatori del settore, ci battiamo per difendere i nostri associati ed utenti da possibili discriminazioni solo per aver deciso di usare dei siti internet o professionisti per la gestione delle loro case».

Il problema del sostituto d’imposta
In più il problema del sostituto d’imposta. L’inghippo a cui si sta appellando AirBnb, infatti, è il ruolo che gli viene affibbiato dalla legge come ‘sostituto d’imposta’. La nuova misura in vigore dal 1° giugno 2017, prevede infatti la cedolare secca del 21% su tutti gli affitti brevi inferiori ai 30 giorni, sia che i contratti di affitto siano stipulati tra persone fisiche che  attraverso intermediazione immobiliare offline e online, quindi anche i portali Booking o AirBnb. In questo modo la piattaforma degli affitti brevi diventerebbe un sostituto d’imposta. Qui, ovviamente, si apre un altro sipario, poiché il sostituto d’imposta, deve sottostare a dei parametri precisi, ad esempio il pagamento delle tasse sui profitti generati nel Paese. Uno dei motivi che, per AirBnb, rende la norma inapplicabile. E qui si apre un abisso dato che le Big Company come Google hanno sempre sostenuto di non avere una stabile organizzazione in Italia e AirBnb fattura i suoi servizi in Irlanda.