Brexit, cosa succede con il «no-deal» ai tre milioni di europei in Gran Bretagna
Il governo di Londra ha confermato che «la libertà di movimento così come è in vigore cesserà il 31 ottobre quando il Regno unito lascerà l'unione europea»

LONDRA - La Gran Bretagna sembra ormai in marcia a tappe forzate verso l'uscita dell'Unione Europea senza un accordo il prossimo 31 ottobre, dopo il colpo di mano del premier Boris Johnson che ha chiuso il parlamento per cinque settimane per impedirgli di bloccare la Brexit. Il governo di Londra ha confermato che «la libertà di movimento così come è in vigore cesserà il 31 ottobre quando il Regno unito lascerà l'unione europea». Tuttavia ha sottolineato che i diritti de gli oltre tre milioni di cittadini Ue che già vivono in Uk non verranno toccati in caso di Brexit: tra questi ci sono 700mila italiani, di cui meno la metà sono iscritti regolarmente all'anagrafe ufficiale degli italiani all'estero.
Vari paesi europei si sono mossi per tutelare i diritti dei residenti di nazionalità britannica, rispondendo all'appello Ue di adottare un «approccio generoso» in caso di no-deal. Anche il governo di Londra ha fornito rassicurazioni ai cittadini Ue che vivono in Gran Bretagna, ma i dettagli sono piuttosto confusi e per molti attivisti definiscono la situazione come «inaccettabile».
Johnson ha detto di voler «ribadire inequivocabilmente» le garanzie del governo agli europei in Gb, ma ha sollevato un'ondata di sdegno quando ha subito confermato che non sono previsti interventi legislativi in questo senso.
L'accordo di ritiro concordato tra Londra e Bruxelles e bocciato dal parlamento britannico offriva la tutela dei diritti di residenza e previdenziali e garantiva la libertà di circolazione nel periodo di transizione,. Ma ora l'incertezza regna. Londra ha chiesto che i diritti tutelati dall'accordo vengano salvaguardati comunque, ma Bruxelles ha replicato che non possono essere scorporati dal testo complessivo per ragioni pratiche e che i diritti dei cittadini in caso di no-deal sono nelle mani dei singoli Paesi.
Cosa vuol dire «no deal» per gli oltre tre milioni di cittadini Ue che già vivono in Gran Bretagna.
Vergato durante la premiership di Theresa May, il Policy Paper on Citizens' Rights mira a «rimuovere ogni ambiguità»: i cittadini europei e le loro famiglie sono «benvenuti a restare» e «potranno lavorare, studiare e accedere ai benefit e ai servizi» previsti dalle norme attuali anche in caso di no-deal. Londra continuerà ad applicare il suo programma di «settlement» dei cittadini europei, come previsto dall'accordo bocciato. Ma potrà aderire al programma chi risiede in Gran Bretagna «entro il giorno dell'uscita», che è stato fissato nel 31 ottobre prossimo dopo il secondo rinvio concesso da Bruxelles. Una data comunque precedente al 31 dicembre 2020, indicato nell'accordo bocciato come fine del periodo di transizione.
Anche il termine ultimo per presentare domanda di settled status è stato anticipato di sei mesi: posto che siano residenti il giorno dell'uscita, il cittadini Ue devono fare richiesta di settled status entro la fine del 2020, mentre la domanda per i familiari va presentata entro il 29 marzo 2022. I diritti a una serie di previdenze e servizi resteranno in vigore.
Il coordinatore per la Brexit del Parlamento europeo Guy Verhofstadt e gli attivisti avvertono però che i diritti dei cittadini Ue vengono «annacquati» nel programme del governo per unaa Brexit senza accordo, e chiedono che le disposizioni stabilite nell'accordo di uscita vengano salvaguardate. Il gruppo the3million, che difende i diritti degli europei in Gran Bretagna, afferma che non è chiaro cosa accada alle persone che che lasciano temporaneamente il Regno Unito. Le disposizioni in materia di sicurezza sociale non sono abbastanza ampie, mentre le norme sui ricongiungimenti familiari sono restrittive. Inoltre i cittadini dell'UE sarebbero vulnerabili alla discriminazione dei datori di lavoro e dei proprietari di casa.
