22 marzo 2023
Aggiornato 08:00
In otto capitoli quel che c'è sa sapere sul conflitto

Siria, una tragedia lunga cinque anni

Oltre 250mila siriani hanno perso le loro vite in quasi cinque anni di conflitto armato, iniziato come una protesta contro il governo prima di diventare una vera a propria guerra civile

DAMASCO - Oltre 250mila siriani hanno perso le loro vite in quasi cinque anni di conflitto armato, iniziato come una protesta contro il governo prima di diventare una vera a propria guerra civile. Altri 11 milioni sono stati costretti a fuggire dalle loro case, a causa dei combattimenti tra le forze del presidente Bashar al-Assad e i ribelli e contro i jihadisti dello Stato islamico. Ecco in otto brevi capitoli, riassunti dalla Bbc, i punti chiave della tragedia siriana, dopo l'accordo di stanotte tra le grandi potenze a Monaco che sancisce un cessate il fuoco immediato per la consegna urgente di aiuti umanitari.

La rivolta si fa violenta
Le proteste per la democrazia scoppiano a marzo 2011 nella città meridionale di Deraa dopo l'arresto e la tortura di un gruppo di adolescenti che avevano scritto slogan rivoluzionari sui muri di una scuola. Le forze di sicurezza aprono il fuoco su i dimostranti, uccidendone vari, e la protesta cresce. I disordini segnano la nascita di un movimento nazionale che chiede le dimissioni di Assad. L'uso della forza dal parte del governo per reprimere il consenso non fa che rafforzare la protesta. A luglio 2011 in centinaia di migliaia scendono in piazza in tutto il Paese. L'opposizione prende le armi, prima per autodifesa, quindi comincia ad espellere le forze di sicurezza dalle sue aree.

La guerra civile
La violenza cresce e inizia la guerra civile: si formano brigate ribelli che combattono l'esercito per il controllo di città, paesi e campagne. I combattimenti nel 2012 raggiungono la capitale Damasco e la seconda città del Paese, Aleppo. L'Onu a giugno 2013 annuncia che la guerra ha ucciso 90mila persone. Ad agosto 2015 saranno 250mila, secondo gli attivisti e le Nazioni unite. Il conflitto ora è più di una lotta tra gli oppositori e i sostenitori di Assad e assume toni settari, schierando la maggioranza sunnita dei siriani contro gli sciiti alawiti di Assad e attirando potenze regionali e globali. L'ascesa dei jihadisti dello Stato islamico è un fenomeno nuovo. 

I crimini di guerra
Una Commissione d'inchiesta dell'Onu evidenzia che tutte le parti in lotta hanno commesso crimini di guerra, assassinii, torture, stupri e sparizioni forzate. Le sofferenze dei civili, ad esempio bloccando con assedi l'accesso ad acqua, cibo, e servizi sanitari, vengono utilizzate come metodo di guerra. Il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha chiesto a tutti di fermare l'uso indiscriminato delle armi in aree popolate, ma i civili continuano a morire a migliaia. Molti vengono uccisi dai barili esplosivi lanciati dagli aerei di Assad su riunioni di ribelli, attacchi che per l'Onu possono costituire massacri. L'Onu accusa lo Stato islamico di alimentare una campagna di terrore. Infligge pene durissime a chi trasgredisce le sue leggi, con centinaia di amputazioni ed esecuzioni pubbliche. I suoi combattenti uccidono in massa in combattenti rivali, governativi e ribelli, decapitano gli ostaggi, tra cui molti occidentali.

Le armi chimiche
Centinaia di persone vengono uccise nell'agosto 2013 da razzi pieni di sarin, un gas nervino, lanciati su un sobborgo di Damasco. Le potenze occidentali accusano il regime, che replica incolpando i ribelli. Di fronte al rischio di un intervento militare americano, Assad acconsente alla rimozione e alla distruzione completa dell'arsenale chimico siriano. L'operazione viene completata l'anno successivo, ma l'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche continua a documentare l'uso di agenti tossici nel conflitto. Gli inquirenti rilevano che il cloro viene 'sistematicamente e ripetutamente' usato in attacchi contro i ribelli tra aprile e luglio 2014. Anche l'Isis viene accusato di usare armi chimiche, come l'iprite. Il gas urticante viene usato in un attacco sulla cittadina di Marea nell'agosto 2015 e uccide un neonato.

