26 aprile 2024
Aggiornato 05:00
Ha vinto il candidato dei verdi, per un soffio

Austria, se la vittoria di Van der Bellen scompiglia le carte di questa insostenibile Europa

Le elezioni austriache sono storiche per l'Europa, e lo specchio della nuova realtà politica con cui i partiti tradizionali dovranno fare i conti. Possibilmente, senza allarmismi retorici e arrogante sufficienza

VIENNA - E' stato uno spoglio col fiato sospeso, quello che si è tenuto nelle scorse ore in Austria, che questo weekend si è recata alle urne al secondo turno per eleggere il nuovo Presidente. Tra i due candidati, il leader dell'estrema destra alpina Norbert Hofer e il referente dei verdi Alexander Van der Bellen, si è disegnato un vero e proprio testa a testa, con il primo - dato per favorito - che ha chiuso, a tarda serata, al 51,9%. Alla fine, però, i circa 800.000 voti postali, con un vero e proprio colpo di scena, hanno assegnato la vittoria al verde Van der Bellen. Che pure ha prevalso sul candidato di destra letteralmente di misura: meno di un punto percentuale lo ha incoronato. Ma non è solo una questione di numeri, e nemmeno di chi dei due abbia alla fine prevalso: queste elezioni rimarranno storiche per l'Austria e per l'Europa intera. 

Congiuntura economica storica
Intanto, la congiuntura storica è senza precedenti. Come ricorda il quotidiano austriaco Die Press, sullo sfondo del voto si è stagliata la crisi migratoria, con le 90.000 richieste d'asilo presentate nel Paese lo scorso anno. Una crisi che ha letteralmente terrorizzato il piccolo Paese alpino, e che il candidato di destra Hofer ha saputo opportunamente cavalcare. A rendere storiche queste elezioni, anche il fatto che, per la prima volta in Europa, abbia letteralmente sfiorato la vittoria un candidato di estrema destra. Che, peraltro, si è scontrato con un altro candidato che non appartiene all’establishment centrista moderata, che sia di destra o di sinistra, ma alla colorata coalizione che sostiene i verdi. E’ insomma la prima volta dalla Seconda Guerra Mondiale che i candidati dei partiti tradizionali sono stati immediatamente eliminati, e che la partita si è giocata tra due «outsider».

Paese mai spaccato così al suo interno
Ma questa chiamata alle urne è storica anche per un’altra ragione: il Paese transalpino non è mai stato così spaccato al suo interno:  il nuovo Presidente, insomma, farà davvero fatica a ripristinare l’unità del Paese. Perché è vero che il ruolo del Presidente è più simbolico che altro, ma anche i simboli contano: e in questo caso, anche se il temutissimo candidato di estrema destra è stato battuto in extremis, tutto fa pensare che l’Austria continuerà ad essere - come l'ha definito Die Press - «uno Stato in trincea». In trincea rispetto alla crisi migratoria e, in ultima istanza, nei confronti della «gabbia» europea.

Come cambia l'Europa
Altro aspetto da considerare, il risultato ottenuto dal Partito della Libertà guidato da Hofer. Risultato comunque storico - nonostante la mancata vittoria - per il Paese e per l’Europa intera, che segnala, di fatto, un vero e proprio cambiamento di panorama nel Vecchio Continente: un autentico punto di non ritorno. Non a caso, il Guardian ricorda che, quando 16 anni fa il Partito della Libertà venne incluso nella coalizione di governo, Bruxelles ebbe più che qualcosa da obiettare. Addirittura, l’Ue decise di imporre alcune sanzioni diplomatiche per «isolare» il Paese e rimetterlo «sui binari». Oggi, se Bruxelles dovesse comportarsi così in tutti i Paesi interessati da un’ascesa della destra estrema, dovrebbe sanzionare praticamente tutti i 28 membri. Una fotografia efficace del punto a cui sono giunte le destre in Europa l’ha proposta il New York Times, che ha visualizzato in alcuni grafici la situazione in 20 Paesi europei: Austria, Polonia, Ungheria, Svezia, Grecia, Francia, Germania sono in pole position tra quelli che hanno visto, tra il 2014 e il 2016, una significativa riscossa delle rispettive formazioni di destra.

L'ascesa delle destre
Il Guardian si è anche chiesto come poter «contrastare» tale nuovo fenomeno politico-sociale. L’ostracismo e le sanzioni europee hanno mostrato, nel caso austriaco, la loro inefficacia; le alleanze ad ampio raggio tra conservatori e socialisti non hanno funzionato; non ci sono stati significativi movimenti di piazza di opposizione verso i populisti; le sinistre – neppure quella di Jeremy Corbyn, forse la più ideologicamente «strutturata» a livello europeo – non sono state in grado di proporre un’alternativa. In pratica, nulla sembra in grado di opporre resistenza all’irresistibile ascesa di queste nuove formazioni politiche di protesta. Soprattutto in un clima di malcontento per la crisi migratoria, la crisi economica e le falle che minano il funzionamento dell’Ue.

I due atteggiamenti (controproducenti) dell'establishment
Per il Telegraph, invece, chiedersi come fare per arginare il fenomeno significa porsi la domanda sbagliata e fuori focus. Perché l’ascesa di Hofer in Austria riflette la nuova realtà democratica con cui l’establishment europeo deve imparare a fare i conti. Possibilmente, rifuggendo da due atteggiamenti, ugualmente sbagliati: il primo è il tipico e diffusissimo allarme «Sono tornati i nazisti», inefficace perché troppo facile da smontare. Lo stesso Partito della Libertà austriaco è troppo sveglio per cadere nella trappola delle nostalgie naziste: è un partito certamente nazionalista, certamente nostalgico, demagogico e fortemente divisivo; ma il suo tipo di populismo non può essere definito «nazismo». Il secondo atteggiamento è la noncuranza, o meglio, la sufficienza: i partiti tradizionali osserveranno cioè che, una volta che l’estrema destra dovesse arrivare a ricoprire importanti incarichi istituzionali o addirittura di governo, dovrà scontrarsi con la dura realtà dei compromessi e delle scelte difficili. Sullo stile di Syriza, che alla fine ha perso il suo mordente e si è ridotta a classico partito centrista di governo. Eppure, anche questa posizione potrebbe essere facilmente smontata dagli eventi: perché nel giro di un decennio il consenso intorno a Bruxelles che pareva intoccabile si è miseramente sgretolato. La realtà è impietosa, ma deve essere affrontata: questa Europa non funziona. E soprattutto, l’effetto-Hofer potrebbe letteralmente contagiare il Vecchio Continente.