19 aprile 2024
Aggiornato 02:00
Dopo l'attentato di Istanbul

Ecco perché l'Isis ha attaccato il «nemico-amico» Erdogan

L'attentato di ieri a Istanbul ha caratteri molto diversi rispetto ai precedenti attacchi dell'Isis in Turchia. Perché questa volta, l'obiettivo non sono i curdi, ma Erdogan stesso. Ecco cosa sta accadendo tra il «sultano» e il Califfo, e perché

ISTANBUL - E' stato uno dei protagonisti dell'anno appena trascorso, e l'attentato di ieri nella piazza di Sultanhamet, il cuore turistico di Istanbul, ne è una triste e drammatica dimostrazione. Ora, il mondo attende con il fiato sospeso la reazione di Tayyp Recep Erdogan, «sultano» la cui ambiguità e imprevidibilità costituiscono una minaccia costante all'ordine democratico turco, che sempre più tende a ripercuotersi verso l'esterno. Del resto, con la sua controversa posizione di «amichevole nemico» dello Stato islamico e di «acerrimo nemico» dei curdi, Erdogan pare da tempo aver esposto il suo Paese a un caos pericoloso, che ha già lasciato cicatrici profonde: quelle dei morti degli scorsi attentati a Diyarbakır, Suruç ed Ankara. Ma questa volta, la dinamica fa pensare a qualcosa di diverso. 

Cosa è cambiato questa volta
Perché i precedenti attentati si sono rivelati degli attacchi dello Stato islamico contro i curdi, e quindi un tentativo dei jihadisti di colpire sul suolo turco i propri principali nemici in Siria. In quelle occasioni, addirittura, si sono sventolate ipotesi non troppo peregrine di connivenza dei servizi dello stesso Erdogan, interessato a seminare caos e tensione nel periodo precedente le elezioni del primo novembre, oltre che a infliggere un duro colpo alle aspirazioni curde. L'attacco di Sultanhamet, invece, sembra seguire una logica diversa, e se anche non è stato ancora rivendicato, è sempre più probabile intravvedere la firma dello Stato islamico. Come ben illustra Daniele Santoro su Limes, infatti, è evidente che l'obiettivo non siano stati i curdi: questa volta, il mirino era centrato proprio su Erdogan. Non è infatti un caso che i jihadisti abbiano colpito una località turistica, proprio come, mesi fa, avevano fatto assaltando il Museo del Bardo e la spiaggia di Souisse in Tunisia, ma anche l'Hotel Radisson di Bamako in Mali o, pochi giorni fa, il resort egiziano sul Mar Rosso. E se l'Isis riuscisse a far passare il messaggio che Istanbul, capitale economica, culturale e turistica della Turchia, è sotto attacco, le conseguenze per il Paese e per lo stesso Erdogan sarebbero devastanti.

La scelta di Erdogan (e dell'Europa)
Così, la reazione del «sultano» a questo attacco sarà pregna di conseguenze. La sua posizione è certamente difficile, visti gli illustri avversari iraniani e russi che si ritrova alle calcagna sul fronte siriano. Mosca, poi, è particolarmente attenta alle sue mosse, dopo l'abbattimento del jet russo di qualche settimana fa e le continue tensioni con Ankara. Ora, il presidente turco potrebbe giocarsi la carta dell'attentato per riavvicinarsi con l'Occidente, che ben conosce la sua controversa «relazione» con l'Isis, peraltro ampiamente documentata dalla Russia. Ma soprattutto, questo attentato dimostra concretamente come Erdogan abbia davvero esagerato a giocare con il fuoco. La sua doppia faccia, infatti, potrebbe aver indispettito addirittura il Califfo: di qui, il sanguinario avvertimento di ieri. Così, il «sultano» è oggi con le spalle al muro: ora deve scegliere definitivamente con chi stare, e, soprattutto, deve decidere se schierarsi contro l'Isis (anche a costo di una retrocessione sul fronte curdo), o esplicitamente a suo favore (rischiando, questa volta, l'ira di alleati e nemici). Ma non è solo il sultano a dover scoprire le carte: a questo punto, dopo l'ennesima prova di quanto possa essere pericoloso il caos che imperversa nel grande Paese mediorientale, l'Europa è chiamata con sempre maggiore urgenza a decidere se sia praticabile e sensato ammettere questa Turchia entro i suoi confini.