La crisi umanitaria
Più di 4,5 milioni di persone sono fuggiti dalla Siria dall'inizio del conflitto, in gran parte donne e bambini. I vicini Libano, Turchia e Giordania hanno dovuto accogliere un esodo senza precedenti nella storia recente. Il 10% circa dei siriani i fuga ha cercato asilo in Europa, alimentando le divisioni tra i Paesi Ue su come condividere l'onere della loro accoglienza. Altri 6,5 milioni sono profughi interni, solo nel 2015 1,2 milioni sono stati costretti a lasciare le loro case. L'Onu chiede 3,2 miliardi di dollari quest'anno per aiutare 13,5 milioni di persone, tra cui sei milioni di bambini, che avranno bisogno di aiuti in Siria. Il 70% della popolazione non ha accesso adeguato ad acqua potabile, una persona su tre non può soddisfare necessità alimentari primarie, più di due milioni di bambini non vanno a scuola e quattro persone su cinque vivono in povertà. Le parti in guerra hanno aggravato le situazione negando alle ong l'accesso ai civili. Fino a 4,5 milioni di persone in Siria vivono in aree difficilmente accessibili, 400mila in 15 località sotto assedio, dove non possono usufruire di aiuti salvavita. 

I ribelli e l'ascesa dei jihadisti
La ribellione armata è cambiata molto dall'inizio del conflitto. I ribelli secolari moderati hanno ceduto il campo a islamisti e jihadisti, che usano tattiche brutali. Lo Stato islamico ha approfittato del caos per prendere il controllo di vaste aree di Iraq e Siria, dove a giugno 2014 ha proclamato la creazione del 'califfato'. I suoi molti militanti stranieri sono impegnati in una 'guerra nella guerra' in Siria, dove combattono sia i rivali jihadisti del fronte al-Nusra, vicino ad al-Qaida, sia le forze governative e le milizie curde. A settembre 2014, una coalizione a guida Usa ha cominciato i raid aerei sulla Siria con l'obiettivo di 'colpire e distruggere l'Isis', ma evitando attacchi che potrebbero favorire le forze di Assad. Un anno dopo la Russia inizia la sua campagna aerea, ma gli attivisti l'accusano di aver preso di mira i ribelli sostenuti dagli occidentali e di aver ucciso civili. Anche in campo politico i ribelli sono profondamente divisi e lottano per la supremazia. L'alleanza più nota è la Coalizione nazionale delle forze rivoluzionarie e di opposizione in Siria, sostenuta dall'Occidente e dagli Stati del Golfo, ma sul terreno conta poco o nulla e il suo primato è respinto dagli altri oppositori.

Gli sforzi di pace
Nessuna delle parti in guerra è abbastanza forte per vincere sul campo e da tempo la comunità internazionale ha concluso che solo una soluzione politica può fermare il conflitto. Il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha chiesto l'attuazione dell'accordo di Ginevra del 2012, che prevede una governo di transizione con pieni poteri 'formato sulla base di un reciproco consenso'. I colloqui di Ginevra II, a inizio 2014, sono falliti dopo soli due round e l'allora inviato dell'Onu Lakhdar Brahimi ha accusato Damasco di non voler accettare le richieste dei ribelli. Il suo successore, Staffan de Mistura, ha lavorato su una serie di cessate il fuoco locali: non ci è riuscito per Aleppo, ma a dicembre 2015 l'assedio di al-Wair, sobborgo di Homs, è finito dopo tre anni. Intanto la guerra all'Isis ha dato nuovo slancio allo sforzo diplomatico. Usa e Russia hanno guidato l'iniziativa per portare al tavolo comune governo e opposizioni a Ginevra a gennaio, per discutere una road map per la pace approvata dal consiglio di sicurezza, che comprende un cessate il fuoco e una transizione che si chiuderebbe con nuove elezioni.

La guerra per procura
Era cominciata come una rivolta della primavera araba contro un leader autoritario ed è diventata una brutale 'proxy war' che vede contrapposte le potenze regionali e mondiali. Iran e Russia sostengono il governo alawita di Assad e hanno accresciuto gradualmente il loro sostegno. Teheran spende miliardi di dollari l'anno per aiutare Assad, fornendo consiglieri militari e armi, ma anche linee di credito e petrolio. La campagna aerea russa intanto punta sugli oppositori del presidente. Il governo siriano gode anche dell'appoggio del movimento sciita libanese di Hezbollah, i cui combattenti sono sul campo dal 2013. L'opposizione, dominata dai sunniti, intanto ha ottenuto il supporto di vari Paesi, Turchia, Arabia Saudita, Qatar e Giordania, ma anche Usa e Paesi europei. I suoi appelli per ottenere artiglieria antiaerea sono finiti inascoltati, nel timore che le armi possano finire in mano ai jihadisti. Il programma Usa di addestramento di cinquemila ribelli per combattere l'Isis sul campo è naufragato miseramente.

(Con fonte Askanews)