Un rapporto della Commissione per i diritti umani del parlamento britannico, pubblicato il 26 marzo, avvertiva che ai cittadini dell'UE che vivevano in Gran Bretagna potrebbe essere negato l'accesso ai benefici previdenziali del Regno Unito dopo la Brexit, come i sussidi sociali e l'accesso alle case popolari. Il Withdrawal Bill, si legge nel rapporto, «eliminerà ogni diritto di libera circolazione Ue delle persone, senza affrontare i diritti di coloro che attualmente beneficiano dei diritti di libera circolazione delle persone ai sensi delle norme Ue o di previdenze sociali». Ciò potrebbe avere un impatto sui cittadini dell'UE nati nel Regno Unito e che hanno lavorato, risieduto nel Regno Unito e pagato le tasse britanniche «per tutta la vita», avverte il rapporto: questi potrebbero trovarsi in una situazione di «precarietà per quanto riguarda il futuro, l'alloggio, la sicurezza sociale e diritti di proprietà».
Cosa accadrà ai cittadini Ue che arrivano nel Regno Unito dopo la Brexit no-deal.
Il governo di Theresa May lo scorso gennaio aveva annunciato che avrebbe posto fine alla libera circolazione appena possibile e a dicembre 2018 aveva preannunciato un sistema di immigrazione sulla base delle competenze. I cittadini dell'area economica europea, svizzeri compresi, e i loro familiari, avrebbero potuto entrare in Uk per studiare o lavorare come ora, durante il periodo di transizione. Ma chi avesse voluto fermarsi per più di tre mesi avrebbe dovuto chiedere il permesso di restare, che se concesso sarebbe stato valido per tre anni. E chi avesse voluto restare oltre avrebbe dovuto fare domanda sulla base del nuovo sistema di immigrazione in vigore dal 2021.
Nel suo primo discorso al parlamento da premier a fine luglio Boris Johnson ha detto che «il nostro sistema di immigrazione va cambiato» e ha promesso un nuovo sistema «stile australiano a punti». Ad agosto, a seguito delle indiscrezioni secondo cui la ministra degli Interni Priti Patel vuole interrompere la libera circolazione immediatamente il 31 ottobre, il governo ha precisato che sono in preparazione modifiche al precedente piano dell'esecutivo.
I viaggi d'affari e per turismo.
Il Regno Unito e l'Unione Europea hanno concordato che i rispettivi cittadini potranno viaggiare senza visti per affari e turismo. Le attività lavorative permesse sono partecipazione a riunione, interviste di lavoro e firme di accordi. Le visite sono limitate a 90 giorni, due volte l'anno.
Perdita di controllo
Al netto delle buone intenzioni, una Brexit no-deal implica che i diritti dei cittadini di entrambi non sarebbero più protetti a livello europeo, ma sarebbero in mano ai singoli Paesi. Sia l'UE che il governo del Regno Unito riconoscono la loro perdita di influenza. «I cittadini dell'UE residenti nel Regno Unito non sarebbero più protetti dalle norme dell'Ue sulla libera circolazione» ha sottolineato la Commissione europea. «Il Regno Unito non può agire unilateralmente per proteggere i diritti dei cittadini britannici nell'Ue» ha chiarito il governo britannico.
Piuttosto, in particolare su questioni come l'assistenza sanitaria, la sicurezza sociale e le pensioni, si levano voci che chiedono accordi reciproci, ma i dettagli mancano.
Nel pieno dell'impasse sulla Brexit, la questione dei diritti dei cittadini è stata in qualche modo eclissata mentre il dibattito pubblico si concentra sulle conseguenze economiche di un sempre più certo «no deal».
La prolungata incertezza lascia senza risposta molte domande degli europei che vivono nel Regno Unito e dei britannici nel continente, aggravando le preoccupazioni di molti per i loro diritti e status giuridico dopo il referendum britannico del 2016. Con o senza un accordo, le persone che si spostano tra l'UE e il Regno Unito in futuro probabilmente troveranno norme molto più restrittive di quanto non siano ora.
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