31 luglio 2025
Aggiornato 03:00
Una provocazione, ma neanche troppo

Altro che Grecia, è la Germania che dovrebbe uscire dall’euro

Siamo abituati a pensare all'Europa come divisa in due: i «virtuosi» e gli «spendaccioni». In realtà, più che la Grecia, a violare le regole del «condominio europeo» è la Germania, il cui surplus commerciale è da anni ben oltre il limite sancito dai regolamenti. Altro che locomotiva d'Europa: Berlino è il peso che la fa affondare

BRUXELLES – Ci hanno abituati a pensare all’Europa come divisa tra «formiche» e «cicale». Secondo tale vulgata (di matrice teutonica), la crisi greca dimostra cosa può accadere ai Paesi spendaccioni, quelli che, non essendo in grado di rispettare le regole del condominio europeo, incappano nella crisi e nella «punizione» dei piani alti. Tuttavia, se pure ammettessimo che la Grecia qualche responsabilità del disastro che sta vivendo ce l’ha, ci sfuggirebbe un passaggio. Perché a violare le regole del condominio europeo, da tanti anni a questa parte, ci si è messa anche la Germania.

Berlino al di sopra delle regole
Da quasi un decennio, Berlino sta palesemente ignorando le regole europee che prevedono che non si possa generare un saldo positivo tra export e import superiore al 6% del Pil nella media di tre anni. Nel 2014, la bilancia commerciale tedesca ha toccato un record di surplus da 217 miliardi di euro, secondo solo alla Cina. La Germania tende a difendersi sostenendo che essere più «competitivi» degli altri non può essere ritenuta una colpa: in un’Europa a doppia velocità, dunque, da biasimare sarebbe piuttosto il gruppo che corre più lentamente. Eppure, in questo ragionamento si annida qualche rilevante fallacia.

La scusa della competitività
Innanzitutto, essere «più competitivi» non significa necessariamente mantenere un alto surplus nella bilancia commerciale. Già nel lontano 1817, l’economista David Ricardo spiegava che il commercio di un Paese dovrebbe basarsi su un vantaggio relativo, non assoluto. In altre parole, anche se un Paese fosse il migliore in tutto, dovrebbe esportare i prodotti in cui non ha rivali e importare quelli in cui, invece, li ha. Non c’è ragione per cui guadagnare di più non possa voler dire anche spendere di più. Perché una bilancia commerciale non equilibrata non deriva tanto dalla naturale «competitività» di un Paese, quanto dalla deliberata scelta di risparmiare tanto e spendere poco. Una scelta che, nel caso della Germania, ha bene in mente il proprio tornaconto e molto meno quello degli altri «parenti» europei.

Egoismo teutonico
Il cuore del problema sta proprio qui: quello che giova a uno Stato può danneggiare gli altri. Siamo abituati a definire la Germania la «locomotiva d’Europa», ma tale metafora è del tutto inappropriata. Perché Berlino non traina il resto del Continente; semmai, gli sottrae ricchezza, aumentando gli squilibri. E tali squilibri sono uno dei principali motivi per cui alcune economie ancora non sono riuscite a reagire alla crisi del 2008. Il problema dell’Europa è spesso riassunto come un «problema di debito». In realtà, la questione è molto più complessa, e riguarda il surplus tedesco unito agli alti debiti delle periferie: due facce della stessa medaglia. La moneta unica complica le cose: di norma, ogni Paese gestisce la propria politica monetaria e commerciale in base ai propri interessi nazionali. Con l’euro, ciò non è possibile.

Chi è che deve uscire dall’euro?
Qual è, dunque, la soluzione? Si potrebbe dire che Berlino debba convertire la sua economia dall’export ai consumi e agli investimenti. Ma Patrick Chovanec, esperta firma di Foreign Policy, propone una soluzione ben più estrema: la Germania dovrebbe uscire dall’euro, reintroducendo un apprezzamento del marco tedesco. In questo modo, l’Europa non sarebbe più costretta a muoversi in una sola direzione (quella più conveniente a Berlino), ma potrebbe differenziare le proprie politiche, appianando gli squilibri. Altro che Grexit, insomma: non ci abbiamo mai pensato, ma forse, a uscire dall’euro, sarebbe bene fosse la Germania.