27 agosto 2025
Aggiornato 14:30
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I «loschi affari» di Amazon: la Commissione europea vuole 400 milioni

Amazon e Lussemburgo avrebbero allacciato accordi paragonabili a veri e propri aiuti di Stato: per la Commissione europea Amazon deve 400 milioni

Anche Amazon cade in fallo, la Commissione europea vuole 400 milioni
Anche Amazon cade in fallo, la Commissione europea vuole 400 milioni Foto: ANSA

NEW YORK - Così il più grande rivenditore online al mondo, il gigante che sta mettendo in ginocchio i retailers, cade in fallo per non aver pagato le dovute tasse in Europa. La Commissione europea schiaffeggerà Amazon con un disegno di legge, rimproverando, inoltre, all’Irlanda di non aver incassato la bolla di Apple, per il record ormai obsoleto di 13 miliardi di euro. A pagare la bolletta di Jeff Bezos è, invece, Lussemburgo con cui Amazon dal 2003 ha allacciato un vero accordo fiscale. Per l’UE e la sua indagine non c’è dubbio: l’accordo tra Lussemburgo e Amazon risulta essere a tutti gli effetti un aiuto di Stato, a discapito della concorrenza.

Ben 400 milioni di euro da Amazon
Ecco così che la decisione sul colosso dell’e-commerce si aggiunge a tutto un’elenco ben preciso per il commissario europeo responsabile della concorrenza, Margrethe Vestager, nel suo giro di vite sulle scappatoie fiscali. Sono in gioco miliardi di euro che le multinazionali hanno sottratto ai paradisi fiscali, fuori dalla portata delle autorità dei paesi in cui fanno la maggior parte delle loro vendite: nel caso di Amazon si tratterebbe di 400 milioni di euro. L’UE, inoltre, dovrebbe essere pronta a dare un’ordine simile anche contro McDonalds, nelle prossime settimane.

Da un’indagine sugli accordi di Stato
Nel caso specifico di Amazon, l’attenzione di Bruxelles fa seguito alla pubblicazione nel 2014, da parte di un gruppo di giornalisti investigativi, di migliaia di pagine tratte da accordi segreti tra la piccola nazione di Lussemburgo e la società. A essere nel mirino della Commissione europea, però, sarebbero una dozzina di società, tra cui Starbucks in Olanda e Fiat sempre in Lussemburgo. In tutti questi casi l’oggetto è il transfer pricing, il meccanismo per cui le aziende registrano gli utili nella giurisdizione col regime fiscale più favorevole, pur fatturando in paesi diversi.

Le altre multinazionali
I funzionari della Commissione per la concorrenza sono in una crociata dal 2013 per scoprire pratiche sleali che danno un vantaggio selettivo ad alcune aziende per attrarre la loro attività e i posti di lavoro. Il loro obiettivo è quello di trovare accordi discutibili tra i migliaia di patti legali che i governi hanno stipulato per le imprese da anni. «Stiamo ancora esaminando una serie di casi individuali, ma anche un certo numero di regimi negli Stati membri - ha dichiarato Koopman, vicedirettore generale dell' Autorità per gli aiuti di Stato, il 26 settembre ad una conferenza tenutasi a Bruxelles -. Questa rimane una priorità molto importante. Mi aspetto un gran numero di casi per il prossimo anno». Starbucks e un’unità di Fiat sono stati i primi nel 2015 a cui la Commissione UE ha ordinato di rimborsare fino a 30 milioni di euro ciascuno, rispettivamente ai Paesi Bassi e Lussemburgo. L’anno successivo, 35 società, tra cui Anheuser-Busch InBev NV, hanno dovuto restituire al Belgio un totale di 700 milioni di euro.

Il caso di Amazon in Italia
La posizione di Amazon è in bilico anche per ciò che attiene allo Stato italiano, avendo in Italia una stabile organizzazione e operando in maniera occulta, generando redditi sui quali poi non avrebbe pagato le tasse. Per il fisco italiano Amazon avrebbe evaso in tutto 130 milioni di euro, per un giro d’affari che tra il 2011 e il 2015 ha superato i 2,5 miliardi di euro. Il gigante di Seattle non avrebbe quindi dichiarato ai fini Ires qualcosa come 85 milioni di euro e non avrebbe versato ritenute per circa 35 milioni.