20 aprile 2024
Aggiornato 03:30
Una legge tedesca contro la sorveglianza della BCE?

Se la vigilanza bancaria UE fa tremare le gambe alla Merkel

Se giovedì passerà al Bundenstag, un emendamento sottrarrà le banche tedesche al sistema di sorveglianza della Bce introdotto lo scorso novembre. Cos'ha da nascondere Berlino?

BERLINO – L’esegesi tedesca della crisi greca è oramai nota a tutti. L’egemone Berlino è solita dividere l’Europa in due, i «virtuosi» (di cui si è eletta a capofila) e i «corrotti», o, per riprendere una parabola sempre efficace, le «formiche» del Nord e le «cicale» del Sud. Ma ora, dopo lo scandalo Volkswagen, un’altra notizia potrebbe concorrere a sconfessare il mito: la Germania starebbe infatti cercando di sottrarre le proprie banche al controllo di Bruxelles, dopo aver peraltro spinto per la messa in sicurezza degli istituti degli altri Paesi. La notizia, riportata da Bloomberg, riguarda in particolare un emendamento che il Bundenstag, la camera bassa del Parlamento, voterà giovedì, e che, se approvato, permetterebbe al Ministero delle finanze di emettere leggi riguardanti i piani di risanamento delle banche, la gestione del rischio e le decisioni interne.

Banche tedesche, quanti buchi
Un provvedimento che appare largamente stonato da parte di una Germania che ha sempre dettato l’agenda economica dei suoi colleghi europei con la fermezza che ben conosciamo. Stonato soprattutto perché, a novembre, la Bce ha assunto i poteri di vigilanza delle banche europee, con l’obiettivo di scongiurare nuove crisi sistemiche. Tra i sorvegliati speciali, fin da subito spiccava il nostro Paese, il cui curriculum in materia di disastri bancari è di tutto rispetto. Ma anche quello tedesco pare degno di nota, considerando che tra derivati, investimenti verso titoli Junk, prestiti non rimborsati e fondi sottratti, il settore bancario teutonico avrebbe un buco di almeno 8 miliardi di euro. Tra i «disastri» finanziari in salsa tedesca si possono ricordare il caso Commerzbank, saturo di debiti, con 2,5 miliardi usati per sanare contenziosi legati alle manomissioni dell'indice Libor che regola gli interessi sui prestiti; la Deutsche Bank, ricapitalizzata dalla Merkel con 2 miliardi; ma anche  la Sparkasse e la Landesbanken, piene di debiti fino al collo.

I due pesi e le due misure della Germania
«Ci vorrà molto tempo perché gli stati membri dell’eurozona accettino pienamente che la guida del settore bancario non è più nelle loro mani», ha detto a Bloomberg Nicolas Veron, un membro esperto del think tank Bruegel di Bruxelles. «I regolamenti nazionali, come in questo caso tedesco, sono essenzialmente azioni di retroguardia». Schermaglie che, a onor del vero, non vengono solo dalla Germania: Fabio Panetta, membro italiano del Consiglio di sorveglianza della Bce, ha avvertito che la Banca centrale rischia critiche per le decisioni «arbitrarie» riguardo i maggiori requisiti patrimoniali per i creditori dell’eurozona che potrebbero danneggiare un’economia già fragile. Ma fa particolarmente scalpore il fatto che la Germania, che in altri casi – lo si è visto in quello greco – non ha disdegnato «il pugno di ferro», in questo, che la riguarda personalmente, sembri tanto timorosa da attribuirsi poteri che, di fatto, spetterebbero alla Bce.

Braccio di ferro doloroso
Il braccio di ferro Berlino-Bruxelles – che pure non ha fatto scalpore sui media – è particolarmente doloroso, al punto che la Bce sta considerando di far ricorso alla Commissione Europea. Un punto conteso sono le regole di «intervento preventivo» sancite dalla direttiva dell’Ue sul recupero e la risoluzione delle banche. La legge dà ai supervisori il potere di imporre aumenti di capitale, convocare le assemblee degli azionisti o cacciare i manager in determinati casi. Tuttavia, le soglie di attivazione dell’«intervento preventivo» variano ampiamente nelle leggi nazionali che attuano la direttiva: la normativa tedesca è così restrittiva che è praticamente impossibile utilizzarla, a meno che una banca non sia già sull’orlo del collasso. Ciò ha portato Daniele Nouy, capo del meccanismo unico di vigilanza, ad esprimere pubblicamente la sua frustrazione: «In certi casi non vedo proprio come possiamo attuare queste misure prima che la banca sia quasi scomparsa, date le severe restrizioni. Questo ci impedisce di fare questi ulteriori passi».

Sovranità e chimere
Se l’emendamento verrà approvato, Berlino serrerà del tutto i cancelli alla vigilanza Ue. La Banca di Francoforte non è stata per nulla timida nei confronti della posizione tedesca. «Tale provvedimento cementerebbe la ‘vigilanza frammentata’ che ha contribuito significativamente all’emersione della crisi finanziaria. Contraddirebbe lo spirito dell’Unione bancaria», ha scritto Lautenschlaeger Sabine, la vice tedesca di Nouy, ai parlamentari. Comunque vada la vicenda, una cosa rimane certa: Berlino non rinuncia a puntare i piedi, pur di difendere i propri interessi nell’eurozona. Così, quell’intransigenza usata contro Atene nei mesi passati diventa oggi assoluta determinazione a «salvare» la propria sovranità bancaria. Alla faccia di chi esorta al «più Europa», è sempre più chiaro che l’Unione europea sia destinata a rimanere una chimera.